Dire che siamo stanchi, anzi stanchissimi dei valzer politici e delle alee politiche è dir poco. Ultimamente anche nella maggioranza, la sindrome sinistra di negare l’evidenza e distribuire patacche è diventata un’abitudine ben congegnata. I referendum non hanno sicuramente sancito la fine dell’asse PDL-Lega (né del Governo, come vorrebbe Bersani), però sono stati un temibile scossone che ha terremotato soprattutto la base moderata, nella quale è palpabile la delusione e la tensione per il fallimento del messaggio insito nell’invito all’astensione (che non ho condiviso). Io stesso mi sento profondamente deluso e arrabbiato con questa maggioranza che ho difeso con tutte le mie forze, ma che finora è stata insufficiente e poco coraggiosa. Anche in quei settori dove la sinistra non ha grande influenza e grande capacità di condizionare l’azione di Governo, Berlusconi è rimasto piuttosto indietro, dimenticandosi della rivoluzione liberale promessa fin dal ’94 e diventata una grande speranza nel 2008.
Ora siamo giunti agli sgoccioli, e la fiducia e la pazienza stanno sfumando. Il Premier affonda sotto le sue stesse contraddizioni e non riesce a darsi una mossa capace di farci uscire dall’impasse. Il centrodestra è fermo. E seppur lentamente la gente inizia a non credere più a nulla di quanto si dice dalle parti di Palazzo Grazioli e Arcore. Inizia a rappresentarsi una realtà che per anni i sinistri hanno tentato di farci bere e mangiare con l’imbuto ideologico e con il pregiudizio; una realtà alla quale abbiamo fieramente resistito, orgogliosi del fatto che diversamente dagli altri, noi moderati abbiamo una prospettiva non condizionata dall’ideologia del comunismo culturale e dal buonismo stucchevole del politicamente corretto. Epperò, ora pare che tutto questo non basta più. Rischiamo di perdere la nostra casa comune. Rischiamo lo sparpagliamento. Rischiamo di rimanere orfani di una grande forza moderata e di regalare il nostro paese ai post-comunisti, ai catto-comunisti e alle false socialdemocrazie alleate dei settarismi politico-economici. Insomma rischiamo di buttare l’Italia alle ortiche o nelle mani di chi ha una visione classista e illiberale della società, dove l’illibertà è furbescamente contrabbandata nella filosofia del politicamente corretto.
Eppure… eppure ci vorrebbe davvero poco per ristabilire gli equilibri e per ridare fiducia a una maggioranza silenziosa mortificata, che nell’ultimo mese si è vista sottrarre da sotto il naso Milano e Napoli, e che oggi deve sopportare i gay pride patrocinati da Palazzo Marino e le giunte giustizialiste all’ombra del Maschio Angioino. E che, ulteriormente, ha dovuto sopportare una valanga di SI a dei referendum nei quali – davanti a una corretta e coraggiosa informazione – avrebbero dovuto prevalere i NO.
Allo stato, ci vorrebbe davvero ben poco per ridare energia a noi moderati e per darci la speranza futura di un grande partito di centrodestra capace di raccogliere le sfide future senza perdere l’identità passata. L’ho già scritto in un altro post, ma credo sia utile ripeterlo. Sarebbe sufficiente che Berlusconi uscisse di scena col botto, spiazzando tutti con una serie di riforme importanti ma significative per chi davvero tifa per il liberalismo moderato e per un’Italia libera e in pieno progresso.
In primo luogo, ci vorrebbe una nuova legge elettorale o assolutamente maggioritaria come un tempo, oppure una legge proporzionale con uno sbarramento al 4%, con la possibilità per il cittadino di indicare la preferenza. La scelta del candidato infatti è fondamentale. Ci vorrebbe pure una riforma fiscale e tributaria spregiudicata, capace di ridare energia e slancio al settore economico. L’Italia ha bisogno di un’economia realmente liberale, con pochi vincoli e oneri, capace di renderla realmente competitiva. E non dimentichiamoci poi che sarebbe auspicabile anche una riforma della giustizia che sancisse i tempi certi di un processo e ristabilisse gli equilibri tra politica e magistratura, mai come negli ultimi tempi critici e pericolosamente destabilizzati. Infine (e questo è un mio sogno personale) ci vorrebbe una liberalizzazione dell’informazione, con l’abolizione di ogni vincolo sulla diffusione delle informazioni e delle opinioni. Con la depenalizzazione del reato di stampa clandestina, per rendere l’Italia realmente competitiva, liberale e pienamente conforme al dettato di cui all’art. 21 Cost.
Sulla bilancia aggiungo anche la costruzione di un partito moderato con i controfiocchi. Berlusconi deve pensare sul serio a farsi da parte. Deve riconoscere la fine del suo ciclo e lasciare spazio ai giovani e a chi ha l’entusiasmo del futuro in mano. Diversamente se lui non molla, molleranno i giovani. E qualcuno oggi lo sta già facendo. Altri iniziano a pensarci… E benché Fini e il Terzo Polo non siano certamente una grande calamita di voti moderati, potrebbero costituire un «bene elettorale» rifugio illusorio per i delusi del PDL.
di Martino © 2011 Il Jester