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La ricetta della felicità

Creato il 27 agosto 2011 da Lipesquisquit
Ci sono giorni in cui mi sveglio nel mio letto e mi risulta difficile convincermi dell’esistenza della realtà, e quelli sono i giorni buoni, perché certi altri giorni invece la cosa mi è del tutto impossibile, e l’unica maniera che trovo per alzarmi dal letto e ributtarmi nel mondo degli umani è interpretare i dati sensoriali accumulati nel corso del tempo secondo un modello egocentrico schizofrenico autoparanoide e autoipocrita, ovvero quello di un essere disgraziato quale sono circondato dal mio solito mucchio selvaggio di amici, conoscenti e sconosciuti immaginari, tutte persone rispettabilissime, a volte simpatiche, a volte tremendamente stronze, e insomma con caratteri, storie e vite del tutto verosimili, ma che ovviamente non esistono. Anche se hanno tutta l’aria di essere veri e di voler interagire con me, io so benissimo come stanno le cose: il mio subconscio, cioè la mia Nemesi, è talmente un cazzone instancabile pieno di sé e doppiogiochista che cerca in tutti i modi di fregarmi, facendomi apparire il resto del mondo come del tutto reale, un mondo grande, complesso, pieno di casini assolutamente credibili e tante persone che sembrano davvero creature che mi assomigliano, uomini e donne che vogliono tanto comunicare e condividere qualcosa con me, tutti così adorabili e carini e sorridenti e motivati e stimolanti e pressanti che mi mettono l’ansia e mi fanno venire dei dubbi spaventosi, perché io non sono affatto così, ma proprio per un cazzo, perciò ecco che tutta quella cordialità sospetta, tutto quel calore umano e tutte quelle tette, diventano improvvisamente la prova inconfutabile che la realtà è una sottile trappola, la Matrix prodotta dal mio subconscio, il quale, fermorestando che ci sa veramente fare, è un bastardo dispettoso che vuole dimostrarmi che è più intelligente di me per far fare a me stesso la figura dello stupido con me stesso, e a questo punto io non posso dargliela vinta, ci mancherebbe, il minimo che posso fare in questa esistenza è fottere il mio stesso sistema, e l’unico modo che ho per farlo, a conti fatti, è fargli credere che sta vincendo lui, farlo riposare sulla certezza che ormai ci sono cascato, che mi sono conformato, che faccio le cose che fanno tutti, che vivo la vita come la vivono tutte quelle persone che non esistono, perciò ecco che, finalmente rassicurato e con il cuore in pace, mi alzo, mi scrocchio le ossa come se le avessi davvero, me la prendo con il mio uccello come se avessi davvero un uccello e un’erezione, faccio pipì come se mi scappasse davvero la pipì, faccio colazione come se avessi davvero uno stomaco e un metabolismo, saluto i miei parenti come se fossero persone vere, e con un magnificamente simulato interesse per le vicende di questo mondo fittizio esco di casa e comincio la mia giornata, fingendo di essere soddisfatto quando le cose mi vengono bene e triste quando mi vengono male, mentre l’unica, preziosa, inconfessabile verità sulla mia vita è che, in ogni momento, io so che sto fregando quel figlio di puttana del mio subconscio.Quindi – e ci tenevo a dirvelo, anche se voi non esistete – io sono sempre felice.

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