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La preghiera tra i boschi

Creato il 25 luglio 2011 da Fernando @fernandomartel2

Salendo a Borgata Ferria una domenica mattina…http://www.youtube.com/watch?v=ZdLPt760kXM

La preghiera tra i boschi

Trovo strano che nessuno dei ragazzi africani sia per strada o davanti alla chiesa. Di solito c’è sempre qualcuno che parla al cellulare, o siede su gradini della chiesa a sfogare la rabbia di una discussione, qualcuno che ciondola per strada. Anche la Domenica mattina, quando tanti vanno a messa al santuario, qualcuno c’è sempre. Stamattina no, é tutto vuoto. Parcheggio l’auto e mi chiedo a chi lascerò le biciclette che ho portato per Prince e Janet, se sono tutti a messa, mi toccherà aspettarli. Oggi devo portare a casa con me, per il pranzo della domenica, quattro ragazze: Queen, Louise, Blessy e Doris,  la più giovane di tutte . Scendo dalla macchina e nell’aprire la porta, mi giunge un coro di voci esotiche, che sembrano discutere nel solito modo animato, a cui ho cominciato a far abitudine. Le loro voci colorate non mi spaventano più, il loro clamore mi è diventato familiare e i miei sensi si preoccupano di più quando non li sento ormai. Le voci mi giungono familiari ma strane, non riconosco le loro discussioni. In quel modo non le ho ancora sentite. Richiudo l’auto e scruto dopo le auto nel parcheggio e mi appaiono così, come li potete vedere in questo video, che ho immediatamente registrato: stanno pregando. Hanno sistemato due panche e si sono riuniti in preghiera. Comprendo la loro stanchezza di sentir recitare messe in italiano senza poter comprendere le parole, di restare muti, inattivi durante le funzioni religiose del parroco del santuario. Abbiamo potuto vedere nei film su Martin Luther King, che il loro partecipare ad una messa è parlare, cantare, battere di mani: partecipare attivamente. Ecco cosa stanno facendo: stanno pregando! Stanchi di essere da oltre due mesi fotografati con chiunque ha voluto, loro tramite, conquistare un piccolo spazio nella cronaca dei giornali locali. Stanchi di non poter cucinare le loro pietanze (sennò una ditta italiana perde il lavoro di preparare per loro cibi che non piacciono), stanchi di essere prigionieri nell’isolamento dei boschi( hanno un permesso di soggiorno che in teoria consente ad ognuno di loro di poter viaggiare su tutto il territorio nazionale, ma nella pratica devono firmare un foglio in cui dicono dove vanno e quando tornano. Ore di aria libera in città) stanchi di delegare ad altri preghiere che intuiscono non chiedono quello che a loro interessa (e che non fruiscono nessun effetto). Dopo essersi rivolti a chiunque gli si sia presentato come una autorità, che interceda per loro che vorrebbero una casa tra altre case, di convivere uomini e donne tra uomini e donne, un lavoro, hanno deciso di riappropriarsi almeno di quella parte della loro vita che produce ancora speranza: la loro fede. Hanno inventato una chiesa tra le auto e i castagneti, a cielo aperto, là, dove un prete lascia chiuse le porte della chiesa della borgata, per far messa per i turisti al santuario, hanno inventato un loro tramite diretto con Dio, uno che parla la loro lingua, che ha le loro necessità, che é loro, e si sono rivolti al Padreterno direttamente.  Hanno la voce forte, che si espande e dilata tra i rami dei faggi e castagni e che, forse, qualche probabilità in più, di arrivare davvero a Dio, ce l’ha. Pregano. Così forte, così in tanti, che un piccolo segno ce l’hanno immediatamente: dall’imbuto della strada che rigurgita ogni tanto una macchina piena di domenicali braciolanti provenienti dalla città, si notano, oltre i vetri dei finestrini, volti muti di meraviglia; non hanno mai visto una cosa simile, con quanto fervore pregano! Poi il piccolo segno divino, diventa più tangibile: un giovane italiano, uno di quelli che lavorano con (per merito)loro, uno di quelli che gli scaldano le vivande precotte e sedano le loro discussioni, si viene a sedere sulle loro panche, al loro fianco e prega con loro. E prima di “entrare” nello spazio dove si prega, si fa il segno della croce. Allora io comprendo che la cosa  funziona! I boyscout che risalgono dall’imbuto della strada ( anche loro arrivano da Torino, come i braciolanti), ammutoliscono nel passargli accanto ed una Daniela,  arrabiatissima vicina di casa, con alcuni di loro che continuano a gettare carte e bicchieri di plastica nella strada e che il vento trasporta nel suo orto, che nel vederli pregare, su un piazzale di parcheggio, si commuove e perdona, capisce e solidarizza, per la loro chiesa chiusa. E la loro voce si alza oltre i crinali, va verso l’Alto, a chiedere un futuro e una vita a chi, forse l’Unico che può davvero qualcosa. Visto che ad andar giù, in città, là dove contano gli uomini, non é cambiato niente per loro, negli ultimi due mesi.

La preghiera tra i boschi

http://www.youtube.com/watch?v=gVEcN31lEoQ



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