Magazine Diario personale

La mia africa.

Da Stefano Borzumato @sborzu

L'africa non mi ha accolto benissimo. Ma forse avrei dovuto capirlo fin dalla poltrona del volo Ethiopian: si di pelle ma stretto, lato corridoio.

L'africano che mi stava di fianco era tanto grosso. Inevitabile che una sua gamba invadesse il mio spazio. Cuffie in testa ad alto volume e accompagnamento vocale fuori sincrono mi han permesso di apprezzare la locale arte canora.

L'arrivo ad Addis Abeba mi ha gettato un zinzino nello sconforto, divenuto un angusto abisso quando mi è passato innanzi un piccolo drappello di cinesi con la mascherina, di corsa. Che sia la tomba che mi è stata preparata fin dalla nascita, la misteriosa africa?

Superato il controllo ebola e i maratoneti cinesi, passo al piano superiore e mi sistemo su una lettino ergonomico per cercar di dormire un poco: e se mi rubano tutto? Giubbotto indosso e zaino sul davanti: dormo un'ora. Ne mancano ancora due alla mia 'coincidenza'.

Faccio un bel giro del piccolo aeroporto: duty free anche per il cibo! Non compro nulla: il pasto servito sull'aereo riempirà le mie viscere per parecchio tempo, temo. O è l'ebola? Chi vivrà,  vedrà.

Decido di andare in bagno: l'ultima minzione è avvenuta a casa, in italia, 12 ore prima. È una coccola che mi devo. 'Sorry sir: no water' mi dice con tono atono un inserviente che staziona davanti alle toilette. Forse perché assonnato, forse per l'ebola: mi convinco di non aver capito. Chiedo lumi. E anche l'accesso alla latrina. 'No water, sir. I'm sorry'. La strategica inversione mi aiuta a comprendere che mi trovo in un aeroporto internazionale privo di acqua. E la mia minzione? La vescica me lo chiede. E pure la patria. È fisiologica funzione che va espletata. Cerco un bagno non presieduto e opero.

Diversi uomini nelle mie stesse drammatche condizioni mi seguono: sono un liberatore! L'italia ha ancora molto da dare a questa ex colonia.

La mia africa: ebola non mi avrai!

La mia africa.
La mia africa.

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