di Stefano Dossi
Il lancio del satellite sovietico Sputnik I, nell’ottobre del 1957, e dell’Explorer statunitense poco tempo dopo, diedero il via a una vera e propria corsa allo spazio extra-atmosferico. Il potenziale militare dell’ambiente spaziale fu subito intuito e temuto. È infatti importante notare come la rivoluzione dello Sputnik fu considerata non tanto una scoperta in campo scientifico, quanto in campo militare-strategico.
Lo spazio era, e tuttora è, la quintessenza della regola aurea della strategia poiché nessun ambiente meglio di questo rappresenta l’high ground tanto necessario in qualsiasi calcolo strategico dall’antichità sino ai nostri tempi. La preoccupazione delle due superpotenze durante la Guerra Fredda consisteva nel fatto che gli sviluppi tecnologici in campo spaziale potessero portare alla creazione di sistemi d’arma basati nello spazio e caricati con testate nucleari. Il terrore derivante dalla possibilità di avere una ‘spada di Damocle’ nucleare pendente sopra le loro teste portò Stati Uniti e Unione Sovietica ad iniziare una corsa allo sviluppo di tecnologie spaziali sempre più sofisticate ma anche a dare un avvio consensuale a un processo di regolarizzazione giuridica delle attività nel ‘quarto ambiente’ nell’ambito delle Nazioni Unite. Per prima cosa, attraverso la risoluzione 1721 del 20 dicembre 1961, la giurisdizione della ‘Carta delle Nazioni Unite’ è stata estesa allo spazio con conseguente divieto per gli Stati di utilizzo della forza, come da art. 2.4 della Carta, ma dando anche la possibilità di azione in legittima difesa, come da art. 51. In secondo luogo, tra la fine degli anni Cinquanta e la fine degli anni Sessanta sono stati conclusi diversi trattati internazionali le cui norme sono state subito accettate e condivise nella pratica degli Stati, tanto che alcuni studiosi sono arrivati a parlare di “consuetudinarizzazione istantanea”.
Conviene a questo punto fare una distinzione tra militarizzazione e weaponization dello spazio. Il primo termine si riferisce, in generale, a qualsiasi uso dello spazio extra-atmosferico per fini militari. Questo significa dunque che i satelliti e ogni oggetto in orbita che sia stato progettato anche solo per sostegno alle operazioni militari andrebbero ad aggiungere un tassello al fenomeno della “militarizzazione dello spazio”. L’identificazione di tali oggetti è però difficile dato che la maggior parte di essi sono dual-use, possono cioè essere utilizzati sia per fini civili che militari (tale duplicità è intrinseca ad essi). Si pensi, per esempio, alla possibilità di utilizzare un satellite meteorologico come satellite spia. L’utilizzo militare dello spazio, sebbene avversato agli inizi dell’era spaziale, è stato generalmente accettato dalla comunità internazionale per la sua essenziale importanza.
Non bisogna però confondere la militarizzazione dello spazio con la weaponization. Quest’ultima si riferisce, stricto sensu, al posizionamento di armi nell’ambiente spaziale, quindi “armi spaziali”.
Le proposte per evitare una weaponization dello spazio extra-atmosferico – L’idea della creazione di uno strumento vincolante teso a prevenire la corsa agli armamenti nello spazio non è una novità. Già nel 1981 l’Unione Sovietica aveva proposto l’elaborazione di un Trattato internazionale e aveva sottoposto all’Assemblea Generale una «bozza di Trattato sulla proibizione del posizionamento di qualsiasi tipo di arma nello spazio extra-atmosferico». Tale proposta non fu accolta favorevolmente dagli Stati Uniti, che la ritenevano poco efficace per il raggiungimento della pace nel mondo ed erano convinti che tale accordo avrebbe portato vantaggi ai Sovietici, visto il loro programma anti-satellitare [1]. La Cina aveva, fin dalla metà degli anni Ottanta, sostenuto l’importanza della negoziazione di un Trattato vincolante per evitare la weaponization dello spazio. Questo impegno nell’ambito del disarmo spaziale fu una risposta alle preoccupazioni sorte nell’esecutivo cinese dopo il discorso di Reagan riguardante la SDI (Space Defense Initiative). L’élite cinese vedeva infatti questo progetto come un tentativo da parte degli USA di «ottenere una superiorità nucleare sull’Unione Sovietica e utilizzarla per assicurarsi una first strike capability»[2]. Nel marzo 1985, infatti, la delegazione cinese presentò un foglio di lavoro (CD/579) alla Conferenza sul Disarmo, nel quale sottolineò l’emergente minaccia rappresentata dai missili anti-balistici e dalle armi anti-satellite e ribadì con forza l’importanza dell’utilizzo esclusivamente pacifico dello spazio extra-atmosferico.
Il 1° novembre 1999, con 138 voti a favore e nessuno contrario (Stati Uniti e Israele si astennero), fu approvata dall’Assemblea Generale una risoluzione che si occupava della prevenzione della corsa agli armamenti nello spazio affermando la volontà degli Stati di condurre le esplorazioni nell’ambiente extra-atmosferico per propositi pacifici e nell’interesse di tutti i Paesi.
Il 28 giugno del 2002 Russia e Cina, insieme a altri cinque Stati (Vietnam, Indonesia, Bielorussia, Zimbawe, Siria), prensentarono un foglio di lavoro intitolato «Possible Elements for a Future International Legal Agreement on the Prevention of the Deployment of Weapons in Outer Space, the Threat or Use of Force Against Outer Space Objects». Il documento affermava, inter alia, che questi Stati erano d’accordo con un approccio di hard law verso la prevenzione degli armamenti nello spazio e che, peraltro, questo fosse l’unico modo per assicurare la sicurezza del quarto ambiente.
Questa proposta fu ulteriormente sviluppata attraverso due documenti presentati il 22 maggio del 2006: il primo si occupa degli aspetti riguardanti le possibilità di verifica legate alla PAROS, nel secondo invece si discute dell’importanza e delle difficoltà legate all’introduzione delle definizioni in un Trattato sulla PAROS, queste ultime dipendenti soprattutto, come abbiamo visto, da divergenze politiche.
Il 28 febbraio 2008 Russia e Cina presentarono alla Conferenza sul Disarmo la bozza del «Trattato sulla prevenzione del collocamento delle armi nello spazio e della minaccia o uso della forza contro oggetti spaziali» e, il 10 giugno 2014, introdussero la versione emendata di questa proposta. In questa analisi l’autore si propone di analizzare il testo di queste ultime proposte evidenziandone le potenzialità e le criticità.
Il Trattato sulla prevenzione dello spiegamento di armi nello Spazio, la minaccia o l’uso della forza contro gli oggetti spaziali (PPWT): la bozza del 2008 – La bozza di Trattato presentata nel 2008 è composta da un preambolo e da 14 articoli. Nel preambolo si riafferma, per prima cosa, il ruolo fondamentale dello spazio per l’umanità e il diritto di tutti gli Stati all’esplorazione e all’uso dello spazio per fini pacifici. In secondo luogo viene riconosciuta la pericolosità per gli oggetti spaziali e per la pace e la sicurezza internazionale rappresentata da una corsa agli armamenti nello spazio e dal collocamento di armi in questa zona. In ultimo, il Preambolo richiama l’Assemblea Generale ad analizzare ulteriori misure che possano prevenire una corsa agli armamenti.
L’art. I della proposta di Trattato consiste in un elenco di definizioni chiave utili per la comprensione delle altre norme. Il primo concetto chiarito è quello di “spazio extra-atmosferico” che è descritto come lo spazio oltre i 100 km di altezza sopra il livello del mare.
Viene poi definito un “oggetto spaziale” come «qualsiasi dispositivo progettato per svolgere le sue funzioni nello spazio extra-atmosferico che sia lanciato in orbita attorno a un qualsiasi corpo celeste, o posto in orbita attorno a un qualsiasi corpo celeste, o sopra qualsiasi corpo celeste, esclusa la Terra, o che stia lasciando l’orbita di un corpo celeste e sia diretto verso lo stesso, o che si stia spostando da un corpo celeste verso un altro corpo celeste, o che sia posizionato nello spazio extra-atmosferico attraverso qualsiasi altro mezzo»(Art.I, b).
Di particolare interesse per la nostra analisi sono però le definizioni di “arma nello spazio” e “uso della forza” o “minaccia della forza”.
Le armi nello spazio sono definite come un qualsiasi dispositivo che: a) è posto nello spazio extra-atmosferico; b) è stato prodotto o convertito per distruggere, danneggiare o interrompere il funzionamento di oggetti nello spazio, sulla Terra o nell’atmosfera terrestre; c) è stato prodotto per eliminare componenti della biosfera importanti per la vita umana o arrecare danno a essi. Un’arma può essere considerata posta nello spazio se «compie almeno un’intera orbita, o percorre una parte di tale orbita per poi allontanarsi da essa, o è basata permanentemente nello spazio»(Art.I, d).
L’uso o la “minaccia della forza” consistono in «qualsiasi atto ostile contro oggetti nello spazio inclusi, inter alia, azioni finalizzate alla loro distruzione, al danneggiamento, all’interruzione momentanea o permanente delle loro funzioni o al cambiamento delle loro orbite, o la minaccia di tali atti»(Art.I, e).
L’art. II rappresenta senza dubbio la norma più importante nella bozza di trattato del 2008 e dispone che «gli Stati parte si impegnano a: a) non posizionare nell’orbita terrestre nessun oggetto che trasporti armi di alcun tipo, b) a non installare queste armi sui corpi celesti e a non posizionarle nello spazio in alcun modo; c) a non fare ricorso alla minaccia o all’uso della forza contro oggetti nello spazio: d) a non aiutare o indurre altri Stati o gruppi di Stati o Organizzazioni Internazionali a prendere parte ad attività proibite da questo Trattato».
Questa norma deve essere letta insieme agli artt. IV e V secondo i quali nulla nel Trattato impedisce agli Stati parte di: a) esplorare e usare lo spazio per fini pacifici in accordo con il diritto internazionale, compresa la Carta delle Nazioni Unite e l’OST (art. IV); b) esercitare il diritto alla “legittima difesa” come da art. 51 della Carta delle Nazioni Unite (art. V).
Il Trattato prosegue poi parlando delle misure tese a rafforzare la fiducia che devono essere concordate su base volontaria dagli Stati Parte. Queste misure non sono specificate nella bozza ma, come dice il testo dell’art. VI, “saranno specificate in un Protocollo addizionale”.
Per controllare l’attuazione delle norme, la proposta di Accordo prevede che gli Stati Parte istituiscano un “organismo esecutivo” che: a) accetti le segnalazioni di qualsiasi Stato Parte, o gruppo di Stati, che abbia ragione di credere che un altro Stato Parte stia agendo in violazione delle norme del Trattato; b) consideri le questioni riguardanti il rispetto delle norme; c) organizzi consultazioni per risolvere controversie tra gli Stati Parte riguardanti la violazione del Trattato da parte di uno di essi; d) faccia raccomandazioni per far cessare la violazione. Questo organismo non viene però istituito dal PPWT ma deve essere oggetto di un protocollo addizionale futuro.(Art. VIII)
Le altre norme si occupano poi degli emendamenti, della durata (e del recesso dal Trattato) e dell’entrata in vigore del Trattato. Riguardo ai primi è importante sottolineare che essi possono essere adottati con la maggioranza dei voti degli Stati Parte (art. X). Con riferimento alla durata l’art. XI afferma che il Trattato non ha limiti di tempo e che il recesso da esso sia giustificato nel caso di pericolo per i “supremi interessi” dello Stato parte. L’art. XII dispone invece che il Trattato possa entrare in vigore dopo essere stato ratificato da venti Stati, ivi compresi tutti i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza.
Le critiche al PPWT del 2008 – Come abbiamo già detto nel paragrafo precedente, l’art. I della proposta di Trattato si occupa di dare alcune definizioni la cui determinazione è tutt’ora soggetta a visioni differenti. Gli interessi degli Stati in campo spaziale sono infatti troppo forti e divergenti perché si possa arrivare a definizioni certe e totalmente condivise.
Nel Trattato troviamo una definizione di ciò che si debba intendere per ‘spazio extra-atmosferico’. Le delegazioni hanno in questo caso cercato di porre fine al lungo dibattito riguardante la delimitazione dello spazio stabilendo un confine ben preciso tra spazio aereo e extra-atmosferico. Tale definizione non sembra però essere applicabile a tutte le questioni riguardanti lo spazio, ma può essere considerata sufficiente per i fini del Trattato poiché è l’altezza minima che può essere raggiunta da un satellite artificiale [5]. Sebbene questa definizione sia intesa solo a coprire i propositi del PPWT, essa ha rappresentato un forte ostacolo all’accettazione della bozza da parte degli Stati dal momento che la condivisione della proposta russo-cinese avrebbe implicato il riconoscimento dei 100 chilometri come limite tra spazio extra-atmosferico e spazio atmosferico. Fino ad oggi, infatti, gli Stati non hanno trovato un accordo su tale delimitazione.
La definizione di “arma nello spazio” lascia aperte questioni molto più articolate. Il PPWT considera un oggetto come arma nello spazio se esso è basato nello spazio e se è specificatamente creato o riconvertito per distruggere danneggiare o interrompere il funzionamento di un altro oggetto nello spazio, sulla Terra o nell’atmosfera terrestre. Date queste caratteristiche i sistemi ASAT (anti-satellite) basati sulla Terra, sul mare o in aria, non sarebbero da considerare come “armi nello spazio” poiché non sono fisicamente basati nell’ambiente extra-atmosferico. Da questa definizione sono poi esclusi anche i satelliti dual use e i missili balistici [6]. I primi possono essere spostati dalla propria orbita di proposito e essere indirizzati contro un altro satellite causando ingenti danni; i secondi possono essere estremamente efficaci se lanciati per intercettare un satellite [7]. Nello spazio vi sono poi molti oggetti che si occupano di riparare o rifornire i satelliti o di raccogliere il debris spaziale e potrebbero essere usati come armi. Un esempio di oggetto spaziale dual use è l’XSS-11: è un satellite statunitense progettato per riparare altri oggetti nello spazio ma la sua abilità di manovrare i satelliti lascia ad esso anche la possibilità di distruggerli o di danneggiarli [8].
Come conseguenza di questa mancanza il PPWT non limita in alcun modo lo sviluppo, la sperimentazione e lo spiegamento di sistemi missilistici di difesa né di altri dispostivi ASAT con base sulla Terra, sul mare o in aria.
Cina e Russia hanno affermato che il PPWT non proibisce lo sviluppo di dispositivi ASAT con base su terra, mare o in aria a causa delle difficoltà legate alla verifica di queste attività. Le delegazioni hanno inoltre spiegato che la sperimentazione di tali sistemi d’arma non è vietata dalla bozza di Trattato in quanto la localizzazione di essi è molto ardua[9]. Si può quindi sostenere che l’esperimento cinese del 2007e quello statunitense del 2008, in risposta al primo, siano leciti [10]. Gli autori della bozza hanno puntualizzato infatti che la sperimentazione dei sistemi ASAT contro propri oggetti nello spazio è permessa ma solo in circostanze eccezionali come nel caso in cui un oggetto spaziale sia fuori controllo e rischi di arrecare danni ad altri oggetti nello spazio, alle attività sulla superficie terrestre o nell’atmosfera. In questi particolari casi è necessario che uno Stato intervenga contro un proprio oggetto spaziale per minimizzare i possibili danni [11].
Il fatto che i dispostivi ASAT non siano compresi nel PPWT è particolarmente grave. Nessuno Stato ha posto fino ad ora armi offensive nello spazio e non sembra che vi siano intenzioni in tal senso nel breve periodo (nel lungo periodo tale situazione è però verosimile), ma ad oggi un numero crescente di Stati si sta dotando di capacità anti-satellite, soprattutto con base sulla Terra. Questi congegni sono probabilmente il modo più veloce, semplice ed efficace per attaccare oggetti spaziali. I satelliti sono poi particolarmente vulnerabili poiché la loro traiettoria è prevedibile; questo li rende un bersaglio molto facile. Peraltro i dispositivi ASAT sono stati recentemente testati e suscitano grande preoccupazione in ambito internazionale dal momento che potrebbero essere usati in caso di conflitto. Alcuni esperti ritengono infatti che essi rappresentino la minaccia più grave a breve termine per la sicurezza dello spazio [12]. Nell’ambito della comunità internazionale si sta però sviluppando un consenso riguardante la proibizione di questi sistemi d’arma. Russia e Cina hanno riconosciuto la possibilità di aggiungere come elemento addizionale al PPWT una norma che vieti i sistemi ASAT. La Cina ha poi affermato di essere d’accordo con un divieto globale di questi dispostivi, che sarebbe in linea con il PPWT e potrebbe essere facilmente inserito all’interno del Trattato [13].
La proposta di trattato non chiarisce poi i termini “minaccia della forza” e “uso della forza”. La definizione data nel testo è infatti molto generale e lascia ampie possibilità di interpretazione. Tutte le azioni “ostili” contro oggetti nello spazio sono da considerare vietate e allo stesso modo lo è la minaccia di esse. Alcuni si sono chiesti se i dispositivi di disturbo delle trasmissioni usati contro oggetti spaziali possano essere considerati come rientranti in tale divieto dal momento che essi esistono già e sono usati in situazioni di guerra [14]. La risposta sembra essere affermativa poiché questi dispostivi sono creati per interrompere il normale funzionamento degli oggetti nell’ambiente extra-atmosferico. L’utilizzo di tutti questi congegni contro oggetti spaziali deve quindi essere considerato proibito dal PPWT. L’uso della forza nell’art. I richiede l’intenzionalità (l’azione deve essere “ostile”) [15].
Un altro problema legato al PPWT riguarda la possibilità di azione in legittima difesa. L’art. V afferma, come visto, che nessuna norma del Trattato impedisce agli Stati parte di agire in legittima difesa. La questione in questo caso non riguarda il fatto che la bozza permetta a uno Stato parte di agire per difendere se stesso, dal momento che tale possibilità è prevista dalla Carta delle Nazioni Unite (art. 51) ed è quindi da considerare come norma consuetudinaria. Il problema su cui diversi studiosi si sono interrogati è il contrasto tra l’art. II e l’art. V della proposta di Trattato. Alcuni pensano che i divieti contenuti nel primo possano essere annullati dalla possibilità per gli Stati parte di agire in legittima difesa nello spazio. Non vengono infatti specificate le situazioni che possano azionare la legittima difesa né i limiti di utilizzo di essa e nemmeno i metodi utilizzabili in tal caso. Il maggior rischio legato a questa vaghezza della bozza di Trattato consiste nel fatto che gli Stati possano giustificare azioni militari nello spazio che indeboliscano l’efficacia del PPWT e che mettano a repentaglio la sicurezza degli oggetti nello spazio [16].
Un altro punto criticato nella bozza russo-cinese del 2008 è l’assenza di un meccanismo di verifica obbligatorio. I due Stati proponenti sostengono che sia per prima cosa necessario un consenso riguardo alla prevenzione del dispiegamento di armi nello spazio e che, una volta raggiunto un accordo sul divieto della weaponization dello spazio, gli altri temi, tra cui il meccanismo di verifica, diventino più semplici da trattare [17]. Sebbene un meccanismo di verifica sia necessario al fine di monitorare l’osservanza delle norme del PPWT da parte degli Stati i proponenti hanno argomentato che a) non tutti gli accordi di disarmo contengono norme riguardanti il meccanismo di verifica; b) sebbene i regimi di verifica possano essere creati in teoria e molti già esistano, le difficoltà a livello tecnico e finanziario rendono impossibile o molto difficile l’attivazione di tali meccanismi di controllo. L’effettività e l’obbligatorietà dei trattati che presentano tali caratteristiche non è però messa in dubbio e le norme sono comunque rispettate (si pensi al Trattato sullo spazio, all’Accordo sulla Luna e alla Convenzione sulle armi biologiche che è stata conclusa prima che si negoziassero modalità di verifica) [18].
È innegabile che la maggior parte degli accordi sul controllo degli armamenti siano rispettati pur avendo meccanismi di verifica deboli oppure non avendoli. Questo però non significa che non vi sia la necessità di un sistema di controllo dell’osservanza del Trattato.
I mezzi di verifica applicabili allo spazio possono essere di due tipi: il telerilevamento (remote-sensing) e l’ispezione in loco (on-site inspection). Il primo viene definito come la raccolta non intrusiva di dati usando mezzi elettromagnetici, ovvero altri mezzi, per percepire oggetti e caratteristiche della superficie terrestre. L’utilizzo del remote sensing come mezzo di verifica per le armi nello spazio è possibile a livello tecnico, secondo gli studi presentati dal Canada sul PAXSAT alla Conferenza sul Disarmo [19]. A favore del remote sensing vi sono poi i continui sviluppi tecnologici che rendono questa pratica sempre più efficace e precisa. Il telerilevamento spaziale non è però sufficiente quando si parla di PAROS e dovrebbe essere coadiuvato dal telerilevamento aereo e da ispezioni in loco [20]. Il secondo metodo di verifica consiste invece nell’accertamento della liceità dei progetti in via di sviluppo nei grandi laboratori di ricerca spaziale e nell’esame degli oggetti che dovranno poi essere lanciati in orbita. Attraverso la creazione di gruppi di ispezione internazionali e l’impiego di osservatori permanenti presso i siti di lancio vi sarebbe un controllo efficace, continuo e poco dispendioso sia degli oggetti spaziali che dei sistemi ASAT con base sulla Terra.
Il problema di questo meccanismo è essenzialmente politico. Dal momento che i centri di ricerca e sviluppo che dovrebbero essere sottoposti ai controlli si trovano sotto la giurisdizione degli Stati e sono spesso rilevanti per la sicurezza nazionale, i governi sarebbero poco propensi ad aprire il proprio territorio ad ispezioni internazionali.
Un ulteriore punto controverso riguarda il processo di approvazione degli emendamenti. L’art X del PPWT afferma infatti che essi possano essere adottati con una maggioranza semplice. Questa norma non permette quindi agli Stati in disaccordo con un certo emendamento, se in minoranza, di poterne bloccare l’approvazione. Gli Stati Uniti si sono opposti fermamente a questo articolo sostenendo l’inaccettabilità di un siffatto sistema di votazione. Essi affermano infatti che nessun Governo aderirebbe a un Trattato vincolante nel quale gli interessi legati alla sicurezza nazionale possano essere messi a repentaglio attraverso una votazione a maggioranza semplice. La critica statunitense sembra lecita poiché è raro trovare un trattato la cui emendabilità dipenda da una maggioranza semplice, soprattutto considerando la natura del PPWT.
Visto che esso è un Trattato per il controllo degli armamenti è essenziale che gli emendamenti siano approvati all’unanimità.
Un’ultima questione sollevata riguarda la vaghezza del PPWT riguardo alle funzioni e agli incarichi della “executive organization”. Tale organizzazione infatti dovrebbe essere incaricata di tener conto di situazioni concernenti il rispetto degli obblighi derivanti dal Trattato, di organizzare consultazioni in caso di controversie e prendere provvedimenti riguardo a violazioni delle norme. Vi sono organizzazioni già attive nell’ambito di regimi di controllo degli armamenti: la più efficace è l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPCW) [21]. Vi sono tuttavia sensibili differenze tra questa e quanto previsto dall’art. VIII del PPWT. Nella Convenzione sulle armi chimiche viene infatti affermato che la soluzione delle controversie debba avvenire in conformità con le norme della Carta delle Nazioni Unite e che, in caso di particolare gravità la questione possa essere portata all’attenzione dell’Assemblea Generale o del Consiglio di Sicurezza. Data la portata delle norme del PPWT e le possibili conseguenze della violazione delle sue norme sulla pace e la sicurezza internazionale, è impensabile che un organo separato dalle Nazioni Unite possa risolvere le controversie in modo efficace. L’art. VIII afferma però che lo status, le funzioni specifiche, la composizione, le modalità di lavoro e altre questioni riguardanti la “executive organization” dovranno essere oggetto di un protocollo addizionale al Trattato.
La proposta rivista del 2014 – Il 10 giugno 2014 le delegazioni di Russia e Cina hanno introdotto alla Conferenza sul Disarmo una versione revisionata del PPWT. La proposta del 2008 non è riuscita a riscuotere un grande successo visti i numerosi punti critici di cui prima abbiamo discusso. Sebbene l’argomento sia di fondamentale importanza, nessuno Stato ha formalmente espresso il proprio interesse ad inserire il PPWT al centro delle discussioni della Conferenza sul Disarmo riguardo alla PAROS. Durante la presentazione della bozza emendata, Russia e Cina hanno insistito sul crescente pericolo di una corsa agli armamenti nello spazio, sugli effetti deleteri della mancanza di un divieto di questa sulla fiducia tra gli Stati e sul fatto che l’attuale quadro giuridico non sia in grado di prevenire tale situazione. Essi hanno inoltre riaffermato la propria disponibilità a prendere in considerazione commenti e suggerimenti da parte delle altre delegazioni affinché si possano aprire i negoziati. Gli Stati Uniti si sono mossi da un assoluto rigetto di qualsiasi tipo di accordo che potesse limitare le loro attività spaziali alla possibilità di prendere in considerazione proposte che siano «eque, efficacemente verificabili e che aumentino la sicurezza degli Stati» [23]. Il testo presenta notevoli differenze rispetto alla proposta del 2008, ma i “punti caldi” discussi nel paragrafo precedente non sembrano risolti.
La versione riveduta del PPWT è composta da un preambolo e da 13 articoli. Il Preambolo del Trattato è stato modificato attraverso aggiunte e tagli. Da una parte, i paragrafi dal 3 al 5 della bozza del 2008 sono stati uniti in un solo paragrafo che esprime in modo efficace il pericolo per la pace e la sicurezza internazionale che deriverebbe dal posizionamento di armi nello spazio e quindi dalla trasformazione di questo ambiente in un’arena militare. Il par. 3 enfatizza l’importanza del rispetto degli accordi multilaterali che riguardano lo spazio con esplicito riferimento, nel par. 4, all’art. IV del Trattato sullo spazio del 1967. Nello stesso paragrafo si afferma però che, sebbene questi accordi giochino un ruolo positivo nel regolare le attività nello spazio, tali strumenti non sono completamente efficaci al fine di prevenire il posizionamento di armi nell’ambiente extra-atmosferico. Dall’altra parte, l’eliminazione di ogni riferimento al diritto di esplorazione e utilizzo dello spazio per fini pacifici rende lo scopo del Trattato vago. Il fine principale del PPWT è infatti quello di salvaguardare gli usi pacifici dello spazio prevenendo una corsa agli armamenti spaziali. È stato inoltre tolto ogni riferimento agli accordi sul controllo degli armamenti e sul disarmo. Questa scelta è inusuale poiché tali accordi hanno una certa influenza sulle attività militari nello spazio e, solitamente, i documenti ufficiali riguardanti la materia spaziale fanno sempre riferimento a questi (per esempio le risoluzioni sulla PAROS nell’ambito dell’Assemblea Generale).
L’art. I ha subito importanti modifiche. Per prima cosa la definizione di ‘spazio extra-atmosferico’ (la zona oltre i 100 km di altezza sopra il livello del mare) è stata rimossa ma i proponenti hanno comunque affermato che la questione potrà essere presa in considerazione in futuro.
In secondo luogo i termini “oggetto spaziale”, “arma nello spazio”, “uso della forza” e “minaccia dell’uso della forza” sono stati chiarificati.
La nuova proposta definisce un “oggetto spaziale” come «qualsiasi dispositivo posizionato nello spazio e programmato per operare in esso» (art. I, a). Rispetto alla bozza del 2008 vi è stata una semplificazione di questo concetto che permette anche una maggiore semplicità di comprensione. La definizione è più efficace poiché essa comprende qualsiasi oggetto che si trovi e operi nello spazio senza fare distinzioni tra oggetti ad uso civile o ad uso militare.
La definizioni di “arma nello spazio” e di “posizionato nello spazio” sono rimaste sostanzialmente uguali. Riguardo alla prima sono stati aggiunti al novero delle possibili armi anche i componenti degli oggetti spaziali. Bisogna tuttavia considerare che, anche nel PPWT del 2014, non tutti gli oggetti nello spazio possono essere considerati un’arma ma solo quelli che sono prodotti o convertiti per eliminare, danneggiare o interrompere il normale funzionamento di altri oggetti spaziali (art. I, b).
Il termine “uso della forza” indica qualsiasi azione finalizzata ad infliggere un danno ad un oggetto spaziale sotto la giurisdizione o il controllo di altri Stati. La “minaccia della forza” viene invece definita come qualsiasi intenzione di utilizzo della forza espressa in forma scritta, orale o in qualsiasi altra forma. Anche in questo caso i proponenti hanno deciso di semplificare il testo del paragrafo per rendere il contenuto più chiaro e semplice da capire. Lo stesso paragrafo afferma poi che qualsiasi azione finalizzata a fermare il volo incontrollato di un oggetto spaziale sotto la giurisdizione di un altro Stato non debba essere considerata come uso o minaccia di uso della forza nel caso in cui vi sia un accordo tra i due Stati e vi sia un’esplicita richiesta da parte dello Stato in difficoltà (art. I, d).
L’art. II emendato contiene gli obblighi di maggior rilievo della proposta e presenta rilevanti novità. In primo luogo il divieto di posizionare armi nello spazio è semplificato, a differenza della proposta del 2008, nella quale veniva fatta una lista delle attività proibite. In secondo luogo gli Stati parte sono tenuti a non partecipare, attraverso la cooperazione internazionale, ad attività che siano contro lo scopo del Trattato. Le disposizioni di cui all’art. III della proposta del 2008 sono state inserite nell’ultimo paragrafo dell’art. II del PPWT del 2014 con un’importante aggiunta: il Trattato proibisce agli Stati di assistere organizzazioni ed entità non governative, sotto la loro giurisdizione o controllo, in azioni che siano contrarie ai fini del Trattato. Quest’ultima modifica è fondamentale poiché rispecchia il ruolo di crescente importanza delle entità private nel settore spaziale e, di conseguenza, i possibili rischi per la sicurezza degli oggetti nello spazio legati alle attività di queste.
Il testo degli articoli III e IV rispecchia in larga parte quello degli articoli IV e V della bozza del 2008. L’unica differenza è che nel testo emendato viene riconosciuta agli Stati la possibilità di agire non solo in legittima difesa individuale ma anche collettiva in caso di attacco contro un membro delle Nazioni Unite. In ogni caso si ribadisce che nessuna norma del Trattato possa costituire un impedimento all’esercizio del diritto alla legittima difesa. Questa disposizione, come si può notare, riprende più da vicino il contenuto dell’art. 51 della Carta delle Nazioni Unite.
Il primo paragrafo dell’art. V riconosce la necessità di misure di controllo che si occupino di verificare il rispetto delle norme del Trattato. Il problema legato a questa questione, di cui si è discusso anche nel paragrafo precedente con riguardo alla proposta del 2008, consiste nel fatto che neanche la versione revisionata del PPWT stabilisce tali misure e afferma che esse dovranno essere parte di un protocollo futuro.
Il secondo paragrafo specifica che gli Stati possono, su base volontaria, accordarsi su misure di trasparenza e rafforzamento della fiducia (TCBMs). Queste misure non vengono però specificate.
Gli articoli VI e VII si occupano invece del ruolo della “executive organization”. Secondo i proponenti gli articoli conferiscono un chiaro mandato a tale organizzazione al fine di facilitare l’attuazione del Trattato. [24] Il primo articolo stabilisce che l’organizzazione si occupa: a) delle questioni relative all’attuazione del Trattato; b) delle richieste di Stati parte legate alla presunta violazione del Trattato; c) dell’organizzazione di consultazioni nel caso di presunte violazioni delle norme. Sono significative le aggiunte di ulteriori competenze quali: d) la possibilità di riferire una controversia all’Assemblea Generale o al Consiglio di Sicurezza in caso i problemi legati alla presunta violazione del Trattato rimangano irrisolti; e) l’inclusione dell’organizzazione nel processo di emendamento e f) la raccolta e la distribuzione delle informazioni raccolte dagli Stati parte. Quest’ultima possibilità accordata dalla proposta del 2014 è l’unica misura TCBM specificata nel Trattato. La procedura di formazione, la composizione, le procedure operative e le disposizioni riguardanti il lavoro dell’organizzazione dovranno essere affrontate in un protocollo addizionale.
L’art. VII si occupa invece di spiegare l’iter da seguire nel caso in cui uno Stato sospetti che uno Stato parte non stia rispettando le norme del Trattato. Per prima cosa il primo deve domandare al secondo una spiegazione della situazione. Nel caso in cui questa non sia soddisfacente il primo può richiedere consultazioni che l’altro Stato non può rifiutare. Se queste consultazioni non dovessero portare al termine della controversia, qualsiasi Stato parte o gruppo di Stati parte ha la possibilità di rivolgersi all’organizzazione esecutiva che si occuperà di identificare la violazione e di fare le raccomandazioni che ritenga opportune. L’azione dell’organizzazione non ha quindi il potere di imporre agli Stati il rispetto delle sue decisioni sul caso. Se l’intervento dell’organizzazione non dovesse risultare sufficiente a risolvere la controversia, la questione viene portata all’attenzione dell’Assemblea Generale o del Consiglio di Sicurezza. Un’ultima importante novità di questo articolo è la possibilità per l’organizzazione di riferirsi a norme della ‘Convenzione sulla responsabilità’ del 1972 se il caso in questione sia da ricondurre alle norme di essa. È interessante notare come manchi il riferimento alle Optional Rules For Arbitration Of Disputes Relating To Outer Space della Corte Permanente di Arbitrato (PCA). Come si può notare l’articolo è stato formulato per cercare di risolvere la questione della mancanza di un meccanismo di soluzione delle controversie attraverso l’introduzione della possibilità di azione dell’organizzazione esecutiva e dell’opzione di portare la controversia davanti agli organi delle Nazioni Unite che si occupano della pace e della sicurezza internazionale.
L’art. VIII riporta le condizioni necessarie perché un’organizzazione internazionale che operi nello spazio possa entrare a far parte del Trattato. Le modalità di ingresso descritte sono riprese dalla ‘Convenzione sulla registrazione’ del 1975 e dalla ‘Convenzione sulla responsabilità’ del 1972.
Anche la procedura di emendamento è stata modificata. L’art. XI prevede infatti, diversamente dalla bozza del 2008, che gli emendamenti siano adottati per consensus degli Stati parte.
Infine, nell’ambito della procedura di recesso, di cui all’art. XII, è stata introdotta la possibilità per uno Stato parte di recedere dal Trattato nel caso in cui eventi straordinari, legati alla materia del Trattato, mettano a rischio l’interesse nazionale di esso.
Aspetti positivi e negativi della proposta del 2014 – Mettendo a confronto la proposta del 2014 e quella del 2008 si può notare che i proponenti hanno tenuto in conto le critiche di cui abbiamo discusso precedentemente. Tuttavia le questioni più dibattute rimangono ancora irrisolte.
Per prima cosa il testo del nuovo PPWT è stato reso più chiaro e più simile al linguaggio dei documenti di diritto internazionale, in particolare alla Carta delle Nazioni Unite. Un altro aspetto positivo è la rimozione della definizione di “spazio extra-atmosferico”. L’accettazione del confine tra spazio aereo e extra-atmosferico è una delle questioni più spinose del diritto internazionale dello spazio e rappresentava uno dei maggiori ostacoli al consenso degli Stati alla bozza del 2008. Il termine “minaccia della forza” è stato chiarito e amplificato. Tuttavia è dubbia la classificazione degli esperimenti ASAT o di sistemi offensivi posti sul terreno come “minaccia della forza” secondo il Trattato (art. I, d). Le critiche riguardanti l’organizzazione esecutiva e la vaghezza del mandato sembrano essere state risolte dal momento che i compiti di questo sono stati ben delineati (art.VI). Importanti sono stati anche gli sviluppi nell’ambito della soluzione delle controversie. Gli Stati hanno infatti la possibilità di risolvere in modo bilaterale le controversie e di deferire le questioni più gravi all’Assemblea Generale o al Consiglio di Sicurezza (art.VII). Infine la procedura di emendamento è stata modificata. L’approvazione degli emendamenti attraverso consensus è stato introdotto tenendo conto delle osservazioni poste alla proposta del 2008, soprattutto da parte degli Stati Uniti.
Tra gli aspetti negativi possiamo menzionare in primo luogo il fatto che Russia e Cina continuano a considerare le “armi nello spazio” in modo ristretto e cioè annoverando in questa categoria solo quelle che sono posizionate nello spazio. In questo modo le perplessità e le preoccupazioni riguardanti soprattutto i dispositivi ASAT rimangono insolute.
Anche il concetto di weaponization, di cui all’art. II, è limitato. Essa infatti consiste solo nel posizionamento di armi nello spazio. Sarebbe importante che un trattato che si occupa di evitare pericolo per la pace e la sicurezza internazionale proibisca, o almeno limiti, le possibilità per gli Stati di sviluppare dispositivi ASAT. Questi sono infatti un fattore di instabilità nelle relazioni internazionali. Senza alcun divieto gli Stati continueranno infatti la produzione e gli esperimenti di questi sistemi rischiando di provocare una reazione a catena da parte delle altre potenze con programmi spaziali, preoccupate per la sicurezza dei propri satelliti. Non è stata infatti introdotta alcuna norma che vieti gli esperimenti degli ASAT contro propri oggetti nello spazio.
Un altro problema irrisolto è quello relativo al diritto di legittima difesa. Il nuovo PPWT non specifica infatti i mezzi utilizzabili da uno Stato in questo caso né i motivi che possano azionare tale diritto. Sebbene le possibilità di azione in legittima difesa siano questione di diritto internazionale generale ed art. 51 della Carta delle Nazioni Unite, sarebbe necessario che il PPWT specificasse condizioni e principi legati all’esercizio di questo diritto nello spazio. Un valido emendamento da questo punto di vista potrebbe consistere nella definizione di “attacco armato nello spazio”.
Manca poi un meccanismo di verifica del rispetto del Trattato. Nessun passo è stato fatto in questo senso da parte delle delegazioni proponenti. Questo rappresenta un ostacolo di fondamentale importanza all’accettazione del PPWT da parte degli altri Stati. Questa scelta deriva probabilmente dalla consapevolezza di Russia e Cina della difficoltà di creare un meccanismo di controllo che possa essere accettato da tutti. Considerando tuttavia la natura del Trattato, l’importanza della materia di cui si occupa e le possibili conseguenze in caso di violazione delle sue norme, non è concepibile la mancanza di una norma che stabilisca tale meccanismo.
Un’ultima critica concerne l’organizzazione esecutiva. Sebbene siano stati fatti passi in avanti riguardo al mandato, la creazione e la composizione di questa sono lasciati a un futuro protocollo addizionale (art. VI).
* Stefano Dossi è dottore in Scienze Internazionali e Istituzioni Europee (Università degli Studi di Milano)
[1] C.Q. Christol, The Common Interest In The Exploration, Use And Exploitation Of Outer Space For Peaceful Purposes: The Soviet-American Dilemma, in «Akron Law Review», vol. 18: Iss. 2, art. 3, pp. 221-222
[2] J.G. Lewis, The Minimum Means of Reprisals: China’s Search for Security in the Nuclear Age, in «American Academy of Arts and Studies», 2007, pp. 171-192.
[3] Draft Treaty on Prevention of the Placement of Weapons in Outer Space anche the Threat or Use of Force (PPWT), presentato alla Conferenza sul Disarmo, CD/1839, 29 febbraio 2008.
[4] Draft Treaty On Prevention Of The Placement Of Weapons In Outer Space And Of The Threat Or Use Of Force Against Outer Space Objects (PPWT), presentato da Russia e Cina alla Conferenza sul Disarmo, CD/1985, 12 giugno 2014.
[5] J. Su, The “peaceful purposes” principle in outer space and the Russia-China PPWT proposal, in «Space Policy», vol. 26, 2010, pp. 81-90.
[6] Il fatto che i missili balistici non siano proibiti dal PPWT è confermato dalle delegazioni russa e cinese in The Principal Questions And Comments On The Draft “Treaty On Prevention Of The Placement Of Weapons In Outer Space And Of The Threat Or Use Of Force Against Outer Space Objects (PPWT), presentato dalla Federazione Russa e dalla Cina alla Conferenza sul Disarmo, CD/1872, 18 agosto 2009, domanda 5, p. 5.
[7] F. Tronchetti, L.Hao, The 2014 updated Draft PPWT: Hitting the spot or missing the mark?, in «Space Policy», vol. 33, 2015, p. 3.
[8] R. Acheson, 12 February 2008, “Reaching Critical Will”, February, 2008.
[9] CD/1872, 18 agosto 2009, cit., domanda 3, risposta 2, p. 4.
[10] Gli Stati Uniti, il 21 febbraio 2008, hanno distrutto un proprio satellite malfunzionante lanciando un missile SM-3 dall’incrociatore lanciamissili classe Ticonderoga Lake Erie. Il governo statunitense ha affermato che la distruzione del satellite fosse necessaria per evitare che il carburante si liberasse nell’atmosfera terrestre. Il satellite è stato colpito nell’orbita bassa così che il carburante non entrasse in contatto con l’atmosfera. Gli Stati Uniti hanno sostenuto che questo esperimento non fosse in risposta a quello cinese dell’anno prima. Hanno infatti giustificato la propria sperimentazione sostenendo la tesi del pericolo imminente, in contrasto con l’esperimento cinese che ha portato alla distruzione di un satellite nell’orbita alta (quindi non pericoloso per la Terra ma con effetti deleteri per le orbite a causa della quantità di debris creata dall’impatto).
[11] CD/1872, 18 agosto 20090, cit., domanda 4, pp. 4-5.
[12] T. Hitchens, Russian-Chinese space-weapons-ban proposal: a critique, in Security in space: the next generation, UNIDIR, 2008, p.153.
[13] Zero-Weapon Outer Space: Foundation for a Safer Space Environment, presentation by Chinese Delegation at the UNIDIR Conference on Space Security, June 15, 2009.
[14] T. Hitchens, Russian-Chinese space-weapons-ban proposal: a critique, cit., p.155.
[15] J. Su, The “peaceful purposes” principle in outer space and the Russia-China PPWT proposal, cit., p. 87.
[16] F. Tronchetti, L.Hao, The 2014 updated Draft PPWT, cit., p. 4.
[17] Third Revised And Amended Version As Of 12 February 2007 Of The Compilation Of Comments And Suggestion To The Working Paper On Paros Contained In Document Cd/1679 Dated 28 June 2002, presentato da Cina e Russia alla Conferenza sul Disarmo, CD/1818, March 14, p. 17, par. 111.
[18] Verification Aspects of PAROS, foglio di lavoro presentato da Russia e Cina alla Conferenza sul Disarmo, CD/1781, 22 maggio 2006, pp. 3-4, par. 8.
[19] Per un approfondimento sul funzionamento del sistema PAXSAT si veda A.W. Dorn, Looking Out for Peace from the Sky, in Peace Magazine, vol. 3, No. 5, October/November 1987, pp. 17-18.
[20] J.K. Hettling, The use of remote sensing satellites for verification in International Law, in Space Policy, Vol. 19, No. 1, p. 37.
[21] Per maggiori informazioni si veda https://www.opcw.org/.
[22] Statement by H.E. Ambassador Wu Haitao, presentato alla Conferenza sul Disarmo, 10 giugno 2014.
[23] Continuing Progress on Ensuring the Long-Term Sustainability and Security of the Space Environment, discorso di F.A. Rose, Deputy Assistant Secretary for Space and Defense Policy Bureau of Arms Control, Verification and Compliance, presentato alla Conferenza sul Disarmo, June 10, 2014.
[24] Explanatory Note on the updated draft Treaty on the Prevention of the Placement of Weapons in Outer Space, the Threat or Use of Force against Outer Space Objects, presentato alla Conferenza sul Disarmo, June 10, 2014, p. 2.
Photo credit: Pakistan Defence
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