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La retromarcia di Berlusconi

Creato il 02 ottobre 2013 da Retrò Online Magazine @retr_online
La retromarcia di Berlusconi viene vista come un modo per rinviare il parricidio da parte di Alfano, mentre il Governo, contro ogni previsione, va avanti.

Photo credit: European People’s Party / Flickr / CC BY 2.0.

La retromarcia di Berlusconi alla fine c’è stata. La giornata politica appena trascorsa non solo ha segnato indissolubilmente il destino dell’attuale governo, il quale contro ogni previsione rimane in carica, ma è destinata a rimanere impressa negli annali del centrodestra italiano. Esattamente una settimana fa, con il mio primo articolo, mi interrogavo sul futuro del PDL, legato a doppio filo a quello del suo leader. Pressappoco alle ore 12:00 di oggi la soluzione circa la succitata questione sembrava essere stata finalmente e definitivamente presa: Scissione! Premetto che il perché del “sembrava” è motivato da una retromarcia totalmente inaspettata del Caimano (mai come in questa occasione tale soprannome sembra più azzeccato)che sarebbe seguita  appena un’ora e mezza dopo. Infatti, ricostruendo la vicenda, immediatamente dopo il diplomatico e sobrio discorso di Enrico Letta davanti al Senato, riunito per la questione di fiducia sul proseguimento dell’azione di governo, Berlusconi riunisce l’assemblea dei propri parlamentari al fine di decidere definitivamente sullo strappo, già preannunciato e pertanto più che atteso. Alla riunione non partecipano una ventina di senatori e i ministri pdl di cui Letta aveva respinto le dimissioni il giorno precedente. L’atmosfera si riscalda e in breve tempo, per bocca di Formigoni, i “dissidenti” annunciano l’irreparabile nascita di un gruppo autonomo al pdl,  pur sempre nell’alveo del centrodestra, convintamente disposto a votare la fiducia a Letta. Tanto che si inizia a vociferare anche di una possibile sigla che si richiamasse al PPE. Giusto per fare alcuni nomi di parlamentari già con le valigie in mano, tra i “popolari” firmatari del nuovo gruppo si annoverano Alfano, Lupi, Formigoni, Quagliarello, Augello, Sacconi, Cicchitto, Giovanardi… La truppa berlusconiana, venuta a conoscenza dell’irrimediabilità della scissione, vota a maggioranza, con molti distinguo, la mozione proposta dal suo leader di votare la sfiducia al governo. In caso contrario gli elettori non capirebbero, sarebbe un gesto ambiguo- si preoccupa Berlusconi di fronte ai cronisti. La neonata Forza Italia sembra (di nuovo) passare all’opposizione, mentre il governo Letta sembra salvo,anche se ridimensionato, grazie alla nuova compagine. I “falchi” danno dei traditori agli scissionisti, quest’ultimi (in primis Giovanardi) rivendicano la loro correttezza di fronte alla platea elettorale, sostenendo pertanto che è il nuovo spirito “amazzone” di FI ad aver tradito la natura moderata del PDL. A questo punto il quesito che ogni giornalista e opinionista si poneva, compreso il sottoscritto, sulla vicenda del neonato gruppo era: si può parlare di scelta responsabile, o invece di una vera e propria pugnalata alle spalle di cesariana memoria? Sui piatti della bilancia bisogna appoggiare da una parte l’interesse nazionale, sull’altra la fedeltà alla volontà del leader maximo. Se da una parte infatti i “popolari” si fanno paladini dell’estremo valore della stabilità di un governo, che tra le alte cose, nel 2014 presiederà il semestre del Consiglio europeo, dall’altra si macchiano del crimine di parricidio. Proprio nel momento di apicale difficoltà di Berlusconi, l’eterno delfino in un inusuale slancio di coraggio lo abbandona a se stesso o, peggio ancora, a coloro che tanto male lo hanno consigliato. A parte gli indubbi problemi di tempismo l’operazione politica per il post Berlusconi sembrava finalmente riuscita. La parte buona, competente, moderata, liberale dell’ormai fu PDL si liberava del suo padre padrone e nuovi orizzonti si intravedevano. L’ex Presidente del Consiglio Monti in Aula auspicava già la formazione di un polo riformatore che avrebbe unito il suo partito con i transfughi del PDL e i lettiani del PD. Da lì a poco tutto ciò che si dava ormai per scontato, svanisce. Quello che agli occhi di tutti sembrava, non è più. La retromarcia di Berlusconi rovescia il tavolo: il Caimano conferma in aula il voto di fiducia del PDL al governo di fronte allo stupore del  centrosinistra, il quale gongolante già pensava di avere confinato all’opposizione, e quindi all’irrilevanza, lo storico nemico. Altri ci avevano provato prima di Alfano, anche se per motivazioni diverse (basti pensare a Fini e al suo FLI), ma nessuno ci era mai riuscito. Ci sono però evidenti differenze, che facevano sperare nella buona riuscita del progetto e nello stesso tempo spiegano il ripensamento di Berlusconi. Se infatti mai il Cavaliere fu debole come ora, mai fu sulla soglia dell’interdizione, e mai fu abbandonato dai propri uomini, intendendosi come tali coloro che provenivano dall’originario progetto di Forza Italia, dal “vivaio azzurro” (Fini e i suoi infatti provenivano dalla diversa storia di AN), nello stesso tempo è stato proprio questa perdita incontrollata di potere, questo scappargli tutto dalle mani, ad obbligarlo a contraddire il suo stesso istinto, ad arrendersi. Lui sempre abituato a imporsi, questa volta ha dovuto rassegnarsi; e per la prima la linea di Alfano ha avuto la meglio. La retromarcia di Berlusconi oggi ha cercato di salvare l’unità del partito e nello stesso tempo di fare il bene del Paese, ma inesorabilmente una lunga crepa sta attraversando le mura del centrodestra italiano e la questione successione è soltanto rinviata.


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