Parigi - Il cimitero di Pere Lachaise
Chissà se c’è qualcosa di vero nell’antica credenza che vuole gli scrittori essere gli sciamani dei tempi moderni, perché in grado di intrattenere un dialogo con le anime defunte. Anche se non so di preciso cosa questa credenza voglia dire, a me sembra di averla da sempre coltivata nell’urna segreta della mia anima, sin in tenera età, da quando ho preso l’abitudine a scrivere storie. Non c’è niente di paradossale nel credere che lo scrittore sia una specie di «medium», un essere che ha il potere di mettersi in contatto con le anime di coloro che vogliono far conoscere la loro storia. È come se la parola scritta avesse il potere di evocare esistenze ormai trascorse, di trarre fuori dall’oblio esistenze ignote. Trovo che la scrittura abbia lo stesso potere che nella tradizione sciamanica avevano quelle sostanze allucinogeni in grado di materializzare le immagini e di farci vivere in altre dimensioni. La scrittura ha il potere di attivare la «navigazione dell’anima» e di trasportarci verso mondi sconosciuti.
La mia navigazione s'attivò in un pomeriggio d’estate, quando, dopo alcuni anni dalla morte di mia madre, a noi figli toccò il compito di sgombrare la casa dove lei aveva vissuto negli ultimi vent’anni. Da quella casa portai via degli asciugamani. Quando tornai a Roma e li usai per la prima volta, avvertivo un odore particolare. Era lo stesso odore che per anni avevo percepito tra le mura della casa materna. Senza mai rendermene conto, soltanto nel momento in cui quell’oggetto era stato strappato al luogo, dove aveva fino a qualche giorno prima dimorato, cominciò ad esercitare su di me il potere di evocare la mia esistenza.
Nei momenti in cui mi avvolgevo tra i suoi bianchi pori, la memoria mi riportava a quella casa. Sarà perché la memoria olfattiva è la più originaria e primitiva dell’essere umano, diversa da quella visiva o uditiva, perché è una memoria che s’attiva soltanto quando veniamo a contatto con l’oggetto che ha conservato l’odore o il profumo. La prima volta lo percepii in maniera così intensa d’avvertire una fitta al cuore, come se una freccia lo avesse di colpo e trapassato. All’improvviso mi tornarono in mente l’odore del detersivo che mia madre usava, sempre lo stesso, sempre uguale; l’odore del bucato appena tolto dalla lavatrice; e pian piano sentivo il rumore strascicato dei suoi passi, il suo affaccendarsi quotidiano, il suo sguardo vivace; e la vedevo mentre tranquillamente stendeva i suoi panni; silenziosa, pensosa; ma quelle immagini erano sfuocate; frammentate; mi mancava l’ordine della sequenza; e m’apparivano in ordine sparso; e poi vedevo quel suo leggero tremolio delle mani, e notavo come i suoi indici fossero uguali ai miei; io le sorridevo; ma lei continuava la sua opera; quante carezze sono mancate! Ma non importa. A me è rimasto il profumo del suo bucato e i suoi bianchi asciugamani!
Magazine Racconti
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