“Conosco invece un tizio professore, che studiando con cura la quistione del Mezzogiorno, in breve è diventato un grosso personaggio deputato. Dirige enti, corsi e scuole d’arte, gli entrano quattrini da ogni parte.
Per lui la quistione Meridionale è stata certamente un buon affare.”
Ultima strofa di una canzone scritta da Rina Durante.
Sostituire i riferimenti al Meridione con generazione.
Sì, lo ammetto, l’argomento sta diventando un mio pallino. Non un’ossessione, sia chiaro. E’ più una passione verso gli articoli, le riflessioni, gli approfondimenti e financo le inchieste che riguardano i giovani e la crisi.
Anche perché, essendo molto in voga la quistione, non devo nemmeno mettermi alla ricerca, ci sbatto contro spesso, e spesso senza volerlo. Le statistiche sul malessere generazionale sono in continuo aggiornamento, e inizia già a formarsi una discreta letteratura sul tema. Sembra quasi, a dire il vero, che la discussione sulla mancanza di lavoro per i giovani stia diventando un ulteriore lavoro per i meno giovani.
Inciampando nell’ultima brillante inchiesta de la Repubblica.it, vengo a conoscenza dell’esistenza dei Neet (acronimo di Not in Education or in Employment Training), in sostanza ragazzi/e tra i 15 e i 34 anni, con livelli di istruzione diversi, che non fanno un cazzo dalla mattina alla sera. E che, per giunta, non hanno più voglia di fare un cazzo.
Ora, tralasciando le percentuali (spero che nessuno creda ancora alle percentuali) sulla composizione di questo gruppo corposo di persone (stimato sui 3 milioni), mi sono reso conto di vivere in mezzo ai Neet senza saperlo. E sì, perché stando alle descrizioni dei profili, io conosco un sacco di gente rispondente in tutto, meno che sul fatto di essere rassegnati. Voglio dire, è ovvio che qualcuno c’è, ma non nella dimensione che viene riportata da questa inchiesta.
Passo quindi a leggere l’intervista al primo esperto interpellato, un docente di demografia all’Università Cattolica di Milano.
Dopo un virgolettato iniziale contenente la solita solfa (bomba sociale ecc.), la giornalista introduce il professore non mancando di sottolineare che si tratta del co-autore di un libro sulla quistione. E qui già penso: “Mmmmm…”
L’intervista prosegue (per poco, in verità) con una serie di dichiarazioni retoriche sentite e strasentite (“Potenziare subito tutti gli investimenti”, “non si può crescere senza investire negli under 30″, “investiamo in politiche attive”, ma soprattutto “ce lo dicono le ricerche che abbiamo fatto”) per giungere alla domanda finale, molto originale: “l‘Italia è un paese per giovani?” ed è qui che viene fuori una straordinaria coincidenza, perché la risposta non è solo un ovvio no, ma è un “No, assolutamente, ci ho anche scritto un libro su questo tema “Non è un paese per giovani”.
Ci ha anche scritto un libro. Un altro. Ma è stato un caso che la giornalista abbia posto la domanda proprio in quel modo. Non siate maligni.
Ormai preso benissimo dalla lettura, non posso fare a meno di concludere con la seconda e purtroppo ultima intervista: il sociologo del lavoro.
Il sociologo del lavoro parte subito all’attacco, difendendo la categoria dei presunti bamboccioni, sfigati e mammoni, invitandoli con veemenza a uscire dalla disperazione (disperazione?) e incazzarsi, e ribellarsi.
Sti cazzi, penso tra me e me, costui è un vero Mo-ti-va-to-ri. Tipo Ennio Doris, per intenderci. Comprerò di sicuro il suo libro di prossima uscita, guarda caso citato anche qui subito dopo il virgolettato iniziale, che parla appunto di questa generazione Né, né (da non confondere con Nene, nome di svariati calciatori brasiliani).
La domanda che pongo io a tutti coloro che invitano a ribellarci è: in che modo? Come ieri a Madrid? Come il 15 ottobre 2011? Come a Genova nel 2001? Noi soli contro tutti a farci massacrare e venire poi accusati di avere la responsabilità delle botte che abbiamo preso? Tra l’altro, infamati dagli stessi che invitano a ribellarsi. Perché invitano ribellarsi ma non dicono come, e di sicuro escludono le sommosse. Allora come, coi palloncini colorati? Ah no guarda, ce lo dice Giorgia Meloni come: con una bella Class Action, che se facciamo la Class Action lei ci sostiene. A tutto ciò posso rispondere solo in un modo: P. D.
E non intendo Partito Democratico.