Volevo tralasciare la vicenda in quanto potrebbe sembrare una polemica priva di vera rilevanza. Cercherò invece di commentarla sinteticamente, perché getta luce su abitudini mentali sbagliate e allarmanti. In breve: Saviano chiede 4,7 milioni di danni all’editore del Corriere del Mezzogiorno, che ha messo in dubbio la sua riscostruzione di una vicenda riguardante Benedetto Croce. Se volete risparmiarvi tutto il rimbalzare tra fonti che mi è toccato cercando di capire da dove avesse origine la versione di Saviano, vi rimando a una trascrizione di parte dell’articolo del 1883 da cui tutti attingono e da cui si capisce che, contrariamente a quanto sostiene Saviano, la storia delle centomila lire era una voce che girava, non un racconto del giovane Benedetto Croce subito dopo la tragedia. Certo, una foto dell’articolo originario sarebbe meglio, ma è del 1883 quindi per me irreperibile e dal contesto non mi pare che la pagina che ho linkato avrebbe avuto motivo di creare un falso, tanto più che questo articolo del 1883 sicuramente esiste, come dimostrano gli sviluppi della querelle.
Quello che mi fa andare in bestia, oltre all’abominio della querela da parte di una persona che rischia la vita per le cose che ha detto e che fa un programma incentrato sulla ‘parola’ (la sua e basta, evidentemente), e che parrebbe avere più torto che ragione nella ricostruzione che propone, e oltre all’idea che uno “scrittore” possa dire quello che gli pare anche quando fa riferimento a fatti realmente accaduti o si presenta in contesti giornalistici in cui la verifica è d’obbligo, è che la gente prenda le difese di Saviano. Nei vari commenti agli articoli sulla vicenda apparsi sul Corriere, accanto allo sdegno contro Saviano che sinceramente ora condivido nel merito se non nei toni, ho letto anche insulti pesanti alla nipote di Croce, Marta Herling, ritenuta addirittura indegna di suo nonno, nonché difese di Saviano per il suo coraggio, ruolo morale, eccetera eccetera – non perché nel merito della singola cosa ha ragione. Mi ricorda gli attacchi a Dal Lago quando si era permesso di criticare Saviano nel suo libro.
La morale è che non si può criticare Saviano senza venire aggrediti e insultati da persone che si sentono, per il solo fatto di stare dalla sua parte, moralmente superiori. Persino chi si azzarda a farlo lo stesso, salvo rare eccezioni, si sente obbligato a partire con un attestato di stima (anche chi è in polemica con lui!). Quello che più mi ha indispettito di tutta questa vicenda sono stati i commenti del tipo: ‘Saviano ha sfidato la mafia, Saviano è un uomo retto, vergogna a voi che lo criticate!’ Insomma, chi se ne frega di qual è la verità. L’importante è il prestigio di chi sostiene una versione. Lo stesso Saviano, da Mentana, per suffragare la sua tesi, fa appello alla chiarissima fama della suo fonte Ugo Parri e ai premi da lui vinti, come se questo rendesse la sua ricostruzione più vera.
A me interessa se il povero padre di Bendetto Croce ha detto o no quella frase. Soprattutto, siccome non sopravvivono nè registrazioni nè testimoni e quindi non lo sapremo mai per certo, mi interessa che si presenti la vicenda per quello che è, cioè una voce non dimostrata, e che chi si occupa di ricostruzioni storiche lo faccia con umiltà, trasparenza e scrupolo. Italiani, Roberto Saviano non è Dio, smettiamola con questo ipse dixit pigro e cattivo. Ragionate con la vostra testa, non con quella di Saviano o chicchessia.