
Se mai me lo chiedessero, e se i diretti interessati fossero d'accordo, potrei fare i nomi di queste persone. A cominciare da me, per intenderci, trentenne di sinistra, di cultura universitaria, lettore che ha amato Libertà nonostante alla Mancuso piaccia pensare di essere l'unica ad averlo capito, che guarda la tv ma non sopporta Saviano, che apprezza Il post e Luca Sofri ma non tollera la Bignardi, così come non ne può più della Dandini, dei suoi ridolini, di Zoro e del suo romanesco, e chissenefrega se La7 ci prova a essere la nuova Rai 3 di Guglielmi. E che direbbero, poi, i fustigatori della destra milanese se sapessero che gran parte dei miei amici, di sinistra e laureati pure loro, fino a qualche settimana passavano le loro domeniche sere a guardare, non Report ma Tutti pazzi per amore, magari dopo aver letto un libro di Mancuso, non Mariarosa, bensì Vito, che scrive di fede e spesso va a parlare da Fazio, nonostante pure lui, Fazio, faccia una tv di qualità di cui se ne ha ormai abbastanza? Ma, mi chiedo, se mi piace Mancuso deve per forza piacermi anche Fazio? E se leggo Jennifer Egan, siccome la pubblica Minimum Fax, devo sentirmi chic e in colpa oppure, come con Franzen, posso stare tranquillo?
Ecco, insomma, leggendo pezzi come quello della Mancuso o di Masneri, seguendo con un misto di bile e di sberleffo il continuo rosicare della cultura di destra per le debolezze o le controversie della cultura di sinistra (oggi sul Giornale toccava ai blog letterari cadere sotto la mannaia della purezza destrorsa), mi chiedo quali siano gli amici di queste persone, chi frequentino, cosa vedano quando sono sul tram o sulla metro, cosa ascoltino quando sono seduti al cinema, se davvero, da giornalisti quali sono, si sforzino di osservare il mondo, oppure, più semplicemente, convinti di cogliere lo spirito dei tempi, si adattino a prendere delle categorie, possibilmente vecchie, contrapposte e manichee, e ci ficchino a forza la loro realtà, magari trovando talvolta uno spunto autentico, un'idea vera, ma facendola poi seguire da decine di altri fatti parziali e manipolati in malafede, convinti di stare dalla parte del popolo, di scrivere in quanto minoranza e dunque in nome degli esclusi, ché in fondo il mondo va così, lo sanno tutti, quelli di sinistra lo governano e quelli di destra stanno a guardare, quelli di sinistra si lamentano e quelli di destra castigano, peccando pure loro ma consapevoli di farlo e dunque elevandosi dal resto della cricca moraviana perché meno ipocriti e più popolari, cinici non per atteggiamento ma per necessità.
Necessità, è ovvio, che fa comodo per continuare a credere che il mondo sia ancora quello degli anni '60, in cui Tom Wolfe trovava l'espressione del secolo ma di sicuro non pensava che cinquant'anni dopo sarebbe stata ancora al passo coi tempi. Cosa che infatti non è. Punto.