Gli ultimi tre giorni di gennaio, ritenuti i più freddi dell’anno, sono conosciuti come i “giorni della merla”.
Secondo una leggenda padana, una merla per sfuggire ai rigori dello scorcio di gennaio, si sarebbe riparata in un comignolo. A causa della fuliggine, da bianca che era, ne uscì nero fumo. E’ da allora che tutti i merli diverranno di piumaggio scuro. Dietro a questa leggenda vi è tutto un sostrato culturale ricchissimo, riferibile alla tradizione contadina dell’area padana e prealpina. Secondo un’antica credenza, il canto del merlo annuncerebbe i primi tepori primaverili: “quando canta il merlo siamo fuori dall’inverno”. In omaggio a questo convincimento, nei comuni che si affacciano sull’Adda, il 30 di gennaio è usanza intonare il cosiddetto ‘canto della merla’. Un caratteristico canto popolare caratterizzato da un vivace ‘botta e risposta’ tra i cantori assiepati sulle due rive opposte del fiume. Con questo canto si intende sollecitare l’arrivo della bella stagione. Inoltre, il numero ‘tre’ (i ‘tri dì’ della merla) va letto in chiave simbolica, come simbolo propiziatorio. Mentre, nel cambio di colore dell’uccello, da bianco a nero, andrebbero ravvisate le tracce di un antico rituale di iniziazione. I “giorni della merla” si configurerebbero, dunque, come un periodo di passaggio, uno spartiacque tra inverno e primavera, accompagnato da tutto un ricchissimo corredo simbolico tipico di questa epoca dell’anno. E’ in tale cornice che vanno lette le numerose tradizioni della val Padana, ma anche del Piemonte e della Lombardia, legate agli ultimi tre giorni di gennaio. Si cerca di esorcizzare il buio e il gelo, di sconfiggere le fredde brume padane con canti, falò, mascherate e botti. Tutti riti propiziatori legati alla cacciata dell’inverno che trovano il loro momento topico nell’accensione dei fuochi lungo l’argine del Po e dei suoi affluenti. Il momento di raccoglimento intorno ai falò diventa l’occasione per gustare i piatti della tradizione, come salamelle, polenta e ‘sbrisulun’. La torta sbrisolona, così denominata per la sua friabilità, originaria del mantovano, risalirebbe all’epoca dei Gonzaga (Testo di Maria Ivana Tanga).Questo dolce occupa un posto d’onore tra le specialità della cucina mantovana. Il suo nome, che varia da sbrisolona, sbisolina e così via, si deve alla proverbiale facilità a sbriciolarsi del suo composto poco legato.La farina di mais testimonia l’origine contadina del dolce, che sembra si sia nobilitato quando giunse alla corte dei Gonzaga nel '600. Li vennero introdotte le spezie, lo zucchero e le mandorle, che ancora oggi nella sbrisolona contadina non si usano.
Fra gli ingredienti ci sono le mandorle e non le noci, a motivo della loro diversa simbologia: le prime rappresentavano la luce e la rinascita, le seconde erano invece uno dei prodotti usati dalle streghe.
Anticamente la sbrisolona era chiamata “torta delle tre tazze” per l’eguale quantità, misurata in tazze, dei suoi tre ingredienti canonici: farina gialla, farina bianca e zucchero.
Ciò che rende unica questo dolce è la sua innata capacità di sbriciolarsi. Com’è possibile tagliarlo con un coltello e ricavarne tante fette uguali e ben definite? Non lo è, e allora ecco la licenza di usare le mani e di spezzettarlo con le dita. (fonte Taccuini Storici)La torta delle "Tre Tazze" o "Sbrisolona"Ingredienti 250 gr farina Petra 5, 250 gr Mais Marano, 250 gr di zucchero semolato, 250 gr di burro, 150 gr di mandorle tritate, più un paio di cucchiai di mandorle intere, 3 tuorli bio o 1, 1 stecca di vaniglia, 1 limone non trattato.ProcedimentoTostare le mandorle in forno, lasciarle raffreddare e tritarle finemente. Incidere la vaniglia in lunghezza e recuperare tutti i semini. Nella planetaria mescolare Ie farine, le mandorle tritate, lo zucchero e il burro ottenendo un composto granuloso, non amalgamato.Con lo spray staccante ungere una tortiera bassa di 26 cm di diametro o 5-6 stampini da 10-12 cm, versare il composto.Ungete una tortiera e versare l’impasto rendendolo uniforme con le mani e decorare generosamente con le mandorle intere. Cucinare nel forno statico già caldo a 180° per 45' o 25' per le tortine piccole (ricetta di Anna Maria Pellegrino :)