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La moderna fine di un papato

Creato il 12 febbraio 2013 da Ilsegnocheresta By Loretta Dalola

specialeInevitabile per i media concentrarsi sulla clamorosa notizia legata all’epilogo del papato di Bendetto XVI. Enrico Mentana, nel dare il via all’edizione non-stop del suo Tg La7, ha definito la “notizia che cancella tutte le notizie, piccole o grandi di questa campagna elettorale“. Un intero speciale dedicato all’annuncio dato che, alle 20.00 del 28 febbraio Papa Ratzinger lascerà il papato. Si ritirerà dal suo pontificato, porrà fine volontariamente agli otto anni di esperienza alla guida della Chiesa Cattolica, in successione di Giovanni Paolo II. “Shock”. E’ la parola invece che campeggia dappertutto, mentre tutte le tv stanno aggiornando senza sosta la notizia delle dimissioni di Benedetto XVI.NEWS_75471

L’annuncio clamoroso, dato senza preavviso, dal Papa stesso, sottolinea il gesto moderno e sensazionale del pensionamento volontario, pronunciato in latino. Un colpo di fulmine nelle stanze del Vaticano che ci costringe a prendere nota che quest’uomo, settantaseienne, ha deciso che il peso degli anni e degli affanni legati al ruolo del pontefice con tutto ciò che comporta essere a capo della Chiesa cattolica in questo mondo connesso e globalizzato non gli poteva più essere affidato.  Contrariamente alla nostra memoria storica, gli altri papati hanno concluso la loro missione con la loro presenza terrena, anche quando non erano più in grado di guidare i fedeli, deteriorati dalla malattia. È la prima volta in tempi moderni, il primo Papa a dimettersi dopo Gregorio XII nel 1415, che scelse  di abbandonare il pontificato, sei secoli fa, durante il cosiddetto Scisma d’Occidente, quando il primato sulla Chiesa cattolica era rivendicato dal clero avignonese. È la prima volta che succede una cosa del genere nei tempi moderni, caratterizzati da pontefici che sono morti quando erano ancora in carica. Il suo papato, teso, difficile, vissuto da intellettuale, privo della  carica del suo predecessore si conclude  lucidamente con l’ammisione pubblica  di  non più in grado di portare avanti i suoi doveri. Onore al merito. Nel lontano 19 aprile del 2005 si presentava al mondo con il nome di Benedetto XVI, la scelta del nome, con il senno di poi, si è rivelata

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simbolica e profetica perché l’ultimo papa ad avere avuto questo nome non ha avuto un pontificato molto lungo ma è anche diventatato il santo patrono dell’Europa.

Un gesto rivoluzionario, forte che “ha dentro delle cose significative – afferma l’ospite in studio, Alberto Melloni, vaticanista del Corriere della sera – viviamo in un tempo dove la gente rimane abbarbicata anche a poteri piccolissimi e la rinuncia ad un potere così grande  da la dimensione di quanta libertà interiore può nascere dalla fede cristiana”. Un gesto che prende atto che la Chiesa moderna ha bisogno di un uomo forte, lucido, che deve avere la chiave di una visione futura di dove far arrivare la nave della Chiesa.

Inevitabile il collegamento con il meccanismo del governo. In un panorama politico caratterizato dalla longevità e dove le uniche novità sono da attribuire alle “promesse shock” questo esempio di presa di consapevolezza dovrebbe scuotere le coscienze politiche che hanno la responsabilità di condurci nel futuro. Prendere esempio che l’impegno è cosa seria e la responsabilità nello scegliere il bene della comunità, è soggetto anche alle regole del tempo.

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Le dimisisoni del Papa hanno congelato la campagna elettorale nel massimo della sua incandescenza a volte fatta solo su frammenti verbali. Quello che forse può insegnare, la rinuncia del Papa è la possibilità di ammettere l’incapacità di guardare lontano, avanti, oltre, per costruire un disegno più lungo dal quale dipendono molte persone. Ci vuole coraggio ad assumere il peso di una grande responsabilità, ma ce ne vuole forse di più a lasciarlo e questo fa la differenza.


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