Dopo le numerose contestazioni alla presentazione a Cannes, arriva nelle sale l'ultimo film di Kechiche, per il quale parlare di “storia lesbo” risulta essere limitante oltre misura…la vita di adele recensione cinema
Adèle è un adolescente media. Con la vita incasinata tra scuola, sigarette e rapporti sessuali, è ancora incerta sul futuro e insicura su quello che prova. Dopo aver provato l'amore etero, scaturisce in lei una pulsione sessuale per il proprio sesso, e in particolare per Emma, la ragazza dai capelli azzurri. La vita sembra scorrere bene per la coppia, ma la solitudine, si sa, porta su strade impervie.
Ritornando sulle parole della descrizione qui sopra, parlare di love story per La vita di Adele non è soltanto ostacolante, ma anche nocivo. La storia tra le due ragazze è senza alcun dubbio il cuore pulsante delle vicende, ma allo stesso tempo, e in maniera maggiore, è anche una piattaforma sulla quale costruire la crescita della protagonista, come suggerisce il titolo. Durante la visione capiterà più volte di pensare: “Questa è la mia vita”. Tralasciando l'ovvia deviazione del rapporto lesbo, per la maggior parte del pubblico il rapporto di false verità con i genitori, di emarginazione tra coetanei e di ricerca di una stabilità futura sarà un continuo deja vù; ed è incredibile come questo colpisca nel profondo. Kechiche ci fa crescere e legare in maniera indissolubile ad Adèle, attraverso le quasi tre ore che a molti potrebbero apparire eccessive. In realtà, a parte una serie più o meno abbondante di tagli (in particolare nelle scene di sesso eccessivamente autocompiaciute), l'intero pacchetto va preso per quello che è; con una durata di molto inferiore non si avrebbe avuto il medesimo effetto di immedesimazione e i medesimi occhi lucidi che anche la protagonista reca con sé.
Grande merito di questa carica empatica va alla regia, composta in maniera massiccia da primi piani e dettagli macroscopici. L'espressività filmica assume così caratteri immensi, grazie anche alle due bravissime attrici principali. Altro fattore di grande interesse è l'uso dei colori, laddove il bianco fa da sfondo al mondo del film e il blu si incarica di avvolgere e scaldare (Il blu è un colore caldo, il titolo della grapich novel da cui la pellicola è tratta) personaggi e ambientazioni.
Con le dovute precauzioni del caso, il lungometraggio si potrebbe quasi definire neo-neorealista, per la sua capacità di sondare la realtà e di riportarla a schermo immacolata. E' lo spaccato della non linearità della vita, che piaccia o meno, e non si può voltare lo sguardo solo perché fa male. Adèle non l'ha fatto, perché dovremmo farlo noi, che siamo lei?
PANACEA
Elia Andreotti
Regia: Abdellatif Kechiche – Cast: Adèle Exarchopoulos, Léa Seydoux, Salim Kechiouche – Nazione: Francia – Anno: 2013 – Durata: 179'
(42)