Magazine Cultura
Care ragazze, come ogni settimana eccoci ad un nuovo incontro con le nostre scrittrici esordienti! Questa volta cambiamo totalmente genere e ambientazione, perché ci ritroviamo davanti ad un romance fantasy. Penso che sia splendido quando un’autrice riesce a mescolare generi letterari diversi e chissà che la nostra Vale non abbia fatto un ottimo lavoro. Quello che vi presentiamo non è un vero e proprio racconto però, ma un estratto di un romanzo, e per farci capire meglio la storia, Vale ci ha raccontato che i personaggi sono dotati del potere di manipolare le energie attorno a loro e che per poter usare questo potere, devono semplicemente congiungere i palmi delle mani.Insomma un brevissimo approccio con il romanzo, che sono sicura vi incuriosirà moltissimo e vi farà venire una grandissima voglia di saperne di più!
Come al solito lancio il via ai commenti e vi auguro buona lettura!!!
SereJane
Ps: per chi avesse voglia di provare a scrivere qualcosa, vi ricordo che noi siamo sempre disponibilissime a ricevere i vostri lavori! Non abbiate paura!!;) Non siamo così cattive..;)Eccovi il link con le istruzioni: LINK
SereJane
Athena sentì la mano attorno al suo braccio destro stringere più forte. Inciampò e finì a sbattere contro qualcosa – un muro? – maledicendo il cappuccio che le avevano infilato in testa. La mano l’afferrò più saldamente e la spinse avanti:– Qui dentro, cammina!Udì il suono sibilante delle porte di sicurezza che scorrevano per aprirsi. La mano lasciò la presa e le afferrò con vigore la spalla. Fu schiacciata verso il basso.– Siediti.Con la coscia toccò qualcosa, una sedia forse, ma sbagliò mira e si sentì cadere. D’istinto mosse le braccia per attutire la caduta, ma le manette magnetiche che le costringevano i polsi dietro la schiena non accennarono a cedere. Rovinò sul pavimento con il fianco sinistro. La mano l’artigliò di nuovo per il braccio e la issò in piedi. Poi altre mani la afferrarono e la schiacciarono sulla sedia. Una pressione sulla testa: tornò la luce, il cappuccio gettato sul tavolo davanti a lei. Strabuzzò gli occhi per abituarli alla luminosità: le bruciavano. E bruciava anche il corpo dove aveva sbattuto o dove era stata malmenata. Praticamente ovunque.Si guardò attorno: un’anonima stanza ricoperta a pannelli lucidi grigio scuro; una porta dietro di lei, da cui probabilmente era entrata, una sul lato opposto; fredde luci al neon sopra la sua testa; la sua sedia bianca, dalle forme arrotondate, un tavolo quadrato nel centro, un’altra sedia identica dall’altra parte. Le tre guardie che l’avevano condotta fin lì si erano allineate sul muro di destra. Fissò i soldati: l’armatura completa li rendeva tutti uguali. Erano solo un agglomerato di superfici lisce e riflettenti con un disintegratore assicurato al fianco. Dal visore dell’elmo non si scorgeva nulla dei loro lineamenti. L’armatura e i caschi erano bianchi: soldati semplici. La stanza tremò e si udì il caratteristico sibilo di quando un’aeronave attraversa il limite di un’atmosfera: avevano lasciato il pianeta. Dannazione!Un fischio acuto, i soldati scattarono sull’attenti. E quella non era una bella cosa. La porta davanti a lei si aprì, ne entrarono due uomini e poi si richiuse. I nuovi arrivati indossavano l’alta uniforme: pantaloni e maglia neri con il tronco rinforzato dello stesso materiale delle armature; guanti e stivali di pelle nera lucida, un mantello nero lungo fino ai piedi e il solo visore potenziato davanti al volto. Le guardie eseguirono il saluto militare. Erano probabilmente generali o qualcosa di simile. Uno dei due parlò, il tono di voce modificato dal visore:– Fuori. – risuonò, metallico.I tre eseguirono di nuovo il saluto e imboccarono la porta. I pannelli si richiusero.L’ufficiale che aveva parlato spense il visore e lo schermo riflettente che aveva davanti al volto si dissolse. Il generale Vedran, ovvio. Athena si voltò a fissare il secondo: sarà stato alto uno e novanta, spalle ampie, fisico atletico, sicuramente più giovane del generale… difficile capire altro con quel mantello. Anche il visore lasciava intravvedere soltanto la mascella squadrata, coperta da una barbetta incolta nera, e le labbra sottili.Vedran la fissò con un misto di disgusto e trionfo:– Benvenuta a bordo, mia cara. Oh, quelle non servono. – disse mellifluo il vecchio.Un click metallico e un tonfo sul pavimento: le manette rotolarono in terra, lontano da lei. Athena si massaggiò i polsi doloranti, ma rimase concentrata a fissare l’uomo. Era nei guai.– Spero, – riprese l’altro – che vorrà valutare la possibilità di aiutarci spontaneamente. Ci tengo a precisare che scopriremo comunque ciò che ci interessa, in un modo o nell’altro, quindi per noi non c’è differenza. Altrettanto non si potrà dire per lei. – un altro sorriso crudele.– Sono perplessa. – azzardò, cauta. – Perché tutto questo?– Non giochi con me, signorina. Il Consiglio non è interessato a lei, quindi si consideri sacrificabile. – scandì.– Davvero?– Già. Il Consiglio vuole solo l’Ordine. La nuova generazione.Una voragine le si aprì nel petto. Il cuore cominciò a pompare all’impazzata, le mani a tremarle e la nausea prese il sopravvento: come faceva a sapere che c’era una nuova generazione? Nessuno ne era informato a parte gli anziani, gli adepti e… Jayd! Forse lo avevano catturato? Lo avevano torturato per ottenere informazioni? Le lacrime le salirono agli occhi. Dal giorno dell’attacco in cui era sparito, erano ormai passati due mesi. Che lo avessero ucciso? Le veniva da vomitare. Strinse i pugni e piantò le unghie nei palmi: il dolore l’avrebbe aiutata a rimanere lucida.Jayd era della nuova generazione. Se volevano cercarli e sterminarli, probabilmente lo avevano ucciso. Ma perché Vedran aveva detto che il Consiglio non era interessato a lei? Anche lei era della nuova generazione! Jayd, che ti hanno fatto?– La vedo confusa, signorina. Forse è stupita che siamo a conoscenza della nuova generazione?Il vecchio le lanciò uno sguardo vittorioso. Lei tacque, l’altro continuò a fissarla:– Comandante, penso che possa fare a meno del suo visore.– Generale, non penso che… – disse una voce distorta.– Insisto.Il comandante si morse il labbro superiore e con gesti lentissimi portò entrambe le mani sulla nuca. Un suono metallico e il campo energetico attorno al suo volto scomparve. Athena inorridì: sopra la mascella squadrata, volto pallido e occhi azzurri come il ghiaccio sulle vette di Xandrian. Gli occhi più belli che avesse mai visto. Gli occhi di Jayd. Solo i capelli erano diversi: non più lunghi di un paio di centimetri, rigorosi nel loro taglio militare. La ragazza chiuse gli occhi, si morse il labbro e si girò per rifuggire quella vista. – Ecco, – riprese il generale – ecco cosa ce ne facciamo dell’Ordine! Credevate davvero di rappresentare una preoccupazione per noi? Per favore! Conoscevamo ogni vostro passo, ogni vostra mossa. Avevate una spia in seno all’organizzazione e non ve ne siete mai accorti. Siete patetici!Athena sospirò, faticando a trattenere le lacrime. Era una spia. Jayd era una spia. E loro gli avevano creduto! L’Ordine era spacciato.– Comandante, penso che a questo punto possiate finire da solo.– Certo, generale.Il sibilo delle porte, passi che si allontanavano, di nuovo le porte. Athena si voltò a guardarlo: lui rimaneva immobile a fissarla, lo sguardo indecifrabile. L’aveva ingannata. Aveva ingannato tutti loro! Saltò in piedi, unì le mani e le caricò di energia: la sua sedia volò nella stanza e si schiantò contro di lui. L’uomo si riparò il volto con un braccio. Poi l’altra sedia lo colpì al fianco.– Smettila, vuoi farti scoprire? – urlò.– Scoprire? Lurido bastardo, siamo tutti morti!Unì le mani a formare una palla di energia, poi gliela scagliò contro, con rabbia. Jayd allargò i palmi a fronteggiare il proiettile, i bicipiti tesi a contrastare il colpo. I suoi piedi scivolarono indietro, ma riuscì a deviare l’energia verso il soffitto. Poi si librò in avanti e atterrò al suo fianco. L’afferrò per i polsi e la scaraventò di schiena contro la parete. Un dolore lancinante alla nuca. Prima che avesse il tempo di reagire, fu su di lei. Le tratteneva entrambi i polsi sopra la testa, schiacciandola contro il muro con il suo stesso corpo. Athena poteva sentire il torace di lui espandersi per il respiro affannato.– Non costringermi a farti del male! – gli occhi di ghiaccio a pochi centimetri dai suoi.– Farmi del male? Ci hai condannati a morte! Noi ti avevamo aiutato!Cercò di divincolarsi, ma lui rinsaldò la presa sulle sue mani.– Non sanno di te. A loro interessa solo la nuova generazione.– Io sono della nuova generazione!– Non gli ho detto di te! – urlò, fissandola ancora più intensamente.– E mio zio? Gli hai detto di mio zio? Che ne sarà di lui?Jayd abbassò lo sguardo:– Lo prenderanno…– No… – una lacrima scese lungo la sua guancia sinistra. – Bastardo, sei un bastardo! – urlò, dimenandosi.Un boato, la stanza tremò, Athena si sentì sbattuta in avanti. Finì distesa per terra, con un gran dolore all’anca. Rotolò lontano da Jayd che ancora la tratteneva per un polso.– Questi devono essere i tuoi amici. Sono qui per salvarti. – commentò asciutto, cercando di rialzarsi.La nave tremò ancora sotto i colpi delle esplosioni e ricaddero a terra. Athena si sforzò di unire le mani: doveva riuscire a richiamare la sua energia. Jayd le strattonò il polso che ancora ghermiva e la tirò contro di sé:– Non ci provare! Risparmia le forze: stai per averne bisogno. – si alzò in piedi e senza sforzo se la tirò dietro. – Andiamo.Uscirono dalla porta da cui l’avevano fatta entrare poco prima: il corridoio era invaso dai detriti e guardie armate correvano da tutte le parti. Degli scoppi dietro di loro: abbassarono le teste per non essere investiti dai colpi di disintegratore.– Presto, di qua! – lui imboccò un corridoio secondario.Athena puntò i piedi e cercò di aggrapparsi a qualcosa, ma i pannelli delle pareti erano lisci.– Che stai facendo? Dannazione, Athena, siamo nel mezzo di una battaglia, ci tieni proprio a morire?– Morire? Perché, tu che opzioni mi dai?Uno scoppio assordante e un lampo di luce. Sono morta! La vista le tornò gradualmente: attorno a loro, il campo di forza di Jayd stava schermando entrambi. Lo fissò: perché proteggeva anche lei? Ci teneva così tanto a sottoporla all’interrogatorio? Dei fasci laser si infransero sulla barriera, che li assorbì senza problemi. Jayd l’attirò vicino e piegò la testa per guardarla dritta negli occhi:– Andiamocene di qui, non è sicuro. – sillabò, alzando le sopracciglia.Si incamminò lungo il corridoio, con lei che faticava a stargli dietro. Svoltò alcune volte, fino ad una zona dove i suoni dello scontro giungevano ovattati. Si incuneò in un vano tra due pannelli elettrici. Athena lo fissò perplessa.– Entra.Lei restò immobile.– Entra, ti ho detto.Nessuna reazione. Il soldato sospirò:– Perché devi sempre rendere tutto così difficile?La tirò ancora per il polso. Lei allungò le braccia in avanti per puntellarsi. I suoi palmi incontrarono il petto solido di lui. Athena sentì il braccio libero di Jayd passarle sulla schiena e trattenerla per la vita, mentre l’uomo muoveva l’altra mano fino ad intrecciare le dita con le sue. La fissò con quegli angelici occhi color ghiaccio. Gli occhi di un demone.– I tuoi sono nel corridoio 57: esci da questo vano, procedi a sinistra per una decina di metri e poi entra nella porta di sicurezza. Andatevene. Non pensare nemmeno per un secondo di andare a salvare qualcuno: vattene e metti più strada possibile fra il Consiglio e voi, mi sono spiegato?– E lasciare mio zio?– Vattene, Athena, questa volta è andata bene, ma non è detto che la prossima vada altrettanto. Vattene. – abbassò la testa fino a toccarla fronte a fronte. – Ti prego.Sentiva il respiro di lui sulle sue labbra e il calore emanato dalla sua pelle contro il suo viso.– Ci hai traditi… – disse lei, con un filo di voce.La mano di lui salì lungo la sua schiena.– Non ho avuto scelta. Il Consiglio non ammette defezioni. – chiuse gli occhi.– Vieni con me. Scappa anche tu.– Non posso. Credimi, non posso.Jayd le lasciò andare la mano. Ad occhi socchiusi posò l’indice sulla sua tempia e iniziò a seguire il profilo del suo volto: la tempia, la guancia, le labbra, il mento…– Perché non gli hai detto di me? – Athena chiuse gli occhi. Aveva paura di sapere la risposta.Sotto i palmi, Athena sentì i pettorali dell’uomo contrarsi e il battito farsi più rapido. Il braccio che aveva dietro la schiena la schiacciò contro il suo corpo. Jayd sporse il mento in avanti: la barba corta le pizzicò le guancie.– Non l’hai ancora capito?La guardò dritta negli occhi come se potesse leggerle direttamente dentro il cervello. Sentì un brivido attraversarle la spina dorsale: non era sicura di volere che lui sapesse che cosa stava pensando.Le dita di lui indugiarono sul suo mento e l’attirarono a sé, mentre inclinava il viso per andarle incontro. Un tocco lieve, poi un altro, poi un altro ancora. Sentì le labbra di Jayd accarezzare le sue, leggere. Poi iniziò a muoverle: avvertì l’umido della sua bocca e il suo respiro caldo. Le dita di lui le accarezzavano la nuca, insinuandosi tra i capelli. Doveva resistere, doveva resistergli! Jayd dischiuse le labbra e sfiorò le sue con la lingua. I proposito di Athena andarono perduti. Gli passò un braccio dietro al collo per attirarlo a sé e prese a mordicchiargli le labbra. Lui afferrò la sua nuca e l’avvicinò ancora: Athena lo sentì dischiudere la bocca e infilare la lingua nella sua. Le loro lingue si sfiorarono.Un altro boato esplose e lo scoppio li gettò riversi sul pavimento. I passi di molti soldati risuonarono nel corridoio. Jayd la rimise in piedi:– Scappa. Adesso!La spinse via e si lanciò verso le guardie in arrivo.
Vale
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