Mi ricordo di un tema, al liceo, in cui ci si doveva sforzare di vederci con gli occhi di un animale. Scrissi di un cane che veniva trascinato allo stadio dal suo padrone, e assisteva allo scoppio di una violenta rissa tra tifosi. Chissà se, nascendo alle Azzorre, avrei scritto di balene e balenieri.
"Sempre così affannati, e con lunghi arti che spesso agitano. E come sono poco rotondi, senza la maestosità delle forme compiute e sufficienti, ma con una piccola testa mobile nella quale pare si concentri tutta la loro strana vita. Arrivano scivolando sul mare, ma non nuotando, quasi fossero uccelli, e danno la morte con fragilità e graziosa ferocia. Stanno a lungo in silenzio, ma poi tra loro gridano con furia improvvisa, con un groviglio di suoni che quasi non varia e ai quali manca la perfezione dei nostri suoni essenziali: richiamo, amore, pianto di lutto. E come dev'essere penoso il loro amarsi. e ispido, quasi brusco, immediato, senza una soffice coltre di grasso, favorito dalla loro natura filiforme che non prevede l'eroica difficoltà dell'unione nè i magnifici e teneri sforzi per conseguirla.Non amano l'acqua, e la temono, e non si capisce perchè la frequentino. Anche loro vanno a branchi, ma non portano femmine, e si indovina che esse stiano altrove, ma sono sempre invisibili. A volte cantano, ma solo per sè, e il loro canto non è un richiamo ma una forma di struggente lamento.Si stancano presto, e quando cala la sera si distendono sulle piccole isole che li conducono e forse si addormentano o guardano la luna. Scivolano via in silenzio e si capisce che sono tristi."Antonio TabucchiDonna di Porto PimPag. 89





