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La parola all’editore: Pietro Del Vecchio

Creato il 14 febbraio 2011 da Libriconsigliati



Dopo aver recensito il bel romanzo di Nathalie Kuperman, Colazione con Mick Jagger, I santi padri di Carmela Cammarata, e avervi presentato il divertente esordio di Angelo Orlando Meloni con Io non ci volevo venire qui, approfondiamo la conoscenza con la Del Vecchio, giovane casa editrice romana, proponendovi una breve intervista (in esclusiva per i lettori di Libri Consigliati) con l’editore, Pietro Del Vecchio.

Del Vecchio editore

Del Vecchio editore

R. Benvenuto, Pietro. La Del Vecchio editore è “una casa editrice giovane”, come voi stessi sottolineate, ed è giovane “in tutti i sensi”. Il riferimento alla novità del progetto editoriale e alla giovane età dei singoli è manifesto. Ci parli delle motivazioni che l’hanno convinta della necessità di proporre al pubblico italiano un nuovo soggetto editoriale

Del Vecchio Non vi è stata alcuna necessità. Non mi sono subito posto il problema di cosa il panorama editoriale italiano avesse bisogno. Ci siamo trovati tra amici, quindi fra coetanei, e abbiamo pensato di pubblicare i libri che ci piacevano e che non trovavamo tradotti. Del Vecchio editore è una casa editrice che è nata da una passione per la lettura, per i testi e per il libro come oggetto materiale. Noi facciamo libri, e uso non a caso il verbo ‘fare’ e non ‘produrre’ che rimanda a una dimensione industriale che non ci appartiene: facciamo i nostri libri con cura e non sapremmo fare altro. Riguardo la gioventù come manifesto, credo che adesso dopo qualche anno quel testo dovrebbe essere riscritto. Siamo ancora giovani, ma siamo anche molto altro.

R. Quanta determinazione e quanta caparbietà sono richieste a un gruppo di giovani professionisti che si affacciano sulla scena del panorama editoriale italiano, in un momento storico in cui la ricerca di una qualità formale e sostanziale paiono passare in secondo piano rispetto alla brutale forza d’impatto delle logiche di marketing e della distribuzione concentrata nelle mani di pochi, grandi gruppi di potere?

Del Vecchio Sicuramente moltissima. Le anomalie sono sotto gli occhi di tutti, e lo sono da anni. I conflitti di interesse falsano i valori in campo, gli editori sono distributori, librai, promotori, perfino stampatori allo stesso tempo. Questo strapotere economico gli permette di fare tutto. Di essere onnivori e puntare a tutte le fasce di mercato e di pagare anticipi alti agli autori migliori o diciamo che, al di fuori della qualità, vendono. Vista così è davvero dura. Ma bisogna darsi da fare, e guardare oltre.

Il problema non è solo questo. Si legge poco in Italia ma non mancano i lettori di buoni libri. La cosa difficile per un piccolo editore è far arrivare i nostri libri nelle loro mani. Ma qualche piccolo ce l’ha fatta e questo ci incoraggia.

Altro discorso per le politiche culturali. Scontiamo anni di immobilismo, a volte anche ideologico. Due esempi per tutti: in Italia non abbiamo una legge sul libro degna di tale nome, a differenza di quanto accade quasi dappertutto; in Germania, in occasione della Fiera di Francoforte, molti quotidiani nazionali aprono con le notizie culturali.

R. Alla luce della precedente riflessione, propongo anche a lei un interrogativo che ritengo dovrebbe essere tema di confronto fra editori indipendenti: ritiene sia una scelta appagante al giorno d’oggi puntare a una riscoperta della qualità senza compromessi? Quali le sfide che affrontate quotidianamente e quanto queste incidono sulle vostre convinzioni, sulla necessità di proseguire un cammino iniziato con ottimi presupposti?

Del Vecchio Noi puntiamo già alla qualità senza compromessi, a partire dallo stesso confezionamento materiale dei nostri libri. Per quanto riguarda i testi, ogni scelta è frutto di ragionamenti redazionali o editoriali, mai commerciali. Non è sicuramente facile da un punto di vista economico, ma neanche impossibile. Secondo le logiche di mercato, ad esempio, la nostra collana di poesia sarebbe già nata morta: siamo invece orgogliosi di averla fatta diventare  un punto d riferimento per numerosi appassionati e studiosi. Siamo ancora abbastanza piccoli da poterci permettere questo modo di ragionare e affrontare il nostro lavoro, e l’esperienza ci insegna che è una scelta che paga.

R. Torniamo a concentrarci sul lavoro della Del Vecchio. Quali le collane “di punta” nel vostro catalogo? L’attenzione per gli autori stranieri limita la vostra ricerca di voci nuove nel nostro Paese? Un cenno agli ultimi titoli pubblicati da Del Vecchio e a quelli in procinto di pubblicazione.

Del Vecchio La collana “Poesia”, come le accennavo, ci ha aperto numerose porte. Pubblichiamo autori già affermati nel panorama internazionale, ma non ancora canonizzati in Italia: Carol Ann Duffy, poet laureate, Stephen Dunn, premio Pulitzer, Hilde Domin, una delle più important voci poetiche del ’900 tedesco. Anche la collana “Noir” è, possiamo dire, una collana di ricerca, volta a importare in Italia autori che affrontano il genere senza essere scrittori di genere, con variazioni ed esiti affatto disparati anche da un punto di vista stilistico, oltre che tematico: penso ad esempio a Robert Hueltner, autore di una serie di romanzi ambientati nella Baviera degli anni ’20 e ’30 del secolo scorso, segnata dall’ascesa del partito nazionalsocialista; oppure al Mali di Moussa Konaté, vividamente tratteggiati da quello che possiamo considerare uno dei migliori scrittori d’Africa, o alle Canarie di José Luis Correa, con il suo protagonista carvalhano, Ricaro Blanco; oppure a Laurent Martin che costruisce il suo romanzo come una tragedia greca con tanto di coro, corifeo ed eroe.

Con la collana “Narrativa” abbamo fatto una recente scorpacciata di autrici della nuova narrativa francese, Aude Walker, Nathalie Kuperman e, soprattutto, Yasmine Ghata con il suo “La bambina che imparò a non parlare”. Un romanzo meraviglioso costruito sul silenzio e sull’assenza che sta ottenendo un certo successo. Per quanto riguarda le novità, segnalo per la collana Poesia l’irlandese Ciaran Carson che con il suo “Prima lingua”, ottimamente tradotto da Marco Federici e Lorenzo Flabbi, affornta i temi della ‘scrittura’ e della ‘ri-scrittura’ come processo creativo; per la collana Noir continueranno le avventure dei nostri ispettori seriali, Kajetan di Hueltner, Blanco di Correa e Sosso di Konaté; per la collana Narrativa avremo un anno particolarmente votato alla letteratura tedesca, con autori di grandissima rilevanza come Lutz Seiler, uno de più importanti scrittori tedeschi contemporanei che inaugurerà la nostra nuova collana di racconti, Tillman Rammstedt, uno dei nuovi “berlinesi” e Birgit Vanderbeke. La collana L’italiana è l’ultima nata in casa Del Vecchio, proprio perché fino a ora l’attenzione alla letteratura in traduzione è stata prevalente. Stiamo selezionando però autori di provenienza ed età differente, che non anticipo adesso, ma di cui sentirete parlare. Intanto sono molto felice di quelli già pubblicati, Andrea Ballarini e Carmela Cammarata che mostrano una capacità di raccontare storie che non far rimpianger nessuno degli autori stranieri che ci sono tanto cari.

intervista a cura di Roberto Giungato per Libri Consigliati

LEGGI ANCHE:  recensione di Colazione con Mick Jagger, recensione de I santi padri; recensione di Io non ci volevo venire qui.


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