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LA NUIT DES TRAQUEES (1980) di Jean Rollin

Creato il 25 ottobre 2008 da Close2me
LA NUIT DES TRAQUEES (1980) di Jean RollinParziale passo falso per Jean Rollin. L’immenso autore visionario, demiurgo di una poetica tanto personale quanto curata, fa dell’astrattismo la parola d’ordine di quest’opera d’ingresso nel nuovo decennio.
Brigitte Lahaie è la musa stordita ed angelica prescelta dal maestro: un corpo che travolge i sensi dello spettatore, accompagnandolo nella vertigine narrativa di chi – senza memoria – intende recuperare con determinazione l’identità smarrita.
"Un giovane, mentre sta rientrando a Parigi, incrocia con i fari della sua auto una bella e giovane ragazza che sembra aver perduto la memoria. Presala a bordo se ne innamora. Da qui si dipana una storia a tratti surreali e a tratti tendente al misterioso." (Horrorcrime.com)
Un concetto, un’illuminazione, talvolta una semplice immagine (occhi trafitti da lucide forbici) per dare il via libera a divagazioni psicanalitiche improbabili. Legami instabili tra immagini geometricamente perfette e gesti estemporanei, a sottolineare per contrasto l’impossibile armonia dell’esistenza. Rollin è innegabilmente esperto nell’evocare atmosfere, situazioni al limite dell’onirico attraverso una messa in scena meticolosa e tuttavia sperimentale. Ma diluire un’intuizione nel bicchiere (colmo) del lungometraggio può rivelarsi pericoloso. Ecco quindi che il baricentro della poetica cede verso la pretenziosità, alternando in un’ora e mezza scarsa dialoghi insostenibili a minime soluzioni visive: le location metropolitane che avvolgono e minacciano i protagonisti, gli interni di un inquietante anonimato, l’aggressività dadaista dell’obitorio.
Un lavoro minore, forse in parte svogliato, che conferma solo in parte le profonde capacità narrative dell’autore. Con molta probabilità il ristretto budget ha imposto non pochi limiti creativi.
Nonostante tutto l’epilogo impossibile, che unisce in una lenta passeggiata le inconciliabili dimensioni della memoria e della morte, connota una grazia poetica che entra senza riserve – e quasi di prepotenza – nella storia del cinema fantastico. 
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