Se l’Italia di Renzi spera di rimpolpare le
finanze riportando in patria i tesoretti all’estero degli italiani e
costringendo gli stessi a tirar fuori denaro dai loro libretti postali, la Grecia invece, sull’orlo della
bancarotta, spera probabilmente di fare altrettanto riportando in patria i
marmi del Partenone. Il governo di Alexis
Tsipras infatti ha comunicato che non adirà a vie legali per riportare ad
Atene le straordinarie sculture di Fidia
del V secolo a.C., conservate da
quasi due secoli al British Museum
di Londra, ma sceglie invece
l’offensiva diplomatica, sperando così di ottenere la restituzione dei fregi
originariamente collocati sui frontoni e campi metopali del Partenone, tempio
posto sull’acropoli che sovrasta la capitale greca. Lo ha affermato il vice
ministro della cultura Nikos Xydakis,
che ritiene che il solo modo perché ciò avvenga è attraverso diplomazia e
politica.
Ma come ha avuto inizio questa contesa?
Tutto è partito nel 1798, quando Thomas Bruce,
meglio noto come Lord Elgin, viene
nominato “Ambasciatore Straordinario e Ministro Plenipotenziario di Sua Maestà
Britannica alla Sublime Porta di Selim III, sultano dell'Impero Ottomano”, di
cui all’epoca la Grecia faceva parte. Prima di imbarcarsi per la Grecia, il
conte inglese aveva chiesto al governo britannico di assumere degli artisti per
eseguire dei calchi e dei disegni delle figure scultoree che adornavano i
frontoni e i campi metopali dell’Antico tempio greco, ma pare che la risposta
del governo sia stata negativa.
Elgin decide così di partire ugualmente,
assumendo a proprie spese degli artisti per i lavori e i disegni, che avrebbero
eseguito sotto la supervisione del pittore napoletano Giovanni Lusieri. Confrontando questi nuovi disegni con uno studio
precedente, Elgin si accorge che mancano alcune sculture, e scopre che altre
che sono cadute, sono state poi distrutte per farne della calce. Dinanzi ad una
simile considerazione dinanzi a quelle che sono delle vere e proprie opere d’arte
uniche al mondo, Elgin decise di farli rimuovere, sempre sotto la supervisione
di Lusieri, con un’operazione completamente portata a termine solo nel 1812 e
un costo totale di 70.000 sterline. Una volta in Inghilterra, Elgin decise di
vendere l’intero gruppo scultoreo al governo britannico, affinché le esponesse
all’interno del British Museum, che li pagò molto meno del costo dell’intera
operazione, rifiutandone l’acquisto di potenziali acquirenti tra cui Napoleone.
I marmi del Partenone, tempio greco dedicato ad
Atena Partenos, Atena Vergine, sono in purissimo marmo pentelico, tipologia di marmo a grana fine e bianchissima, e
sono considerati il capolavoro assoluto dello scultore Fidia, il quale riuscì
completamente a superare la difficoltà di decorare un campo “scomodo”, quale il
frontone triangolare, con i lati schiacciati, di un tempio, e lo fa collocando
ai lati delle figure distese, che avessero così pose non troppo forzate o
innaturali rispetto ad altre decorazioni analoghe in templi a lui contemporanei.
Disposto su asse nord-sud, il Partenone vede
nel suo frontone orientale, dove
sorge il sole, la nascita di Atena
dal cranio di Zeus, con il mito della raffigurazione centrale oggi
completamente perduto. Il frontone
occidentale invece vede la lotta tra
Atena e Poseidone per il possesso dell’Attica, vinto dalla dea con il suo
dono dell’olivo.
Se è pur vero che i marmi dovrebbero, di
diritto, risiedere in Grecia, è altrettanto vero che si tratta, da parte del
governo inglese, di una acquisizione legale, fatta con consapevolezza da parte
dei soprintendenti greci del XIX secolo. Se a questo si aggiunge anche la cura
del British e la suggestiva esposizione nelle ampie sale del museo inglese, è
più giusto ritenere che stiano oltremanica, piuttosto che patire la crisi
greca, per la quale servirebbe più del ritorno a casa dell’arte di Fidia.
Magazine Gossip
La saga dei marmi del Partenone, la contesa senza fine tra Grecia-Inghilterra
Creato il 16 maggio 2015 da Marianocervone @marianocervone
Se l’Italia di Renzi spera di rimpolpare le
finanze riportando in patria i tesoretti all’estero degli italiani e
costringendo gli stessi a tirar fuori denaro dai loro libretti postali, la Grecia invece, sull’orlo della
bancarotta, spera probabilmente di fare altrettanto riportando in patria i
marmi del Partenone. Il governo di Alexis
Tsipras infatti ha comunicato che non adirà a vie legali per riportare ad
Atene le straordinarie sculture di Fidia
del V secolo a.C., conservate da
quasi due secoli al British Museum
di Londra, ma sceglie invece
l’offensiva diplomatica, sperando così di ottenere la restituzione dei fregi
originariamente collocati sui frontoni e campi metopali del Partenone, tempio
posto sull’acropoli che sovrasta la capitale greca. Lo ha affermato il vice
ministro della cultura Nikos Xydakis,
che ritiene che il solo modo perché ciò avvenga è attraverso diplomazia e
politica.
Ma come ha avuto inizio questa contesa?
Tutto è partito nel 1798, quando Thomas Bruce,
meglio noto come Lord Elgin, viene
nominato “Ambasciatore Straordinario e Ministro Plenipotenziario di Sua Maestà
Britannica alla Sublime Porta di Selim III, sultano dell'Impero Ottomano”, di
cui all’epoca la Grecia faceva parte. Prima di imbarcarsi per la Grecia, il
conte inglese aveva chiesto al governo britannico di assumere degli artisti per
eseguire dei calchi e dei disegni delle figure scultoree che adornavano i
frontoni e i campi metopali dell’Antico tempio greco, ma pare che la risposta
del governo sia stata negativa.
Elgin decide così di partire ugualmente,
assumendo a proprie spese degli artisti per i lavori e i disegni, che avrebbero
eseguito sotto la supervisione del pittore napoletano Giovanni Lusieri. Confrontando questi nuovi disegni con uno studio
precedente, Elgin si accorge che mancano alcune sculture, e scopre che altre
che sono cadute, sono state poi distrutte per farne della calce. Dinanzi ad una
simile considerazione dinanzi a quelle che sono delle vere e proprie opere d’arte
uniche al mondo, Elgin decise di farli rimuovere, sempre sotto la supervisione
di Lusieri, con un’operazione completamente portata a termine solo nel 1812 e
un costo totale di 70.000 sterline. Una volta in Inghilterra, Elgin decise di
vendere l’intero gruppo scultoreo al governo britannico, affinché le esponesse
all’interno del British Museum, che li pagò molto meno del costo dell’intera
operazione, rifiutandone l’acquisto di potenziali acquirenti tra cui Napoleone.
I marmi del Partenone, tempio greco dedicato ad
Atena Partenos, Atena Vergine, sono in purissimo marmo pentelico, tipologia di marmo a grana fine e bianchissima, e
sono considerati il capolavoro assoluto dello scultore Fidia, il quale riuscì
completamente a superare la difficoltà di decorare un campo “scomodo”, quale il
frontone triangolare, con i lati schiacciati, di un tempio, e lo fa collocando
ai lati delle figure distese, che avessero così pose non troppo forzate o
innaturali rispetto ad altre decorazioni analoghe in templi a lui contemporanei.
Disposto su asse nord-sud, il Partenone vede
nel suo frontone orientale, dove
sorge il sole, la nascita di Atena
dal cranio di Zeus, con il mito della raffigurazione centrale oggi
completamente perduto. Il frontone
occidentale invece vede la lotta tra
Atena e Poseidone per il possesso dell’Attica, vinto dalla dea con il suo
dono dell’olivo.
Se è pur vero che i marmi dovrebbero, di
diritto, risiedere in Grecia, è altrettanto vero che si tratta, da parte del
governo inglese, di una acquisizione legale, fatta con consapevolezza da parte
dei soprintendenti greci del XIX secolo. Se a questo si aggiunge anche la cura
del British e la suggestiva esposizione nelle ampie sale del museo inglese, è
più giusto ritenere che stiano oltremanica, piuttosto che patire la crisi
greca, per la quale servirebbe più del ritorno a casa dell’arte di Fidia.
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