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La solitudine "sporca" di McQueen

Creato il 23 gennaio 2012 da Presidenziali @Presidenziali
solitudine Shame parte alla grande.Ci ritroviamo con Fassbender dove l'avevamo lasciato nel precedente Hunger, sdraiato su un letto.Incredibile!I più accorti sicuramente avranno colto la chicca, per chi non l'avesse fatto consiglio immediatamente la visione dell'opera prima di questo promettente regista, Steve McQueen, gigante buono dall'animo sensibile.Ora.Shame si presenta con un pedigree di tutto rispetto mettendo in bella mostra tre dei nuovi migliori talenti sul mercato, un po' come è accaduto con Drive. Fassbender è Brandon, solitario sessodipendente incapace di una vita al di fuori di quello, o forse semplicemente incapace a vivere. Carey Mulligan, sua sorella Sissy, una vulnerabile e incantevole colomba bianca macchiata dalla fragilità del suo carattere e dalla solitudine, quella anche di Brandon, così non manifesta, ma presente e palpabile nei pochi discorsi e nei molti silenzi. Un passato appena accennato che pesa come un macigno nello squallido presente dei due.McQueen esagera da subito, i primi 15 minuti sono un felice esempio di compenetrazione di musica e immagini sorretti da un montaggio sincronizzato al millesimo. Si parte forte, troppo forte, e inevitabilmente si finisce con il serbatoio un po' scarico, anche se il peggio il motore altalenante del film lo dà nella parte centrale, riprendendosi poi nel finale. Questo non basta comunque a rovinare un'opera con più luci che ombre, e sicuramente a confermare quanto di buono visto in Hunger, anche senza raggiungerne gli idilli.Shame è un viaggio nella solitudine, nell'impossibilità di amare di due fratelli che sembrano averne perso la capacità, ma non il bisogno. Senza filtri lei, eccessiva nella sua ricerca di un rapporto, un fiume in piena sempre pronta a esondare; un muro di granito lui, arido nel lasciarsi andare, schiavo di un sesso liberatorio che lo incatena alla sua condizione esistenziale.Il tratto molto chiaro di McQueen, quella cifra stilistica pronta ad essere data in pasto a nuovi fan in cerca di nuovi miti è fonte anche del suo male. Questo caricare ogni inquadratura, ogni movimento di camera (un po' come Sorrentino) vuole un po' sopperire ad una storia di per se difficile da narrare per il suo continuo sottrarsi a se stessa, ma si perde a volte in evidenti forzature (McQueen non è Haneke, e non ha bisogno di esserlo). Intenso l'apporto sonoro nella contrapposizione di silenzi, suoni e musica, lo stesso vale per la prova attoriale di Fassbender (Coppa Volpi a Venezia), magnetica e sofferente vittima del caos semantico di una New York complice nel disseminare di trappole il percorso di Brandon ad ogni longitudine.Mai volgare neanche nelle scene più crude e esplicite, Shame è un film sull'anima che attraversa la carne. Un'opera ambiziosa e coraggiosa che sprigiona una forza incompiuta, ben visibile, forse un po' acerba, sicuramente cristallina. Almeno tre scene da mettere nell'album dei ricordi: Sissy canta una malinconica New York New York sotto le lacrime del fratello che in uno sguardo esprime tutto il senso del mestiere attoriale.

voto: 7


Voto redazione--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------Chiara: 6   |   Presidente: 6   

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