Anna Lombroso per il Simplicissimus
Siamo alle solite, questi romani un po’ sbruffoni, un po’ indolenti, un po’ cinici, un po’ disincantati, un po’ sgangherati, ancora una volta hanno tarpato le ali alla creatività del loro sindaco, regolarmente anche se sorprendentemente eletto, secondo regole democratiche. Sempre che sia “democratico” un sistema politico che non esprime candidati credibili, per cui a un fascistello psicolabile permeabile alla fascinazione della violenza e ai miti che più hanno cancellato ragione e civiltà, dal nazismo al neoliberismo, non ha saputo far altro che opporre un consolidato marpione senza scrupoli ma invece dotato di amicizie discutibili nel suo frastagliato percorso politico.
Allora, le cose sono andate così: fashion victim delle ostensioni di potenza della Roma imperiale ma pure delle rutilanti e sgargianti cattedrali nel deserto – è il casi di dirlo – degli sceiccati, Alemanno in vena di magnanimità era determinato a regalare sogni circensi e algidi balocchi al suo elettorato, oltre che un più concreto omaggio a anonimi pataccari transnazionali.
Il progetto, più demenziale che visionario, talmente inappropriato da far impallidire Disneyland e i Monty Python , era quello di installare una struttura sciistica, ma non sul troppo facile Terminillo, bensì a Ostia, con sparaneve e impianti di risalita su un’area pubblica tra il lungomare e l’ospedale Grassi nei pressi della pineta.
Eh si poveretto gli toccava operare su una scala minore: Hitler mostrava al mondo le sue Olimpiadi immortalate dalla Riefenstahl, Mussolini i suoi giochi della gioventù fascista, graditi anche alla nostra alta carica, conservati, ma, anche grazie a lui, per poco, negli archivi del Luce, e a lui era rimasto solo da ispirarsi ai cinepanettoni di Boldi e De Sica.
E per invogliare qualcuno dei suoi amichetti a aggiungersi alla costruzione del suo balocco, non bastava certo la promessa di tirar su pupazzi di neve al posto dei castelli di sabbia. Così in attesa di una prevedibile moltitudine di investitori, il Comune aveva previsto e votato un primo stanziamento – e d’altra parte non si fa così anche nelle alte sfere della Tav o del Ponte? – come indicato nel piano investimenti di Roma Capitale, con la voce: programma MO (municipio XIII), progetto OSS (attività sportive e ricreative), annualità 2012, opera pubblica numero 13 – OP1203100001 “Realizzazione impianto sportivo invernale”, finanziato con la voce “concessioni” con una previsione di 1,5 milioni di euro”.
Ma qualche letargico consigliere dell’opposizione, pur sbadigliando, se n’è accorto, ha denunciato la sconcertante fantasia del sindaco, festosamente appoggiata dalla giunta, così la notizia dell’holidays on ice de noantri con le due piste, una da 70 e l’altra da 90 metri, con gli skilift, i punti ristoro, le piste di pattinaggio, i campi da golf e tiro con l’arco, tutto nella riserva naturale di Castelfusano, è filtrata suscitando imbarazzo anche in una stampa e in una cittadinanza che sembrerebbe ormai assuefatta a tutti gli oltraggi.
Fatto sta che nella sera di ieri, sia pure a malincuore e dispiaciuto per l’irriconoscenza dei romani, il sindaco ha fatto sapere di aver deciso di tornare sui propri passi, o meglio sui propri sci, operando un taglio sostanziale. Resta l’infrastruttura insomma, ma invece si gratta via la neve, che, si sa, per lui ha sempre rappresentato un bel problema, butta il sale sulla stazione sciistica, ma resta invece il progetto di uno spazio organizzato per il tempo libero – e presto tutti ne avremo molto, si sa – con piste di pattinaggio, specialità sportive e campi da golf, che come è noto a partire da Attila tutti i distruttori dell’ambiente considerano uno sport verde per via del green.
Il fatto è che noi ci trastulliamo con l’idea di trovarci di fronte a cretini patologici che vedono Roma capitale come la moderna e progressiva mutazione della Roma imperiale, invece si tratta della fisiologica perpetuazione del sacco che nei secoli con varie cifre, differenti procedure e diversi approcci i regimi che si sono avvicendati hanno esercitato, dando legittimità a illegalità, speculazione, cementificazione, svariati si nei sistemi, ma sempre a beneficio del profitto di pochi, dinastie e chiese facilmente identificabili, e a danno dei cittadini, dell’ambiente, della bellezza e della ragione.
Roma è il terreno sperimentale di un sacco “nazionale”, basta pensare alla cosiddetta legge Lupi – dal nome del suo principale ispiratore, il deputato di Forza Italia Maurizio Lupi – con il complice silenzio della sinistra, che cancella il principio stesso del governo pubblico del territorio, non approvata per un pelo, ma che è come se fosse stata approvata grazie alla sua potenza anticipatrice delle politiche “per” il territorio e la cultura del governo, e di un oltraggio bipartisan, basta pensare al piano regolatore di Roma approvato nel 2008 (sindaci Francesco Rutelli e Walter Veltroni), rispetto al quale il piano regolatore del 1962 (quello che raccolse il voto contrario dei comunisti) è un capolavoro di cultura politica e urbanistica.
Si sembra proprio che l’offesa al bene comune, al paesaggio, all’arte, alla cultura sia la cifra del pensiero forte, che li ferisce per indebolirci, perché una vita senza bellezza rende potenzialmente schiavi. Dobbiamo proprio diventare una valanga che li seppellirà.