4 aprile 2013 Lascia un commento
Giallo o nero se si preferisce, progressione imperiosa e incalzante che inizia con un tentato suicidio della protagonista, Jeanne Moreau che subito dopo vediamo partire e far fuori un tizio che evidentemente conosce appena e immantinente si mette in caccia di un altro ed un altro ancora.
Ad ogni omicidio viene svelato un pezzo del rebus sino alla conclusione finale.
Bel film perche’ ben girato e con un equilibrio interno notevole, buona scansione della trama ed effetto complessivo ben riuscito. Dichiarato omaggio di Truffaut a Hitchcock, il film si rivela un buon epigono seppur non all’altezza del Maestro, e chi potrebbe riuscirci, ma anomalo quel tanto che basta nella sua filmografia da far apprezzare non solo il tentativo pienamente riuscito ma una malleabilita’, che confesso non mi aspettavo, per quanto s’intende, il cineasta francese ci ha abituati a salti simili.
Tratto da un racconto di Cornell Woolrich che ha ispirato un’infinita’ di altre opere, tra le quali fumetti, sceneggiati televisivi e a ben pensare ha lasciato uno zampino dentro "Kill Bill", la versione di Truffaut non fa rimpiangere nulla.
La Moreau e’ bella si, brava si, ma in un caso o nell’altro non e’ il mio tipo e poi come posso dire, troppo francese per i miei gusti. Protagonista in ogni senso, domina la scena sin dalla sigla di testa che con un trucchetto, catalizza da subito l’attenzione dello spettatore maschio ed ecco tutto il ’68, sfogo pruriginoso ammantato da rivoluzione, esce allo scoperto per accontentare un po’ tutti.
Infine una piccola e personalissima nota di colore. L’unico albo di Dylan Dog che mi piace e conservo e’ "Giorno maledetto", straordinario sotto tanti punti di vista per quanto mi fossi sempre domandato cosa avesse ispirato la sua trama. Ebbene "La sposa in nero" mi porta a Woolrich e Woolrich allo sceneggiato Rai "Appuntamento in nero" che vidi nel 1978 e dal quale il fumetto ha tratto molto piu’ che semplice ispirazione. Curiosa la vita