La riforma sul ‘voto di scambio’ nasconde una norma salva-Cosentino?

Creato il 24 luglio 2013 da Candidonews @Candidonews

Roberto Saviano attacca duramente la nuova legge per combattere il voto di scambio. Dietro la riforma si potrebbe celare una norma salva-Consentino:

Ora invece sembrava che fosse giunto il tempo di una reale riforma; la Camera dei deputati si è decisa a lavorarci ed ha approvato un testo con la quasi unanimità; esso è stato così riformulato: “Chiunque accetta consapevolmente il procacciamento di voti con le modalità previste dal terzo comma dell’articolo 416-bis in cambio dell’erogazione di denaro o di altra utilità è punito con la reclusione da quattro a dieci anni. La stessa pena si applica a chi procaccia voti con le modalità indicate al primo comma”. All’apparenza potrebbe sembrare che i problemi sono risolti; non è più solo l’erogazione di denaro punibile come possibile oggetto di scambio, ma anche “altre utilità”. Nella norma, però, si è cambiato anche molto altro; se prima bastava la mera promessa di voti da parte dell’organizzazione mafiosa perché il candidato fosse punibile, ora è necessario provare il procacciamento, cioè un’attività concreta di ricerca e raccolta voti per quel determinato candidato da parte dell’organizzazione criminale, utilizzando la sopraffazione tipica delle organizzazioni mafiose.

E questo punto della norma è quello che preoccupa di più. Le mafie sono avanguardia economica e hanno meccanismi d’operatività ben più complessi che la semplice intimidazione.

Il procacciamento di voti, del resto, è molto difficile da individuare, perché implica la necessità di cogliere il boss e i suoi affiliati mentre fanno “campagna elettorale” per il politico in questione, convincendo – con i loro mezzi tipici – i cittadini a vendere il loro voto. I loro mezzi tipici in campagna elettorale raramente sono violenti: sono piuttosto promesse di lavoro, di favori, appelli a rapporti familiari, insomma le dinamiche utilizzate anche dai partiti. La riforma della norma invece fa riferimento al “metodo mafioso” con cui procacciarsi voti.

I boss non fanno mai (tranne in rarissimi casi) campagna elettorale in prima persona, ed è quasi impossibile dimostrare che un elettore si è venduto il voto o ha votato sotto pressione. I clan sanno benissimo che dimostrare un voto comprato, condizionato, scambiato è impresa quasi impossibile per gli inquirenti, i quali invece, grazie alle intercettazioni e alle dichiarazioni dei pentiti, spesso riescono a provare che un patto è stato realmente stipulato tra boss e politico. E questo è il punto attorno a cui deve fondarsi una norma antimafia sullo scambio dei voti.

Ed è per questa ragione che la norma diventa solo un mero feticcio, un atto mediatico. O peggio. Viene infatti il dubbio che attraverso questa norma si possano mettere in forse alcuni importanti processi in corso sui rapporti mafia-politica; penso, ad esempio, al processo contro l’onorevole Cosentino. Se venisse approvata una riforma che regola in maniera complessiva il rapporto mafia politica, essa non rischierebbe forse di essere l’unico riferimento per sanzionare i comportamenti illeciti dei politici, anche quando sia stato contestato il concorso esterno in associazione mafiosa? Nell’inchiesta Cosentino, infatti, mentre è chiaramente raccontata la promessa-patto tra politica e camorra non v’è alcuna possibilità di dimostrare che il clan abbia effettivamente “procacciato” i voti. La riforma nasconde allora una trappola salva-Cosentino?
[Fonte:Repubblica.it]


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