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La macchia (Seconda parte) – di Morena Fanti

Da Marcofre

Seconda parte del racconto di Morena Fanti. La prima è possibile leggerla qui.


Buona lettura.

 

Quando apre gli occhi sa che è il venticinque dicembre; sa che gli toccherà sentire la confusione dei parenti in sala da pranzo, qualche risata – non troppe che di là c’è il povero Aldo con il suo tumore – e divertimento.

La madre ha insistito molto affinché lui si unisse al “pranzo della festa” ma Aldo ha rifiutato. Ha detto che starà chiuso in camera e che non vuole essere disturbato: sa che gli toccherebbe subire le occhiate compassionevoli della nonna e degli zii. Inoltre non vuole vedere la gioventù invincibile dei cugini. Dovrebbe essere lui a divertirsi: ha solo ventisette anni e un master da conseguire, una famiglia da formarsi, una carriera da intraprendere.

Si alza per andare in bagno prima che arrivino; si guarda il pigiama grigio con i pantaloni che gli cadono e si arrotolano sui piedi. Il tessuto ha fatto i pallini e sembra più vecchio. È davvero brutto e questo glielo fa sembrare perfetto. Tira su i calzoni e va in bagno. Non spreca tempo a lavarsi, si limita alle funzioni fisiologiche e si dà una rapida occhiata allo

specchio. Ha la barba a chiazze rade e i capelli sporchi: con la chemio non li ha persi e ora sono a ciocche arrotolate che sfiorano il collo. Medita di farsi una doccia ma si chiede a che pro, esce e si chiude in camera.

Sono le undici e mezza e il campanello suona, inizia il passeggio tra l’ingresso e la sala da pranzo. Finiti i saluti, le voci si allontanano ma dopo pochi minuti il rito si ripete. Li sente tutti: la nonna Augusta, gli zii Michele e Giovanni, con le mogli e i figli più piccoli.

I cugini Roberto e Marco arrivano per ultimi. Sente la madre che li saluta, prende le giacche e le porta nella sua camera. I cugini sono fermi nel corridoio e Aldo li sente parlare:

«Dici che verrà a tavola?», chiede Marco.

«Spero proprio di no. Mi andrebbero di traverso i tortellini».

«Già, chi ha voglia di festeggiare con un morto seduto a tavola?», replica Marco. La risposta di Roberto si perde nel corridoio e Aldo si appoggia di nuovo al cuscino.

Fuori dalla finestra vede il sole e una luce calda che gli fa desiderare di uscire a camminare nel parco. Si guarda il pigiama, si tocca le guance e si gira verso il muro: vuole cercare di dormire. Magari si sveglia il ventisei dicembre.

Dopo pochi secondi, si gira di scatto, mette giù i piedi dal letto, barcolla, si appoggia al comodino e aspetta che la testa si fermi. Infila le ciabatte e va verso la porta, cammina nel corridoio ed entra in sala da pranzo mentre il padre stappa il Prosecco.

Le voci si bloccano e tutti si girano verso di lui. Ci sono dei momenti di vuoto, tutti restano fermi, e poi iniziano ad alzarsi e a venire a salutarlo. La nonna sorride e lo abbraccia ma è timorosa e non lo stringe come faceva prima. Zio Michele gli dà una pacca sulla spalla e Zio Giovanni si limita ad alzare la mano e gli batte un cinque. I cugini non si muovono, si limitano a un “ciao” a bassa voce.

La madre porta subito un piatto, le posate, il bicchiere e il tovagliolo e le zie si stringono per lasciargli il posto tra loro e la nonna. Si siede proprio di fronte a Marco e a Roberto. Il padre versa il Prosecco e la madre porta i tortellini; iniziano tutti a mangiare.

Dopo pochi istanti le chiacchiere riprendono ma a voce più bassa di prima. Aldo mangia lentamente, non vuole rischiare di stare male e di doversene andare, come la sera del risotto.

Quando arriva il bollito e la madre serve il purè intorno al tavolo c’è silenzio. Aldo guarda i commensali, alcuni tengono gli occhi rivolti al piatto, altri fingono un interesse per il programma che c’è in televisione. I bambini sono seduti sul divano con i giochi che hanno ricevuto in regalo e le zie li sorvegliano.

Marco e Roberto non hanno più aperto bocca e non hanno finito i tortellini. Quando la madre raccoglie i piatti, Aldo chiede: «Poca fame oggi?»

La domanda cade nel vuoto e Aldo assaggia il purè, che è liscio e senza grumi come piace a lui. Gli altri si passano i vassoi e si servono in silenzio. Mangiano con gli occhi bassi, lo sguardo fisso nel piatto. Aldo li osserva mentre assapora il purè; sente lo stomaco che minaccia di ribellarsi e inghiotte bocconi sempre più piccoli per non rischiare l’attacco di nausea.

Intorno al tavolo l’atmosfera è pesante, sembra che tutti abbiano dei pensieri gravi, le facce serie, quasi tristi. Spenti come dei morti, questo è ciò che viene in mente ad Aldo. Sono più morti di come sarà lui fra poco tempo. Sa che è la sua presenza che li blocca e impedisce il divertimento; mentre li osserva ha un brivido di piacere, sente un fremito di eccitazione percorrergli le cosce e fermarsi in mezzo, dove le unisce la macchia nera dei peli.

Pensa che andrà in camera a masturbarsi.


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