Non so se vi ricordate della prugna secca, la signora che prende l’autobus con me tutte le mattine (insieme a molti altri disperati), che sfoggia un’abbronzatura a febbraio da fare invidia a calimero, ha i capelli come milva e porta la taglia 34.
in generale devo dire che non è così antipatica come l’avevo dipinta, a volte sorride pure e, come me, anche lei ha un cuscino che poi rinfila nella borsa quando scende, solo che il mio è più bellino perchè è a fiorellini.
stamattina la prugna secca mi ha guardato e mi deve aver visto più prugnorinseccolita di lei.
stamattina avevo mal di pancia, ché non si mangia la raclette a casa del mammuth di martedì sera, nononono, la raclette si mangia di venerdì, quando il sabato si può dormire fino a che la digestione non ha finito il suo corso.
la raclette si mangia quando il giorno dopo si resta a casa, si dorme, si tortura il gatto che ha osato farsi le unghie sulla nostra schiena alle tre di notte, quando si può bere una quantità di caffèllatte pari a una piscina olimpionica, con le ciabatte, i calzini grossi, il pigiama antistupro e gli occhi cispiosi.
che la raclette non è uno sport per signorine.
invece svegliarsi alle 05:30, trascinarsi in bagno, versare i croccantini e l’acqua alla wondermicia mentre gli occhi ancora non si degnano di aprirsi, vestirsi con la colla e trascinarsi fino all’autobus non è esattamente la cosa più fica da fare.
e così, sull’autobus (ma anche prima in effetti) mi sono ingrugnita. la faccia ha preso a convergermi verso il naso, gli occhi mi si sono fessurati e i capelli sporcati, che non so perchè ma quando mi ingrugnisco mi si sporcano i capelli.
mi sono rattrappita tutta e con scritto in faccia “io sono il martire del lavoro” mi sono appollaiata sul sedile.
sedile sul quale mi sono addormentata due secondi dopo.
per svegliarmi a peretola. lo stomaco in fiamme, la faccia ancora prugnosa e il cappuccio in testa come il peggiore dei teppisti.
piano piano mi sono svegliata.
alla stazione di santa maria novella io e la prugna secca originale ci alziamo per scendere.
lei mi guarda.
mi sorride.
e mi fa:
“il mercoledì è il giorno peggiore per tutti, coraggio!”
la volevo abbracciare.