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La prudenza sui toponimi (I rischi del nazionalismo)

Creato il 05 giugno 2010 da Gadilu

di Francesco Palermo

In politica i simboli contano spesso più dei fatti. Negli ultimi tempi i rapporti tra Ungheria e Slovacchia hanno toccato il fondo a causa di pericolosi rigurgiti nazionalisti in entrambi i Paesi, con continue provocazioni a colpi di leggi inutili e simboliche, che hanno portato i due stati sull’orlo dello scontro militare. Che probabilmente sarebbe già scoppiato se non fosse per il cuscinetto dell’appartenenza comune all’Unione europea.

Di tensioni nei rapporti bilaterali ve ne sono molte e da tempo. Dalla fine del comunismo è stato un continuo susseguirsi di reciproche provocazioni, con gli ungheresi a rivendicare il loro dominio storico sul territorio dell’attuale repubblica slovacca e il loro dovere costituzionale di proteggere le cospicue minoranze magiare nei Paesi confinanti, e gli slovacchi ad affermare con politiche nazionalistiche la loro giovane sovranità. La scorsa estate il governo nazional-populista di Bratislava ha approvato una contestatissima legge sulla lingua ufficiale, che in parte restringe i margini per l’uso dell’ungherese nei territori di insediamento della minoranza (che rappresenta il 10% della popolazione del Paese ed è maggioritaria nelle regioni meridionali vicino al confine) ma soprattutto dà alla minoranza il segnale che la propria lingua non è ben accetta. In marzo il Presidente della Repubblica ha posto in extremis il veto ad una legge sul patriottismo che prevedeva tra l’altro l’obbligo per tutti gli alunni di cantare l’inno nazionale all’inizio di ogni settimana scolastica, accusando di slealtà e tentazioni secessionistiche tutti coloro che si fossero opposti. In Ungheria, il primo provvedimento del nuovo governo di destra uscito dalle recenti elezioni non ha riguardato la pesante crisi economica del Paese, ma la modifica della legge sulla cittadinanza, che consente ora agli appartenenti alle minoranze ungheresi all’estero (dalla Slovacchia alla Romania, dall’Ucraina alla Serbia) di ottenere il passaporto ungherese E questo nonostante la medesima proposta fosse stata respinta in un referendum nel 2004. Bratislava ha reagito modificando a sua volta la legge sulla cittadinanza e prevedendo che chiunque acquisti la cittadinanza ungherese per atto volontario perda automaticamente quella slovacca, e se è un pubblico dipendente anche il lavoro.

Il tutto si inserisce in un clima di pesante sfiducia e continue minacce e provocazioni su entrambi i lati del confine. Il risultato è stato il trionfo dei nazionalisti nelle elezioni ungheresi e il probabile successo dei nazionalisti slovacchi alle elezioni del 12 giugno. Con il che le tensioni sembrano destinate ad aumentare.

Il caso è indicativo di ciò che potrebbe succedere in Alto Adige o in altri contesti etnicamente sensibili senza una gestione responsabile dei problemi. Più che alla Jugoslavia, è al confine slovacco-ungherese che dobbiamo guardare come ad un possibile scenario se i rigurgiti nazionalisti e le dichiarazioni irresponsabili non saranno tenuti a bada.

Quando sono in gioco equilibri delicati, è indispensabile un atteggiamento di moderazione, di comprensione delle ragioni altrui, e soprattutto, da parte della politica, continua attenzione a controllare le parole. La libertà di espressione, baluardo di una democrazia funzionante, deve sapersi restringere responsabilmente (da sola, guai se sono le leggi a farlo) per il bene comune della pace. Gli equilibri etnici richiedono costante manutenzione. E qualche volta anche di mordersi la lingua.

Le provocazioni da noi sono fortunatamente limitate alla toponomastica, ai relitti fascisti, e a qualche sporadica (e fortunatamente minoritaria) dichiarazione irresponsabile di qualche politico. Sciocchezze, o poco più. Ma occorre prestare estrema attenzione anche alle manifestazioni più innocenti di nazionalismo, perché nulla degenera più facilmente della retorica sui simboli. Questo implica non dire sempre pubblicamente quello che passa per la testa: ad una riunione di famiglia non è necessario ricordare ad ogni passo allo zio la sua calvizie, perché questo inquina il clima (e non risolve la calvizie). La responsabilità più grande per i politici è l’uso del linguaggio. In qualunque lingua questo si esprima.

Alto Adige, 5 giugno 2010



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