Recensione di Valter Binaghi (da qui)
Cominciamo con una collocazione fin troppo facile, di quelle che piacciono ai distributori e ai librai (“Di che parla questo libro? D’amore o di morti ammazzati?” “Tutt’e due signora mia”). Abituati ai paesaggi liguri di Magliani, dove echeggiano i passi del maestro Biamonti (ma Magliani è ormai a sua volta un maestro, non deve più niente a nessuno), qui ci troviamo di fronte a un romanzo che si potrebbe definire post-coloniale. Come si vendica il colonizzato, una volta che ha nel mirino l’europeo supponente e colonizzatore, sparando una pallottola di grosso calibro o meglio distruggendone la prole a cui smercia droga purissima?
Almeja, il giovane argentino protagonista, è uscito vivo dalla guerra delle Falkland. Gli si propone di aderire a un complotto contro le forze di Sua Maestà Britannica, ordito da reduci che si recheranno in Europa, ad assassinare ufficiali inglesi in vacanza. Rifiuta, essendo attratto piuttosto dal mito del benessere europeo che spera di raggiungere grazie al suo talento calcistico e a un cognome ligure, anzi contribuirà alla denuncia e allo smantellamento del progetto criminale. Poi, però finirà a spacciare droghe chimiche ai militari delle basi NATO, e dunque a perpetrare in altro modo la studiata vendetta.
La spiaggia dei cani romantici è a Lloret de Mar, località balneare spagnola dove Almeja incontra un gruppetto di giovani connazionali, che campano offrendo serate elettriche da gigolò alle turiste nordiche. Non si tratta solo di un luogo di passaggio nel romanzo, ma è la vera e propria cartina al tornasole di quanto sia illusoria la volontà di riscatto dei colonizzati, cui le donne borghesi e la dorata servitù rubano la vita. Memorabile il finale, dove un paio di essi, ridotti a caricatura del proprio mito, accettano di comparire in un programma televisivo olandese, in cui signore di mezza età cercano il commovente incontro con gli amori estivi di trent’anni prima.
Difficile pensare a una storia che meglio di questa sveli le luminarie e le cloache di una globalizzazione vissuta dal basso, dalla parte dei sogni ingenui e della volontà di riscatto dei migranti, che s’infrangono contro il carattere spietatamente mercantile (il mercato delle emozioni, la più preziosa delle merci) cui il mondo “libero” del secondo dopoguerra si è ridotto.
Io che di Magliani sono lettore antico ed entusiasta (ho recensito altri suoi libri qui e qui) ho divorato questo in due giorni, convincendomi una volta di più che quel che mi piace trovare in un romanzo è esattamente l’inutilizzabilità della frusta contrapposizione tra ciò che è “letterario” e ciò che è “di genere”: la prosa di Magliani sa essere vibrante e raffinata, echeggia il sostrato etnico dei personaggi che via via mette in campo. E’ vero che essi fatalmente confluiscono in una Liguria che è psiche prima che paese, la Liguria natìa di Magliani il quale però scrive di Argentini, Spagnoli e Olandesi come di gente sua, perchè prima che scrittore è stato marinaio e vagabondo per cento porti di mare, e adesso in Olanda ci vive.
L’ossessione di vite spezzate da promesse tradite o conversioni forzose, di memorie infrante da ricomporre, è presente qui come in altri suoi romanzi, che ripropongono l’interrogazione antica dell’esploratore marittimo ad ogni avvistamento di costa (“Isola o continente?”), ma qui il risultato letterario supera in eleganza e vitalità i precedenti e ci dà il suo libro più bello. Una sostanza narrativa multiforme e ricchissima, un ritmo che t’inchioda alla pagina e personaggi che non si dimenticano, in bilico tra il languore romantico di chi si butta e il cinismo di chi resta alla finestra della vita, e già sa che se ne pentirà.
Marino Magliani, La spiaggia dei cani romantici, Instar Libri, 14 euro