L'indagine potrebbe significare due cose. La prima: che se pure il governo Monti non porta a casa dei risultati a quel punto è difficile immaginare una via di uscita. La seconda: che l'entusiasmo a priori di cui gode il nuovo esecutivo (non possiamo ancora giudicarlo alla prova dei fatti) è inversamente proporzionale alla scarsa fiducia che ha invece caratterizzato le ultime settimane di permanenza a Palazzo Chigi di Berlusconi.
Sulle pagine di Repubblica, Nadia Urbinati ha sostenuto una tesi in fondo non così bislacca:questo governo tecnico è in verità un governo politico.
Politico nel senso più pregnante del termine perché ha riportato le questioni che interessano il nostro destino – nostro come società e come Paese – al primo posto, come dovrebbe essere (ed è sperabile che ciò restituisca all'Italia una forza di negoziazione con i partner europei che aveva perso e di cui ha bisogno).
Niente più bunga bunga, niente più apparizioni in video per giustificare questo o quello scandalo, niente più processi (ci auguriamo). Sta tutto qui, per ora, l'entusiasmo della gente di cui dicevo. E poiché la politica è anche immagine e comunicazione, non è poco. Poi, certo, ad ogni gaffe o iniziativa c'è chi adesso è dedito al gioco delle figurine. “Se al posto di Monti fosse stato Berlusconi a dire a fondo...”, “se al posto di Monti fosse stato Berlusconi, in un giorno in cui la Borsa perdeva il cinque per cento e lo spread toccava i 490 punti, a convocare un Cdm per varare il decreto Roma Capitale, lo avrebbero linciato...” (copyright Alessandro Sallusti sul Giornale). Ma questo, appunto, è il gioco delle parti di cui faremmo volentieri a meno, almeno per una volta. Anche perché non fa onore a nessuno (come non lo faceva prima), a ben vedere.