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La servitù volontaria

Creato il 19 settembre 2011 da Controcornice

Etienne de La Boétie è uno scrittore e politico francese, vissuto a cavallo della metà del XVI secolo.

Giovanissimo scrisse il “Discorso sulla servitù volontaria” (Instant Book Chiarelettere): una lettura davvero interessante anche per

La servitù volontaria
un cittadino del XXI secolo, che vive una situazione disastrosa.

 

Può un testo del 1500 aiutarci a riflettere sul nostro presente? Forse si. La natura umana, nonostante l’evoluzione tecnologica e la velocità di spostamento e comunicazione, propria dei tempi moderni, è rimasta pressoché la stessa. Perciò non si può leggere questo testo senza trovare somiglianze con  situazioni attuali e senza trovarsi d’accordo su molte delle riflessioni in esso contenute.

Il quesito di partenza è da lui così espresso:

 “…vorrei solo comprendere come è possibile che tanti uomini, tanti borghi, tante città, tante nazioni sopportino talvolta un tiranno solo, che non ha forza se non quella che essi gli danno, che ha il potere di danneggiarli unicamente in quanto essi vogliono sopportarlo, che non potrebbe far loro alcun male se essi non preferissero subirlo invece di contrastarlo.”

Quindi  riflette sul meccanismo di ascesa di un dittatore,( non nascondo di aver subito pensato ad un personaggio specifico, che si è preso cura a modo suo, di noi italiani):

“Quindi, se gli abitanti d’un paese trovano tra loro uno di quei grandi uomini che abbia dato ripetutamente prove di grande preveggenza nel prendersi cura di loro, di grande audacia nel difenderli, di grande prudenza nel governarli; se si abituano insensibilmente ad obbedirgli: se addirittura hanno fiducia in lui, fino ad accordargli una certa supremazia, non so se sarebbe agire con saggezza toglierlo dal posto in cui faceva bene, per elevarlo in un luogo dove potrà fare male: tuttavia appare del tutto ragionevole non aver timore che il male possa venirci da chi ci ha fatto del bene. “

Noi purtroppo l’errore l’abbiamo fatto!

La servitù volontaria
Un’altra riflessione, ampiamente dimostrata dagli eventi Nord Africani è questa:

Colui che vi domina così tanto ha solo due occhi, due mani, un corpo, non ha niente di diverso da quanto ha  il più piccolo uomo del grande e infinito numero delle vostre città, eccetto il vantaggio che voi gli fornite per distruggervi. Da dove prenderebbe tanti occhi con cui vi spia, se voi non glieli forniste? Come farebbe ad avere tante mani per colpirvi, se non le prendesse da voi? Ha forse un potere su di voi che non sia il vostro? Come oserebbe attaccarvi se voi stessi non foste d’accordo? Che male potrebbe mai farvi, se voi non faceste da palo al ladrone che vi saccheggia, se non foste complici dell’assassino che vi uccide e traditori di voi stessi?

Voi seminate i vostri campi affinché egli li devasti: arredate le vostre case per farvele derubare; allevate le vostre figlie per soddisfare la sua lussuria, nutrire i vostri figli perché nella migliore delle ipotesi li mandi a combattere le sue guerre, li spedisca al macello, li faccia strumenti della sua avidità ed esecutori delle sue vendette.”

Non sono queste caratteristiche di tutti i potenti? E ancora:

Vi ammazzate di fatica perché egli possa trastullarsi e sguazzare nei suoi turpi piaceri.” Quant’è vero!

Quindi esorta:

“Siate risoluti a non servire più, ed eccovi liberi; non voglio che vi scontriate con lui o che lo facciate crollare, limitatevi a non sostenerlo più e lo vedrete, come un grande colosso cui sia stata sottratta la base, cadere d’un pezzo e rompersi. “

E poi ancora:

“Colui che ha ottenuto il potere dal popolo mi sembra dover esser (il tiranno) più tollerabile, e lo sarebbe pure, come credo, se, da quando si vede innalzato al di sopra degli altri, lusingato da quel che si chiama la grandezza, non si risolvesse a rimanervi ben attaccato: generalmente costui si propone di trasmettere ai suoi figli la potenza che il popolo gli ha conferito.”

Più che la potenza io direi i privilegi! Questo passo mi ha ricordato una situazione che sta generando non poche polemiche nel nostro Paese!

Etienne de La Boétie ci aveva visto lungo: e noi?

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