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La maledizione del Benfica

Creato il 15 maggio 2014 da Retrò Online Magazine @retr_online
La maledizione del Benfica mag 15, 2014    Scritto da miriambarone    Attualità, Cultura 0

La maledizione del Benfica

Si è disputata ieri sera a Torino la finale dell’Europa League tra le due squadre finaliste, il Benfica e il Siviglia.

Dopo novanta minuti di partita regolamentare e consecutivi trenta minuti di tempi supplementari senza che nessuna delle due squadre riuscisse a imporsi nettamente sull’altra, i rigori hanno decretato la vittoria del Siviglia, rendendolo il vincitore della competizione europea precedentemente conosciuta come Coppa UEFA.

Nel frattempo, a Lisbona l’attesa era grande: i maxi schermi nella piazza di Marques de Pombal e ai Jardim d’Estrela, le pattuglie di polizia lungo le strade principali, le persone tinte di rosso (il colore del Benfica per eccellenza, ma anche dello stesso Portogallo), tutto nell’atmosfera indicava una grande aspettativa e positività.

Purtroppo, quello di cui hanno paura i portoghesi e in particolar modo i tifosi del Benfica è che “la maledizione” continui i suoi effetti, come ha fatto finora. Ma cos’è più precisamente questa maledizione di cui si sente tanto parlare?

La leggenda narra che nel 1962 il Benfica, allenato dal tecnico ungherese Béla Guttman, vinse per il secondo anno consecutivo la Coppa Campioni: Guttman perciò richiese alla società una sorta di premio economico per i meriti e i trofei vinti, premio economico che non gli venne riconosciuto perché estraneo al contratto. Al che, l’allenatore rispose che per cento anni nessuna squadra portoghese sarebbe riuscita a vincere per due volte in Europa, e che il Benfica senza di lui mai più avrebbe vinto la Coppa dei Campioni. Per quanto riguarda la prima parte della maledizione, non si è realizzata, il Porto infatti ha vinto per ben quattro volte delle competizioni europee; ma per quanto riguarda il Benfica sembra proprio che l’alone nero lo segua e gli impedisca di vincere titoli europei, sempre per pochissimo.

Come se a contare non sia la bravura o la capacità tecnica della squadra, bensì la mano della dea bendata che si prende gioco di lei, e dei suoi tifosi.

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