Segnalazione e nota dell’Avv. Daniela Conte, Presidente dell’Associazione “Zero39 all professional services in one network”
La firma della busta paga a titolo di quietanza da parte della donna delle pulizie non priva quest’ultima del diritto ad ulteriori pretese retributive; la sottoscrizione della busta paga, infatti, non ha valore confessorio. E’ quanto ha stabilito la Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, con la sentenza n. 14411 depositata in data 30.06.2011, con la quale ha rigettato il ricorso del datore di lavoro di Tizia, che lavorava presso quest’ultimo come donna delle pulizie. Il datore di lavoro aveva fatto firmare a Tizia, a titolo di quietanza, le buste paga; quest’ultima, tuttavia, era riuscita a dimostrare a mezzo di prova testimoniale di vantare un credito superiore nei confronti del datore di lavoro. Secondo i Giudici di legittimità, la sottoscrizione delle buste paga ha soltanto valore di attestazione dell’esattezza delle somme conteggiate. In particolare, gli Ermellini hanno precisato che “appare assolutamente corretta la decisione della Corte territoriale di ritenere che la sottoscrizione dei prospetti paga per quietanza non aveva valore confessorio e non poteva impedire alla lavoratrice di azionare le sue pretese retributive, non contenendo la suddetta sottoscrizione alcuna volontà abdicativa all’esercizio dei diritti, come riscontrata, peraltro, dalle dichiarazioni rese dalla ricorrente nel corso dell’interrogatorio formale del primo grado di giudizio”. Si tratta di un nuovo orientamento della Corte di Cassazione, per il quale non risultano precedenti. Roma, 6 luglio 2011 Avv. Daniela Conte RIPRODUZIONE RISERVATA