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La gravidanza giova alla salute della donna

Creato il 03 novembre 2012 da Uccronline

La gravidanza giova alla salute della donna 

di Valentina Sciubba*
*psicologa e psicoterapeuta

 

Uno studio australiano pubblicato sulla Rivista ”Age and ageing” ha trovato interessanti conferme ad un dato che fa parte della saggezza popolare: le gravidanze giovano alla salute della donna.

Lo studio ha seguito più di 1500 donne e più di 1200 uomini di età uguale o superiore ai 60 anni, per un periodo di 16 anni. In tale periodo il rischio di decesso per le donne con due o più figli è risultato inferiore a quello per le donne senza figli. In particolare per le donne con due figli il rischio di decesso è risultato inferiore del 17%, per quelle con tre del 20%, per quelle con sei o più figli di circa il 40%. Questo studio sembra porsi in linea con altri che evidenziano come un rispetto degli istinti e delle leggi naturali che hanno guidato l’evoluzione sia in generale benefico per la salute. E’ noto ad es. che l’allattamento al seno ha un’azione protettiva nei confronti del tumore alla mammella ed esiste un altro studio che ha trovato come in soggetti con figli i valori della pressione arteriosa (min e max) siano minori rispetto a quelli di non genitori.

Si è parlato di mortalità e di dati attinenti la condizione fisica, ma che dire sullo stato psicologico dei soggetti con figli confrontato a quello dei senza prole?  Vari studi hanno segnalato vari svantaggi per i genitori, comprese una maggiore depressione e insoddisfazione coniugale nelle donne, ma Sonja Lyubomirsky, professoressa di psicologia all’Università della California, Riverside, ritiene che le basi scientifiche di questi risultati siano inconsistenti.

S. Lyubomirsky ha di recente portato avanti tre studi in cui sono stati valutati  in gruppi di genitori e di non genitori i livelli di felicità, di soddisfazione nella vita e di percezione che la vita ha un significato. Nel primo studio il gruppo di genitori preso complessivamente ha fatto riscontrare maggiori livelli di felicità, soddisfazione e “senso nella vita” rispetto ai non genitori. Analizzando poi in base ad altre variabili si è trovato che mentre un maggior senso nella vita è stato dichiarato da tutti i genitori rispetto ai non genitori,  maggiori felicità e soddisfazione sono riferite solo dai padri tra i 26 e i 62 anni,  per le madri non c’è significativa differenza  mentre i giovani fino a 25 anni riferiscono minore felicità rispetto ai coetanei. Ciò rimanda probabilmente a diverse incombenze delle madri e dei padri  nella cura dei figli o, per la fascia di età fino ai 25 anni, a difficoltà economiche o bisogni evolutivi e culturali propri dei giovani. Il secondo studio ha confermato sentimenti di maggior benessere e “senso nella vita” nei genitori di ambo i sessi rispetto ai non genitori, soprattutto nei padri; il terzo studio ha evidenziato come  nei genitori tali sentimenti siano specificamente legati al prendersi cura della prole.

Bonnie Rochman, l’articolista che riferisce di questi studi in Time Health and Family, si domanda quali bisogni psicologici soddisfi un sentimento così forte come quello dei genitori verso i propri figli. Al di là di una soddisfazione istintuale, egli trova che i bambini sono divertenti, fiduciosi e innocenti, non toccati ancora dalle delusioni della vita, non cinici e ci ricordano la nostra stessa fanciullezza. Aggiungerei che i bambini per loro stessa natura hanno bisogno di molte cure, attenzioni, cibo, vestiti ecc.. Sono soggetti che richiedono da parte dei genitori un’enorme quantità di tempo, energie psico-fisiche e denaro per essere bene allevati. “Amor che nulla hai dato al mondo” canta Gianna Nannini proprio per sottolineare la disparità di impegno psico-fisico nel rapporto tra genitori e figli e nel contempo l’amore che li lega.

L’amore tra individui presuppone almeno due persone, quindi una relazione. L’amore è volto al bene, viene percepito come sentimento positivo e che cerca perciò il bene dell’altro, ma anche il proprio. Diversamente avremmo a che fare con sentimenti egoistici o masochistici che non rimandano a un’idea di “bene”. L’amore è probabilmente uno “scambio di beni”, di cose positive non regolato da rigidi e puntuali corrispettivi ma sostenuto appunto dal desiderio di ricerca della migliore condizione (benessere, felicità salute, salvezza ecc.) per sé e per gli altri. Il brano del Vangelo con gli  operai nella vigna (Mt 20,1-16)  ne è probabilmente una metafora.

E’ evidente come nel rapporto genitori-figli, durante tutto il periodo dell’allevamento, questo “scambio”, almeno dal punto di vista materiale, sia molto squilibrato: i genitori danno molto in termini di tempo, risorse economiche e psico-fisiche. E’ ragionevole perciò che, in linea col concetto di amore come scambio equilibrato di bene, il genitore si aspetti un grande ritorno affettivo dai propri figli e che proprio per questo il sentimento di amore tra genitori e figli sia particolarmente intenso. Tanto più si dà, tanto più ci si aspetta di ricevere. I bambini poi, quanto più sono piccoli, sono completamente dipendenti dai genitori e di regola restituiscono loro grande attaccamento e affetto.


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