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La musica e le corde dell'anima

Da Anna
La musica è una legge morale. Essa dà un'anima all'universo, le ali al pensiero, uno slancio all'immaginazione, un fascino alla tristezza, un impulso alla gaiezza e la vita a tutte le cose.
[Platone]
(autore sconosciuto)
Vi siete mai lasciati trasportare dal susseguirsi delle note, in un’armonia che dalle orecchie arriva allo spirito?
Sembra proprio che la musica sia in relazione col mistero: pare non
contenga concetti, eppure ha la capacità di trasmetterci non solo sensazioni e sentimenti, ma anche idee. A cosa è dovuto questo suo potere? La musica non è un insieme di suoni, bensì qualcosa che va al di là di essi.
Di fronte alla suggestiva potenza della musica, ogni popolo ha sempre immaginato che quest’arte fosse un dono delle divinità elargito agli uomini. Così gli antichi Egiziani la ritenevano un dono di Iside e Osiride, mentre per gli Indiani era un dono del dio Brahma. Nella mitologia greca i miti riguardanti la musica sono numerosissimi: pensiamo a Pan, che col suo flauto di canna chiamava Eco, o ad Apollo, che inventò la lira e con essa formò i cori delle Muse.
Ma il mito più significativo è quello di Orfeo: al suono della sua lira non solo le belve si ammansivano, ma perfino i fiumi cessavano di scorrere e il vento di soffiare. Perduta l’amata Euridice, Orfeo discese nel regno dei morti e, suonando la sua lira, riuscì a commuovere le divinità degli inferi, dimostrandoci così che la musica non solo può influenzare il volere e i sentimenti dell’uomo, ma può perfino cambiare il volere degli dèi e quindi anche il corso dell’intero universo.
Il linguaggio della musica è strettamente legato ai concetti di religione e magia: non vi è forse rituale religioso o magico che non abbia la sua danza e la sua musica strumentale. Gli strumenti, risuonando, talvolta mettono in fuga gli spiriti cattivi, talaltra trascinano l’ascoltatore in estasi.
E che dire ancora della “catarsi” e del potere dei suoni riconosciuti ormai nella pratica della Musicoterapia? Basta metterci profondamente all’ascolto e noteremo come la nostra psiche e persino il nostro corpo muteranno il loro stato, entrando in sintonia con le vibrazioni che li circondano, come se si trattasse di suoni, relazioni, armonie udite sin dall’eternità, come se ci ricongiungessimo a qualcosa che da sempre ci è appartenuto.
Pensiamo, adesso, ai molteplici usi che facciamo oggi della musica: la si ascolta per compagnia, a casa come a lavoro, durante lo studio come in macchina; la si ascolta quando abbiamo bisogno di ricaricarci, o rilassarci, o di liberarci da stress di ogni tipo; la utilizzano i “signori del mondo della pubblicità” per convincerci ad acquistare questo piuttosto che quel prodotto, o per colmarci di desideri e necessità! Oggi abbiamo un rapporto consumistico con la musica: ci avviciniamo ad
essa per godere di immediato appagamento, con la superficialità e l’inconsapevolezza degli stolti; ma abbiamo definitivamente perduto l’opportunità di conoscere e dominare i suoi magici poteri.
Ma a dimensione spirituale, che è propria dell’animo umano, appartiene
dunque al regno della musica, ed essa è la guida per arrivare alle nostre radici metafisiche, un messaggio diretto alle nostre anime.
E’ sostanza eterea che si percepisce direttamente nel corpo, a partire dall’elemento più intimo, la respirazione.
Ogni musica agisce direttamente sulla respirazione, che va all'unisono con la musica, che la rilassa o la stimola; ma è solo l'inizio di un processo più profondo che si propaga dalla respirazione al resto dell'organismo.
Così, anche il canto ci mette in contatto con la profondità del nostro essere. Parlare del canto è quasi una contraddizione perché il canto vive proprio là dove le parole sacrificano una parte di loro, quella legata al predominio del significato rispetto al suono vocale che ne è il veicolo.
S’intende il canto come una realtà incarnata in cui possono incontrarsi anima e corpo come due dimensioni profondamente unite: mondi concentrici quando siamo con-centrati.
E’ chiaro che possono esserci tante forme di pratica del canto benefiche per l’anima, anche senza che se ne sia necessariamente consapevoli. La consapevolezza che nasce con il canto ci porta a quella pacifica esplosione vitale che può accompagnarci nella vita.
E’ un veicolo di comunione profonda con se stessi, con l’altro e con l’Altro: il mistero della vita.
Conoscere il canto dell’anima è con-nascere insieme all’anima.
Il canto può aiutare a costruire nel cuore dell’uomo un’abitazione gioiosa.
Per essere incarnato, per essere autentico, il canto deve possedere dimora e radici. Perché tutto ciò accada è necessario preparare il corpo, il nostro strumento, a disporsi nel modo più perfetto affinché l’anima si dispieghi, affinché coincidano il nostro sentimento interiore e ciò che vibra nell’intimità di chi, ascoltandoci, riceve la nostra emozione.
Conoscere bene il “corpo della voce” evita che si crei quella frattura, quella desolante separazione fra dentro e fuori, che normalmente e troppo di frequente si vive fra il nostro desiderio di comunicare un’emozione e ciò che l’altro percepisce di noi.
Perfezionare la bellezza del gesto del canto attraverso canzoni, intrecci polifonici o improvvisazioni, ha un’efficacia che non ha a che fare con l’estetica di una forma ma con l’equilibrio e l’integrazione di diversi aspetti della creatività. Un equilibrio armonico che unisce comunicazione emotiva, ascolto profondo e senso di libertà.
E affinché la vibrazione del suono vocale sia profondamente autentica - cioè capace di nutrire l’anima da cui il canto stesso è generato- è necessario conoscere il valore vitale del silenzio.
Poiché il canto è il sacrificio del silenzio, ciò che risuona dopo un’intensa pratica del canto è un nuovo silenzio vivo che ha un grandissimo potere di rigenerazione. Un silenzio che non è arido o disanimato ma fertile e pieno di pace. Essere capaci di ascoltare quest’eco e gli effetti che ha sul corpo è ascoltare la vita che scorre.
Se la mente rimane quieta come quando poco prima cantava, se quella condizione serena permane, di non giudizio, di non imbarazzo, se si riesce a sostenere la bellezza dell’essere senza fare, si può vivere ad uno stato di grazia.

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