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La Via Catalana è un successo: mezzo milione di persone chiedono un referendum per l'indipendenza

Da Rottasudovest
I segmenti in cui sono stati divisi i 400 km dal confine francese fino alla Comunitat Valenciana, erano oltre 700. E tutti sono stati riempiti da così tanti catalani che si poteva fare più di una catena umana. La Via Catalana, per chiedere una svolta indipendentista alla Catalogna, è stata un successo. Secondo El Periódico de Catalunya hanno partecipato alla catena umana oltre 1,5 milioni di persone; da Madrid sia El Pais che El Mundo ammettono il successo e contano centinaia di migliaia di persone in strada. Sulle strade di Catalogna è stata una grande festa di popolo, che neanche la pioggia scesa in mattinata sulle manifestazioni e gli omaggi ufficiali, a Barcellona, ha potuto rovinare. E' stata una festa di tutte le generazioni, le foto raccontano di molte famiglie vestite di giallo e di rosso, di molti giovani e di altrettanti anziani. 'Ci siamo stufati' dicevano alcuni striscioni che accompagnavano la catena umana, ai lati delle strade. E' stato il trionfo della estelada, la bandiera indipendentista, sulla senyera, la bandiera nazionalista; sulle reti sociali hanno pubblicato persino fotografie di pranzi di matrimonio celebrati con la estelada alle spalle degli sposi; la estelada è entrata anche al Camp Nou, lo stadio del Barça: la Via Catalana è passata anche per di là. 24 anni fa la Via Baltica, la catena umana che unì le tre capitali delle repubbliche baltiche, fu il primo passo verso l'indipendenza e la dissoluzione dell'Unione Sovietica. Cosa succederà adesso, dopo il successo non imprevisto della Via Catalana, che fa il paio con la grandiosa manifestazione indipendentista della Diada 2012?  Non bisogna entusiasmarsi. E' vero, l'Assemblea Nazionale Catalana, che ha organizzato sia la manifestazione dello scorso anno, sia la catena umana di quest'anno, ha messo in imbarazzo il Governo di Artur Mas, obbligandolo a un discorso soberanista che non è nelle corde di CiU, il partito nazionalista moderato-conservatore che da decenni guida la Catalogna, utilizzando astutamente il continuo tira e molla con Madrid, per ottenere vantaggi fiscali e una sempre maggiore autonomia in tema di Sanità e Scuola. Artur Mas continuerà a chiedere a Madrid un referendum e continuerà a esigere il diritto di decidere che ormai buona parte della Catalogna, anche quella che si sente spagnola, riconosce alla regione (solo che un referendum di questo tipo dovrebbe essere realizzato non solo nella regione interessata alla secessione, ma nell'intero Paese).  Ma a Madrid troverà le orecchie sorde di Mariano Rajoy, che ha lasciato nello stesso stand-by i Paesi Baschi, a un passo dalla pace, vista la fine della lotta armata dell'ETA. Mariano Rajoy è un leader abituato ad aspettare che passi la tempesta, senza prendere alcuna decisione nel frattempo. Lo sta dimostrando nello scandalo di corruzione del PP, in cui è stato coinvolto dall'ex tesoriere Luis Bárcenas: non ha detto una sola parola, se non obbligato a presentarsi in Parlamento per dare spiegazioni (e la spiegazione è stata che lui è un uomo onesto che si è fidato di un delinquente e amen se questo è costato al Paese milioni di euro in evasione fiscale). Lo sta dimostrando nella fine dell'ETA: la banda terroristica deve dissolversi, i terroristi devono andare in galera e scontare le pene fino alla fine e amen; che il 50% dei baschi voti per partiti nazionalisti e indipendentisti non è cosa che lo tocchi, non è questione che richieda un nuovo patto, su basi democratiche e finalmente pacifiche, tra Euskadi e Madrid. Lo sta dimostrando nella questione catalana: una delle regioni più importanti e inquiete minaccia la secessione, Rajoy parla della legalità e rifiuta qualunque mediazione, cercando, anzi, di privare Barcellona di alcuni elementi della sua autonomia, come il controllo del sistema scolastico. Che sia necessario, in base alla peculiarità della Spagna, composta da così tante nazionalità, un nuovo patto tra le regioni, rendendo il Paese magari più federale, evitando il tradizionale centralismo di Madrid, voluto dalla cultura castigliana, non gli passa per la testa. La Via Catalana capita in un momento storico sbagliato, avendo a Madrid il peggior Presidente del Governo della democrazia, il più inadeguato ad affrontare le sfide che la Spagna ha di fronte. La crisi economica, politica, sociale poteva dar vita alla Spagna del XXI secolo, con le adeguate riforme costituzionali, per adeguare anche la monarchia al nuovo secolo, con una nuova legge elettorale che dia il giusto peso a tutti i partiti e che permetta agli elettori di votare i candidati e non le liste, con una nuova legge fiscale, per responsabilizzare le classi più abbienti, con un nuovo patto tra le nazionalità, che permetta e favorisca la convivenza di baschi e catalani sotto l'ombrello di Castiglia. Difficile cambiare un Paese, con un leader che aspetta che passi la tempesta.
Su elpais.com, su elmundo.es, su elperiodico.com, le foto della Via Catalana e della Diada.

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