Magazine Cucina
Sono stato a far visita ad un allevatore lucano, nella valle del Bradano, nel territorio di Montescaglioso.
In questo giorni, nella sua stalla ci sono circa 750 vacche, di cui circa 600 in lattazione.
Le alleva con i foraggi che coltiva nella sua azienda agricola. E' all'interno di una delle bonifiche a me più famose, dai tempi degli studi da Perito Agrario. Ne bonifiche lucane ci venivano presentate ad esempio, sia di opera d'ingegneria idraulica, che di sistema a sostegno di un'agricoltura specializzata ed intensiva. Le fragole del Metaponto, negli anni '80 erano famose in tutto il mondo, e davano di che vivere molto bene agli agricoltori della zona.
Oggi non esiste più niente di tutto questo. Di colture intensive è rimasto un po' di pomodoro, legato a qualche piccolo conservificio artigianale. I frutteti, soprattutto gli agrumeti, sono in gran parte in un inquietante stato di abbandono.
I terreni sono per lo più coltivati a cereali, e spesso ad anni alterni.
Eppure siamo nel bacino della Diga di San giuliano, ancora più che efficiente, anche se ormai vocata più a fornire acqua alla vicina Puglia che ad irrigare le colture della valle del Bradano. Il terreno ha caratteristiche limoso-sabbioso, particolarmente fertile. Se irrigato può dare produzioni quantitative vicine a quelle della pianura padana.
Qui fanno del mais da foraggio, irrigato con le manichette, con produzioni medie di circa 700 quintali ad ettaro. Riescono a fare altrettanto sol in alcune aree del lodigiano e del cremonese.
La Diga di San Giuliano, una delle opere principali del Consorzio di Bonifica di Bradano e Metaponto, nacque sotto la spinta del programma economico di aiuti del Piano Marshall. Lo sbarramento sorge alla stretta di San Giuliano, dove il fiume Bradano si restringe bruscamente in una forra rocciosa incisa nelle formazioni calcaree in cui si svolge il corso del fiume. L'estensione è di 1.000 ettari ed è compresa nei territori comunali di Grottole, Matera e Miglionico. Dal 1976 è Oasi naturale regionale, e dal 1989 è Oasi del WWF Italia.
Le condizioni ambientali però non consentono una produzione di latte, da parte degli animali, pari a quelle delle stalle lombarde. Il caldo estivo deprime molto la produzione in quel periodo.
Comunque riescono a fare 12 quintali di latte al giorno.
L'allevatore è poi socio di un caseificio dove fanno mozzarelle, ricotta, scamorza e cacio cavallo. E il suo latte va tutto al caseificio.
Dopo la stalla ci ha portato a vedere il caseificio.
Ed ho visto come preparano la mozzarella.
Il latte viene pastorizzato, cioè portato alla temperatura di 85° e poi riportato alla temperatura di lavorazione, cioè 35°.
Viene posto in caldaie dove vengono aggiunti il caglio ed i fermenti, per la produzione di acido lattico e per la coagulazione.
Il composto viene fatto riposare fino a che la superficie non appare lucida e compatta.
A questo punto con un apposito strumento simile ad una frusta, chiamato spino o lira, si rompe questa cagliata in tante parti, che affondano nel siero.
Dopo qualche ora si separa la parte solida dal siero.
La prima, la cagliata, viene posta all'interno di tini, il secondo in altri contenitori servirà per ottenere la panna o la ricotta.
La cagliata viene poi posta su delle tavole dove avviene lo sgrondo: si elimina il liquido di era rimasta imbevuta e che va a costituire il siero per la lavorazione del giorno successivo, la 'cizza'.
I tavoli vengono posti in una camera alla temperatura di 45° con umidità al 100% circa e si misura il Ph finchè non si ottiene quello desiderato.
La cagliata passa poi nella filatrice, una macchina contenente acqua a 85° che la trasforma in pasta filante.
Infine viene mozzata manualmente, in tante mozzarelle.
Queste passano nella camera di raffreddamento e vengono immerse in salamoia per raggiungere la giusta salatura.
Viene infine confezionata.
A fine visita mi hanno regalato un cartone refrigerato, pieno di tutti i loro prodotti.
La loro ricotta, squisita, l'ho mangiata coperta con la mia marmellata di fichi.
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