Il decisionismo democratico e la sinistra di Renzi spiegati da Christophe Bouillaud
La Politica e il Carnevale. La prima, austera dea greca del governo cittadino, drappeggiata di giustizia e rigore; il secondo, saltimbanco di immemore discendenza cattolica, ebbramente al sicuro dietro la sua maschera. Un connubio che funziona. Forse un connubio indispensabile. Perché in un politico di tutto rispetto deve pur esserci una manciata di furbizia d’Arlecchino, un pizzico del probo Balanzone e una goliardica spolverata di Pulcinella. Almeno nel (buon) politico italiano. Almeno secondo il blogger francese Philippe Ridet, corrispondente del quotidiano parigino Le Monde in Italia.
Sul suo blog “Campagne d’Italie” figura un articolo relativo a Matteo Renzi, corredato di foto che ritraggono il presidente in una tenuta di cartapesta, in stile Uncle Sam, con mantello rosso, cappello a cilindro e mazzette da 20 euro appese ad un bastone, oppure ancora come Superman che vola in difesa dell’Italia: siamo al Carnevale di Viareggio. L’articolo titola “In un anno, Renzi ha cambiato più la sinistra che non l’Italia” (“En un an, Renzi a moins changé l’Italie que la gauche”).
Significativamente, sotto la fotografia della marionetta di Renzi che sfila sul carro, Ridet si interroga: “Un anno di potere, questo si festeggia? E cosa si deve festeggiare?” (“Un an de pouvoir, ça se fête ? Et que doit-on fêter ?”).
Effettivamente non ci sarebbe molto da celebrare in un Paese ancora affossato dal debito pubblico (che ammonta a 2135 miliardi di euro, contro i 2069 miliardi del 2013), da un tasso di disoccupazione superiore al 13%, dal più lungo periodo di recessione dal dopo-guerra, colpa di uno Stato costoso e inefficace.
Matteo Renzi non soddisfa: il Presidente non eletto “suscita dubbi e delusioni e il suo bilancio è ancora percorso da zone d’ombra e punti interrogativi” (“suscite des doutes et des déceptions et son bilan s’écrit encore avec des nuances et des points d’interrogations”). L’ex sindaco di Firenze è sì l’uomo delle (auspicate o non) riforme (dal Jobs Act al sistema elettorale, dalla magistratura alla fiscalità, alla giustizia civile), ma si presenta ancor più come l’uomo di una Sinistra rinnovata.
Lo scorso 19 Febbraio è stato pubblicato un interessante studio di Christophe Bouillaud, professore di scienze politiche a Grenoble: “La gauche italienne à l’heure du renzisme” (“La sinistra italiana al tempo del renzismo”). La tesi che Bouillaud qui espone è di metastorica importanza: il cambiamento intercorso tra la sinistra pre-Renzi e la sinistra attuale costituirebbe riflessione consona a un manuale di storia politica tra 50 anni, ma non ora. Ora si tende a non accorgersi di questi impercettibili cambiamenti, poiché è forse innaturale e davvero impegnativo mettere insieme il telegiornale di ieri con quello di oggi. La notizia di ieri è già carta straccia. Ma è quotidiano dopo quotidiano che i libri di storia vengono scritti e Bouillaud ci offre la possibilità di estraniarci dal qui e ora per riflettere sul torrente storico da cui siamo inconsapevolmente travolti. Il “qui e ora” ha il nome di Matteo Renzi e il torrente su cui esso naviga è una sinistra cambiata. Questa è la tesi di Bouillaud.
Innanzitutto la sinistra è cambiata perché i partiti alla sinistra della sinistra sono allo sbando, non sapendo “né creare né promuovere un discorso alternativo in direzione di una possibile spiegazione delle ragioni della crisi italiana e dei mezzi con cui uscirne” (“de créer et de promouvoir un récit alternatif en direction de l’opinion qui expliquerait les raisons de la crise italienne et les moyens de s’en extraire”). Diretta conseguenza dell’indefinitezza di propositi della sinistra italiana, il “decisionismo democratico” (“décisionnisme démocratique”), termine coniato proprio da Bouillaud, si erge ad auspicato condottiero di un partito che mai nella sua storia culturale era ruotato attorno alla figura di un leader. Il decisionismo democratico di Renzi si inscriverebbe all’interno della proposta egemonica di conferire a un singolo capace il potere decisionale sulle necessarie riforme strutturali. Ed è in questo la svolta.
Scrive Bouillaud: “il PD scopre una situazione che nessuno dei partiti suoi predecessori aveva mai conosciuto, e cioè la fusione tra la sorte del partito e quella di un singolo. Da lungo tempo gli altri partiti italiani – specialmente quelli di destra – avevano adottato la tendenza a identificare il proprio destino con quello del loro fondatore e/o leader, vista l’esigenza dell’elettorato italiano alla personalizzazione della politica. (…) Ormai il Pd è Renzi.” (“Le PD découvre une situation que n’avait jamais connue aucun de ses partis prédécesseurs, à savoir la fusion entre le sort du parti et celui d’une personne. Depuis longtemps, les autres partis italiens – tout particulièrement à droite – avaient eu tendance à identifier leur sort à celui de leur fondateur et/ou leader, l’électorat italien étant demandeur d’une personnalisation de la politique. (…) Désormais, « le PD, c’est Renzi »”).
Che si voglia vedere Renzi come semplice marionetta della sinistra o come suo frontman non ha importanza nel concreto dei fatti, ma è la teorizzazione di quel concreto che ha portato alle teorie politiche che oggi muovono il mondo. Rendersene consapevoli non ci trasformerà in cervelloni esperti delle leggi supreme che regolano l’umana realtà, di certo, però, la nostra autostima berrà nuova linfa.
Tags:Bouillaud,decisionismo democratico,Le Monde,Renzi,Ridet,sinistra