La 7 con i suoi SpecialeTg, Otto e mezzo e Piazza Pulita, dedica totalmente il palinsesto serale alla notizia del giorno: le dimissioni di Umberto Bossi. Dopo una drammatica giornata l’asse vincente della seconda Repubblica lascia la conduzione della Lega. Dimissioni irrevocabili.
2011 l’anno delle dimissioni di Berlusconi, 2012 quelle dell’asso vincente della seconda Repubblica. In 145 giorni si chiude un’epoca, nonostante la tempra che lo ha sorretto fino a oggi. Dopo 22 anni dalla nascita della Lega, Bossi ha gettato la spugna. Una lunga cavalcata partita nel 1987 con la sua elezione a senatore, poi deputato e poi ancora un male invalidante che non lo ha fatto recedere la natura ribellista, populista e movimentista del capo del carroccio. C’è voluto l’accusa dei finanziamenti pubblici che il partito del senatùr riceve come rimborsi elettorali utilizzati per investimenti “personali” a Cipro e in Tanzania (quasi sei milioni) e le prove contenute nel fascicolo denominato “The Family” per farlo uscire di scena. Parte dei fondi sarebbero serviti a pagare i lavori di ristrutturazione della villa di Gemonio di Umberto Bossi, oltre a soggiorni e cene ai figli di Bossi, agli acquisti di auto di lusso e a finanziare la scuola della moglie, nonché a pagare il diploma del Trota. Solo l’evidenza ha sconfitto l’esponente di punta del Carroccio che aveva indicato i pericoli della corruzione nel suo “Roma ladrona”.
Con le dimissioni, non cade solo Bossi, non solo cadrà la Lega Nord orfana del leader carismatico, ma cade di fatto la cosiddetta “seconda repubblica”. Si chiude l’era di Bossi e nell’uscire di scena per non smentire la sua fama, sentenzia: ”Chi sbaglia paga”. Una fine tristissima. Ma come sopravviverà la base orfana del segretario tanto amato? Per ora la successione sarà affidata al triumvirato composto da Roberto Maroni, Manuela Dal Lago e Roberto Calderoli, che guideranno la Lega fino al prossimo congresso. Contestualmente all’investitura della triade, il consiglio federale ha nominato nuovo tesoriere del partito il deputato Stefano Stefani. “Adesso ci rimettiamo al lavoro, per ricompattare il partito” dichiara a caldo Maroni. Arduo compito lo attende, il partito senza Bossi non sarà mai la Lega e questo Maroni lo sa benissimo. Dovrà rinnovarsi e percorrere un’altra strada e definire un altro scenario.
Lentamente l’Italia procede nell’operazione pulizia e chissà che non tornino i tempi della fiducia nei partiti a servizio della collettività e non viceversa.