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La storia del presepe "tutto merito di san francesco"

Da Lauramarchiaro
GIOTTO - IL PRESEPE DI GRECCIO
TUTTO MERITO DI SAN FRANCESCO
Sì il presepe così come lo conosciamo noi, con la grotta al centro e tutti gli uomini che vanno verso il Bambino, fu in­ventato da Francesco di Assisi, il santo ottimista amante della natura, che predicava alle ron­dini e salutava cortesemente le pecore e gli agnelli. Francesco ci ha lasciato nel presepe un mondo piccolo e ideale, che l'uomo può costruire con le sue mani ma deve inventare ogni anno, senza venir meno alle piccole leggi del ricordo e del simbolo: altrimenti il prese­pe non porta più un messaggio e diventa solo un gioco. Leggiamo nelle cronache del tempo che Francesco – qualche tempo prima di intonare il suo Cantico delle creature in cui, prestando voce agli elementi, loda Dio per fratello Sole e fratello Vento, per sorella Acqua e sorella luna, per fratello Fuoco e
sorella morte – inventò a Greccio, vicino a Rieti, il primo presepe. Francesco era famoso in tutta la cristianità per la vita che conduceva: da quando si era spogliato dei suoi abiti davanti al vescovo per ridarli al genitore, molti giovani avevano lasciato beni e professione per seguirlo nel suo ideale di povertà. Egli parlava del Vangelo con tale entusiasmo che la gente e persino gli uccelli lo ascoltavano attenti. Nell’anno 1210 era stato a Roma da papa Onorio III e gli aveva chiesto l’approvazione della sua Regola di vita con i fratelli, in povertà assoluta, predicando il Vangelo nella semplicità, Il papa aveva elogiato il suo nuovo modo di essere cristiano e gli aveva permesso di costituire una famiglia religiosa. Mentre tutti pensavano alla guerra e a vendicare torti veri o presunti egli, “armato” del perdono e della parola di Gesù, nel 1219 partì crociato in oriente: fu ricevuto dal sultano al-Malik- al-Kamil e potè visitare i pace i luoghi santi della vita del Signore. Il ricordo più intenso di questo viaggio fu la visita alla grotta di Betlemme ove il Signore volle nascere nella
povertà. Un giorno un nobiluomo di nome Giovanni, incontrando Francesco, gli chiese cosa doveva fare per seguire le vie del Signore. Francesco gli disse di prepararsi e preparare il Natale. Allora quel tale fece costruire una stalla, vi fece portare del fieno e condurre un bove e un asino. Poi arrivò dicembre… La notte di Natale del 1223 molti pastori e conta­dini, artigiani e povera gente si avviarono verso la grotta che Giovanni da Greccio aveva preparato per Francesco. Alcuni avevano portato doni per farne omaggio al Bambino e dividerli con i più poveri. Francesco disse di volere celebrare un rito nuovo, più intenso e partecipato; per questo aveva chiesto il permesso al papa. Inviò un sacerdote, che su un altare improvvisato celebrò la Messa. Francesco, attorniato dai suoi frati, cantò il Vangelo. Francesco stava davanti alla mangiatoia ricolmo di pietà, cosparso di lacrime, traboccante di gioia. Dopo il canto del Vangelo, “Fratelli – dice Francesco – questa è la festa delle feste. Oggi Dio si fa piccolo infante e succhia un seno di donna”. La commozione è tale che Francesco stesso si sente egli stesso un bambino e comincia a balbettare, come fanno appunto i bambini. Allora fu
visto «dentro la mangiatoia un bellissimo bam­bino addormentato che il beato Francesco, stringendo con am­bedue le braccia, sembrava de­stare dal sonno». Fra i testi­moni del miracolo molti erano personaggi degni di fede e que­sto contribuì a divulgare la no­tizia in tutto il Lazio, l'Umbria e la Toscana fino a Genova e Napoli: ovunque ci fosse un convento e ovunque si festeg­giasse il Natale. Da quel miracolo molti trassero benefici spirituali e corporali: alcuni si convertirono e di­ventarono più buoni, altri presero il fieno della mangiatoia di Greccio e lo usarono come medici­na contro i malanni degli uomini e delle bestie; una donna, travagliata da un parto difficile, tro­vò forza e pace... Nacque felicemente un bambino e fu festa per tutta la casa. Tutto il paese sapeva di questi prodigi e teneva memoria di quella notte santa, quando un Bam­bino era apparso a Francesco, che aveva voluto rico­struire l'ambiente del primo Natale in un bosco del­l'Appennino. La vita riprese serenamente nei conventi dove abitavano gli amici di Francesco, nei casolari dei contadini e nelle città dove Francesco andava
predicando la pace fra le fazioni avverse e le famiglie ostili.
Un giorno di dicembre un frate molto timorato di Dio chiese a Francesco «se anche a Natale rimaneva l'obbligo di non mangiare carne, dato che quell'anno cadeva di venerdì». Francesco, con ferma dolcezza, lo apostrofò: “Tu pecchi, fratello, a chiamare venerdì il giorno in cui è nato per noi il Bambinello”. Questa è festa grande, diceva, e raccomandava che anche agli amici animali quel giorno fosse dato cibo in abbondanza e che il bue e l’asinello avessero una doppia razione di biada. Il suo insegnamento venne poi raccolto dai valli­giani e dai contadini: spesso le fanciulle delle contrade dove Francesco era passato spargevano al vento e per le strade granaglie e frumento, perché le allodole e i petti­rossi, gli scriccioli e le tortore selvatiche non avessero a soffrire per mancanza di cibo. Questa è la storia vera del presepe, e adesso andiamo a stendere il cielo con la stella cometa, a mettere la neve sugli alberi e le montagne, a imbiancare la città, a far volare l’angelo della gloria tra le stelle lucenti.
– Nonno, ma perché quest’anno l’angelo reca una scritta strana? E’ la solita scritta: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama”; solo che è in inglese, in russo, in arabo e in cinese. -Ma tu, nonno, sai leggere il cinese?  -No, e nemmeno il russo e l'ara­bo. Ma Gesù è amico di tutti i bambi­ni del mondo e parla di pace in ogni lingua e paese.
IL PRESEPE
in Francia si chiama Crèche, in Germania Krippe, in Spagna e America Latina si chiama Nacimiento, nella Repubblica Ceca si dice Jeslicky, in Brasile si dice Pesebre, e in Costa Rica si dice Portal.

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