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La mia classe – recensione

Creato il 18 marzo 2014 da Retrò Online Magazine @retr_online
La mia classe – recensione mar 18, 2014    Scritto da Silvia Cannarsa    Attualità, Cinema, Recensioni 0

La mia classe – recensione

La mia classe di Daniele Gaglianone è un film che è piaciuto, e anche molto. E’ piaciuto a Venezia alle Giornate degli Autori, è piaciuto nelle sale ed è piaciuto ai critici.

Qual è il problema di questa pellicola, dunque?
Il problema essenziale è che, essendo stata distribuita in pochi cinema di nicchia, essa non è stata vista dalla gran parte del pubblico, che magari sarebbe anche stato interessato, ma che non ha avuto la possibilità di incapparci per puro caso.

Un film come La mia classe non solo meriterebbe una distribuzione più ampia – come asserisce la giornalista inglese Jennifer Grego per l’Internazionale – ma meriterebbe addirittura di essere visto da tutti. Dai ragazzi agli adulti, dagli insegnanti ai bidelli. Perché La mia classe è un film trasversale, che con garbo traccia un profilo molto reale della nostra società multirazziale, alla continua ricerca di un equilibrio.

La mia classe è ambientato nel quartiere multietnico del Pigneto a Roma, ma potrebbe essere stato girato ugualmente in Barriera a Torino, o a Milano. Nella classe di Valerio Mastandrea gli alunni sono adulti, immigrati che cercano di imparare l’italiano affrontando temi importanti: il lavoro, la casa, gli affetti.
Storie vere, storie reali e toccanti interpretate da attori non professionisti, effettivi alunni  di una classe di italiano.
Un film iperrealista, disincantato eppure ironico e di una delicatezza non comune mostra luci ed ombre di un Italia che da un lato cerca di includere e di svelare quello sporco segreto che è il “siamo tutti uguali, umani” e dall’altro è incapace di mediare tra le diverse culture e segue alla lettera leggi che dovrebbero essere soggette ad un minimo di interpretazione, caso per caso.
Il maestro interpretato da Valerio Mastandrea se lo chiede ad un certo punto che senso abbia continuare, ha ancora senso fare un film?
Quello che si può fare è tenere la testa alta e continuare a provarci, magari non servirà a nulla, magari verrà poco distribuito e rimarrà sconosciuto a molti, ma toccherà sempre le corde di qualcuno che ci crede veramente. Gaglianone ci ha provato e ci è riuscito, nonostante tutto.


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