UN VECCHIO FILM DIMENTICATO, “La Sindrome Cinese”, è più che mai di attualità. L’autore del soggetto, James Bridges, è stato un veggente: in caso di incidente nucleare, sembra che tutti seguano il suo copione. La storia è nota in seguito a un’esplosione, il nocciolo di un reattore nucleare americano si scalda a tal che in teoria potrebbe perforare tutta la terra e sbucare in Cina. I proprietari della centrale, i soliti pescicani che pensano soltanto ai soldi, non vogliono che si dica la verità alla gente perché temono che quei rompiscatole di ecologisti li costringano a chiudere la baracca. Sarà una coraggiosa giornalista a sfidare gli interessi in gioco e fare luce sulla sporca faccenda.
POCO TEMPO DOPO l’uscita del film, c’è stato l’incidente di Chernobil. Anche in questo caso il copione è stato rispettato: niente informazioni, tentativo di minimizzare e speculazione sulla pelle della gente, visto che i morti per irradiazione diretta o per contaminazione indiretta si contano a migliaia e c’è ancora qualcuno che muore di cancro alla tiroide.
ADESSO E' IL TURNO del Giappone. Credete che le lezioni siano servite a qualcosa? Nemmeno per sogno. Intervistati dalla Kimberley Wells di turno, i funzionari della protezione civile hanno fatto le 3 scimmiette. Qual è il livello di radioattività? “Non siamo autorizzati a rivelare questi dati.” Ci sono delle vittime? “No comment.” C’è un piano di evacuazione? “Tokio è una città di 30 milioni di abitanti.” Su una sola cosa si sono sbilanciati. C’è pericolo di esplosione? “Possiamo tassativamente affermare di no.” Infatti il reattore gli è esploso in faccia, ma loro ci sono abituati. Fukushima fa rima con Hiroshima.
Dragor