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Lega contro le banche d’affari
Non ho mai avuto simpatia per la Lega e nemmeno per i loro sistemi bofochianti di esprimersi, spesso talmente gretti, talmente odoranti di stallatico da apparire falsi. Frasi roboanti, accuse senza fondamento, gesta infime, cultura prossima allo zero assoluto e personaggi che spesso hanno l’aspetto di macchiette di un film fantozziano. Insomma non è mai stato sicuramente un riferimento politico al quale abbia mai fatto affidamento.
Assieme alla Lega o al tempo della sua comparsa si sono poi sviluppate alcune branche più o meno legate con questo movimento, che visti i presupposti, più che incontrare gli interessi dei loro amministrati, faceva e fanno gli interessi delle economie locali. Un coacervo di persone tutte alla ricerca di un posto al sole. La solita manfrina italiana, nulla di nuovo in effetti.
La Lega per contro e rispetto a tutti gli altri gruppi politici, si è sempre distinta per la ricerca di uno stato federale, per una autonomia economica e finanziaria del Nord rispetto al centro ed al Sud. Spesso ha sbeffeggiato il tricolore, lanciando offese a tutti coloro che sono morti sotto una bandiera ed ai loro eredi. Un atto di inciviltà, se letto secondo i canoni “ufficiali”, ma in parte veritieri se si conoscono gli strascichi storici che ci videro impegnati e coinvolti in due guerre mondiali con milioni di morti e prima ancora in guerre di indipendenza, in cui i massacri ancora rimangono nel silenzio quali, ad esempio, quelli compiuti dal Generale Cialdini e di tutta la congrega che volle disfare uno dei migliori regni italiani, quello delle Due Sicilie.
Ma questa è storia, spesso celata, volutamente non insegnata, mentre nei libri di testo campeggiano le figure di personaggi storici come Cavour, Vittorio Emanuele e Garibaldi quali eroi del risorgimento, quando invece, se si avesse la voglia di scavare, scopriremmo che non erano altro che dei cialtroni, nessuno escluso. Ma mi si insegna che la storia la fanno i vincitori.
In questo la Lega ha ragione da vendere, abbiamo versato sangue, vite umane, risorse economiche e finanziarie allo scopo di rovesciare i vari regni italiani a favore di nazioni e stati che favorirono l’assunzione di politiche industriali ed economiche del libero mercato della concorrenza spietata e negli ultimi nostri giorni del massacro della sovranità degli stati nazionali.
Sotto questo aspetto la Lega ha ragione da vendere, anche se però nella sua attività di sottolineare le malefatte del passato, nasconde la sua vera indole disgregatrice. Il fatto stesso che la sua primaria richiesta sia uno stato federale è preambolo della distruzione dello stato italiano così come lo conosciamo.
Con questa idea e con il pensiero comune che ogni regione deve avere il diritto di autoregolarsi economicamente, slega automaticamente il diritto nazionale di uno stato di regolare diritti e doveri. Un piede di porco accolto da molti delinquenti travestiti da imprenditori, politici e avventurieri con lo scopo di spolpare ancora quel poco che dal 1992 ad oggi è rimasto in Italia.
Abbiamo ricchezze artistiche che sono così vaste ed immense che tutto il mondo ci invidia, abbiamo una ricchezza aurea enorme (la 4ª del mondo), abbiamo un risparmio privato enorme (ancora per poco visti i dati dell’Istat), ma siamo un paese “insulare” che con la sua lunghezza di oltre 1000 km penetra nel mediterraneo, a contatto di paesi ricchissimi di riserve energetiche. Tutto questo, specialmente l’aspetto geo-strategico, è un boccone gustosissimo per le forze della Nato, in special modo per quella parte anglosassone che delle vie di comunicazione ha tratto enormi vantaggi commerciali. E’ da notare che prima dell’unità d’Italia la più grande flotta mercantile – oltre a quella inglese – era quella del Regno delle due Sicilie.
Ma la Lega che c’entra in tutte queste considerazioni? Beh, la Lega è il cavallo di Troia per le manovre anglosassoni, è il punto focale attraverso il quale vanificare ancora quelle forze contrarie e “reazionarie” di uno stato sovrano a favore di un mercato meno “ottuso” e più aperto. Come riporta il sito Movisol, l’organizzazione Transparency International (TI), viene fondata in Italia il 20 gennaio 1997, presso la Camera di Commercio di Milano. Lo scopo di questa associazione è quello di combattere la corruzione diffusa a tutti i livelli prendendo come esempio personaggio pubblici di integrità morale riconosciuta. Ma la genesi di Transparency International prende origine dalle nebbie del nord Europa in cui viene fondata nel 1993 a Berlino e i suoi fondamenti teologico-morali di TI derivano da una serie di incontri inter-religiosi promossi a cominciare dal 1984 dal principe Filippo duca di Edimburgo, consorte della regina Elisabetta d’Inghilterra. Indicativamente, il “codice” è molto deciso contro gli abusi delle industrie e degli imprenditori industriali, cioè coloro che costruiscono l’economia reale, mentre chiede “garanzie” precise per i “providers of Finance”, fino a prefigurare una sorta di regolare interferenza, in cui i direttori del “business” sono tenuti a riportare i loro risultati ai “finanziatori”.
In Italia prende il via nel 1997 e ne fanno parte i giudici Gherardo Colombo, Davigo, mentre presidente del TI è la leghista Maria Teresa Brassiolo (tuttora in carica), consigliere della Lega Nord al Comune di Milano. La presenza della Lega negli organi direttivi e nella macchina organizzativa di TI è dominante. Panizza, ad esempio, è consigliere della Lega Nord a Saronno. Ettore Albertoni (del comitato onorario) ex presidente del consiglio regionale lombardo.
Nella sostanza una associazione encomiabile, sulla carta, fatto salvo che a dirigerla vi sia lo zampino anglosassone che dei destini italiani e delle sue economie poco importa, così la storia insegna.
Nel frattempo però qualche cosa è accaduto, qualche screzio, qualche decisione non convenuta, qualche divergenza particolare, in sostanza una rottura che ha portato ad una soluzione estrema la figura della Lega Nord: da inquisitore ad accusato.
Le rivoluzioni a volte si pagano care e la storia insegna che accade proprio così. In Francia Robespierre, Danton e Marat fecero la stessa fine di Luigi XVI, caddero sotto la loro stessa ferocia. In Italia, più lenta ad assorbire questi contraccolpi, gli eventi sono più subdoli, tant’è che qualche settimana fa la Lega aveva annunciato una raccolta firme a livello nazionale per la separazione tra banche d’affari e banche commerciali (standard Glass-Steagall). Che vuol dire tutto questo in una situazione confusionale in cui il tecnico si sormonta al politico declassandolo ad inutile e senza consenso?
La visione a prima vista appare semplice: la Lega, o una parte di essa, visto gli agganci a TI che non ha nessun interesse al benessere nazionale, propone una legge che per il sistema bancario attuale equivale al suicidio. In sostanza se fosse attuabile la separazione tra banche d’affari, ovvero le banche che fanno investimenti a rischio, da quelle che invece servono ed aiutano l’economia reale, avremmo nell’arco di qualche ora, una completa disfatta del sistema bancario italiano. Le attuali banche, tutte o quasi, usano i denari dei depositanti e quelli forniti dall’Europa tramite il famoso LTRO (quasi 290 miliardi) per fare speculazione finanziaria. Questo significa che i denari in saccoccia alle banche NON ci sono, ma risultano impegnati nelle svariate avventure.
Il governo Monti, in tutte le manovre fino ad ora utilizzate, non ha toccato nessuna banca, fatto salvo la questione dei costi bancari sui quali però si è steso un silenzio che lascia spazio a poche fantasie: non verranno tolti. Ora la proposta di raccogliere le firme per separare le banche rappresenta per l’intero sistema bancario italiano, ma anche per quello internazionale, un problema di primaria importanza valutabile in qualche migliaio di miliardi e questo perché un debito di pochi miliardi di una banca italiana si trasforma, con i vari derivati e passaggi, in centinaia di miliardi in altre banche che a loro volta spacchettizzano in altri derivati per tanti, tantissimi soldi (tutti finti, ma reali).