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La fiera del dubbio

Da Lanterna
In periodo natalizio, fioriscono i consigli per gli acquisti di regali, soprattutto ai bambini. Leggo ovunque buoni propositi sia in senso quantitativo (basta con quest'orgia consumistica che ci riempie le case di giochi) sia in senso qualitativo (no plastica sì legno, no marche sì qualità, no maschi/femmine, sì unisex).
Io faccio outing: quest'anno noi genitori regaliamo la settimana al mare e magari qualche cazzata (tipo un animaletto o dei braccialetti), ai miei e a mia zia ho chiesto espressamente di regalare dei pigiami caldi ed eventualmente qualche cazzata (tanto so che non resistono), i miei suoceri non mi ricordo se li ho indirizzati ma mi fido, gli altri amici/parenti tanto fanno quel diavolo che gli pare sia che mi vada bene (e penso in particolare alla famiglia di Luca e ai miei amici) sia che no (e penso in particolare a certi miei parenti).
In particolare, in questo periodo mi pare andare di gran moda la parola "educativo", come se fosse l'assoluzione da ogni nefandezza ("Ah, e mi regali una cucina da ristorante rosa di Hello Kitty scala 1:1?" "Eh, ma è educativa!").
A parte che devo ancora capire che cosa sia educativo e che cosa no (secondo me, anche pestare una merda di cane per la strada è educativo: ti educa a stare più attento a dove metti i piedi). A parte che Marguerite Yourcenar diceva "Qualsiasi cosa succeda, io imparo". A parte che il concetto di educazione è strettamente legato all'epoca in cui si vive: all'epoca di mio nonno la verga era educativa.
A parte tutte queste considerazioni, dicevo, io mi metto nei panni dei bambini. Mi sono incazzata come una iena quando una persona che si ritiene un grande intellettuale mi ha regalato il saggio Xxx "perché sai, ho saputo che ti sei messa a leggere Harry Potter". Ma come ti permetti? Non solo e non tanto perché dell'argomento in questione ne so e non lo vado a sbandierare come te. Non solo e non tanto perché il fatto che io non mi interessi ogni giorno ai teatrini di politica interna e cronaca nera che chiamiamo TG non significa che io viva fuori dal mondo. Più di tutto, perché il fatto che qualcuno pensi di potermi "educare" secondo i suoi gusti mi fa infuriare: non sono un animale da circo (e, anche se lo fossi, meriterei di fare ciò che è nella mia natura di animale e non di esibirmi in un circo).
Mi si dirà: ma è tuo dovere educare i tuoi figli. Appunto, mio dovere, non di un gioco.
Per carità, mi fa piacere che, grazie a un certo gioco, i miei figli acquisiscano certe abilità. Ma quello che non tollero è la presunzione che sta dietro l'etichetta di "educativo". Che suona un po' come "se tuo figlio non gioca con questo giocattolo, non imparerà mai a ... (e metteteci il verbo che vi pare: lavarsi i denti, andare in bicicletta, fare le "i" col puntino sopra...)".
Questa presunzione fa un po' il paio con la convenzione che vuole le armi giocattolo vietate in quanto diseducative a tutte le età e in tutte le loro forme, soprattutto le armi da fuoco. Secondo una mia illustre insegnante del master, noi occidentali post '68 abbiamo il tabù assoluto della violenza associata all'infanzia: i bambini non devono praticare né conoscere la violenza, nessun prodotto narrativo per bambini deve contenere nemmeno un minimo di violenza. Col risultato che la violenza non è certo scomparsa dalla nostra società, ma i bambini che vivono in certi ambienti crescono senza riuscire a gestirla (né la propria, che è inutile negare, né quella altrui), nemmeno quando si tratta di uno scontro verbale un po' più acceso e assolutamente legittimo. Ma non voglio fare una filippica sulla violenza nella società, perché le armi giocattolo non sono violenza, secondo me.
Ovvio che a noi adulti un bambino con in mano un fucile evoca immagini bruttissime: ho un amico scappato dall'Uganda, quindi sapete che so.
Ma per il bambino l'arma giocattolo è tutt'altro: è il veicolo simbolico attraverso cui può accedere a certe storie di genere, esserne protagonista. È la spada di San Michele che trafigge il Maligno, il martello di Thor che scaccia mostri e demoni, il bastone di Gandalf che ferma il demone di fuoco.
I bambini che negli anni '50 giocavano ai cowboy non è che ce l'avessero davvero con i pellerossa: sognavano di sparare sui pellerossa come simboli del male. Che poi non sia il massimo che un certo popolo diventi il simbolo del male, OK. Ma a questo punto il problema non sta nella pistola, direi.
Quando i miei bambini giocano alle Winx, combattono contro i mostri con palle di fuoco e incantesimi: queste sono le loro armi. Sono più etiche di una pistola o una spada o un bastone? Non mi sembra, anche se una palla di fuoco per finta non fa male come un bastone tirato per sbaglio in testa (ma, se è per questo, allora fa male anche la scopa se la maneggi in modo maldestro mentre la passi per imitare la mamma o il papà).
Io ho avuto le armi giocattolo di mio padre e poco altro. Ma ricordo benissimo che sparavo con le dita, imitando le Charlie's Angels o Magnum P.I. Eppure in casa mia non entrerà mai un'arma vera, e un'arma giocattolo in grado di far male sarà sempre attentamente sotto chiave, se mai capitasse. Però capisco i miei bambini quando usano la pistola sparabolle o una pistola fatta con i lego come arma giocattolo.
Sarà anche che ho negli occhi questa immagine, tratta dal prologo di Hellboy II (che ho rivisto recentemente per un compito del Diegozillalab). Siamo negli anni Cinquanta, è la vigilia di Natale, Hellboy è un bambino di 8 anni con tutti gli annessi e connessi del caso (la passione per i pupazzi animati da ventriloqui in TV, il desiderio di restare alzato per vedere Babbo Natale, la riluttanza a lavarsi i denti prima di andare a dormire). Suo padre (l'umano che l'ha allevato dopo il suo arrivo nel nostro mondo) gli legge una storia per convincerlo ad andare a letto. Alla fine della storia, vediamo HB a letto con tutto ciò che gli è più caro: il pupazzo come quello dello show in TV e una pistola giocattolo, un revolver come quelli dei cowboy (che oltretutto richiama l'enorme pistola che lui stesso userà da grande, nella sua attività di investigatore del paranormale). Ecco, a me questa immagine fa una tenerezza pazzesca, nonostante la presenza di una pistola: è l'immagine di un bambino che vuole sentirsi un paladino del Bene (nonostante la sua immagine sia quella del Male per eccellenza).

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