Lucrezia è una leggendaria figura della storia della Repubblica Romana.
L’incidente diede corpo alle fiamme d’insoddisfazione che i romani avevano verso i metodi tirannici dell’ultimo re di Roma, Lucio Tarquinio il Superbo. Come risultato, le famiglie “importanti” diedero inizio ad una repubblica, guidata dalla grande famiglia di Tarquinio da Roma, e la difesero con successo dagli attacchi subiti dalla gente etrusca e latina.
L’inizio della Repubblica fu segnato dalla prima apparizione di due consoli eletti su base annua; uno dei primi due consoli fu Lucio Tarquinio Collatino, marito di Lucrezia.
La storia di Lucrezia e la caduta della monarchia non può quindi essere considerata un mito o un falso elaborato letterario per ingannare e intrattenere il popolo romano su una storia precoce che non può essere conosciuta. L’evidenza indica l’esistenza storica di una donna di nome Lucrezia e di un evento storico che ha giocato un ruolo fondamentale nella caduta reale di una vera e propria monarchia, anche se molti dei dettagli specifici poptrebbero essere discutibili. La data dell’incidente è probabilmente il 508/507 a.C. Lucrezia quindi morì nel 508 a.C.
Altre fonti storiche tendono a sostenere questa data, anche se l’anno è discutibile e collocabile con uno scarto di circa cinque anni.
Lucio Tarquinio il Superbo, ultimo re di Roma, essendo impegnato nell’assedio di Ardea, mandò suo figlio, Sesto Tarquinio, in una commissione militare per Collazia. Sesto fu accolto con grande ospitalità presso la residenza del governatore Lucio Tarquinio Collatino, figlio del nipote del re, Egerius Tarquinio Collatino, ex governatore di Collazia e prima del Collatini Tarquinia. La moglie di Lucio, Lucrezia, figlia di Spurio Lucrezio, prefetto di Roma, fece in modo che il figlio del re fosse trattato come si addiceva al suo rango, anche se il marito era assente durante l’assedio.
Sesto ritornò al campo. Il giorno dopo Lucrezia, vestita di nero, andò a casa del padre a Roma e si gettò ai suoi piedi, nella posizione del supplice, piangendo. Alla richiesta di lumi, spiegò l’accaduto e si trafisse il petto con un pugnale che nascondeva sotto la veste. Morì tra le braccia di suo padre, e tra le strida e lamenti delle donne presenti.
“Questa scena terribile colpì i romani che erano presenti suscitando tanto orrore e compassione che tutti gridarono con una sola voce che avrebbero preferito morire mille volte in difesa della libertà che non subire insulti commessi da tiranni.”
Collatino, vedendo sua moglie morta, la strinse, la baciò, chiamò il suo nome e le parlò. Vedendo la mano del Destino in questi eventi, il suo amico Bruto decise di vendicarla. Afferrando il pugnale insanguinato, giurò per Marte e tutti gli altri dèi che avrebbe fatto tutto quanto in suo potere per rovesciare il dominio dei Tarquini. Passò il pugnale in giro e tutti i presenti giurarono.
Il marito Collatino, il padre e l’amico Lucio Giunio Bruto provocarono e guidarono una sommossa popolare che cacciò via i Tarquini da Roma costringendoli a rifugiarsi in Etruria.
tratto da: http://www.tanogabo.it/Lucrezia.htm