La vittoria di Pirro dei Referendum. Ecco quali saranno i reali effetti dei Sì

Creato il 14 giugno 2011 da Iljester

La prima cosa che probabilmente si è chiesto il cittadino che ha votato Sì al referendum è cosa succederà ora, convinto com’è che l’acqua sia stata salvata dalla privatizzazione e che nessuno sotterrerà sostanze radioattive sotto casa sua, o peggio, che nessuna nube tossica potrà mai oscurare il suo cielo per il sol fatto che in Italia non ci saranno centrali nucleari. Meglio ancora, che nessun terremoto o maremoto potrà nucergli la salute, o che nessuna legge (ora) salverà Berlusconi dai giudici.
La propaganda della sinistra e dei verdognoli di ogni risma, da questo punto di vista ha funzionato alla perfezione. Parecchia gente – anche di una certa intelligenza (e che non vota solo a sinistra) – ci è cascata come una pera cotta. È caduta nella trappola della propaganda, senza nemmeno porsi il problema, al di là delle belle parole e degli slogan, sui reali e concreti effetti di questi Sì. Che – sottolineo – non cambieranno nulla rispetto al passato, e che anzi in un certo senso ci riportano indietro nel passato, dando ai cittadini l’illusione di andare verso il futuro.
Acqua «privatizzata». L’abrogazione del decreto Ronchi è una vittoria di Pirro per i cosiddetti fautori e sostenitori dell’acqua «pubblica» ed è un danno al cittadino. La Comunità europea ha infatti emanato una serie di direttive che prevedono chiaramente l’introduzione del principio della concorrenza (attraverso il meccanismo degli appalti) per i servizi ai cittadini tra cui il servizio idrico (in particolare si vedano le direttive europee 92/50/CEE e 93/38/CEE), che il decreto Ronchi aveva attuato o cercato di attuare. E certamente è ridicola l’affermazione di chi ha sostenuto il Sì, secondo la quale dai servizi di cui parlano le direttive era escluso il servizio idrico, sulla base dell’art. 17 della direttiva cosiddetta «Bolkenstein» del 2006, che effettivamente pare lasciar fuori dagli appalti proprio i servizi idrici. La verità è però un’altra: l’esclusione è riferita all’affidamento degli stessi a operatori di altri Stati membri in deroga a quanto previsto dall’art. 16. E infatti ciò è dimostrato dal fatto che con i servizi idrici viene escluso dall’operatività dell’art. 16 anche il servizio elettrico (che in Italia è lasciato al mercato libero) e il servizio postale (anch’esso ormai operante nel mercato libero). Quali saranno dunque gli effetti reali dell’abrogazione? Semplicemente che continueremo a lasciare inattuata le direttive UE, con la possibilità che l’Europa ci sanzioni, o che – per evitare le sanzioni – creeremo tante società pubbliche, costituite da capitale pubblico (e dunque dal provento delle nostre tasse), alle quali verrà affidato il servizio idrico, con buona pace dell’efficienza e del controllo dei costi. Sappiamo tutti infatti che fanno gli enti pubblici. In Italia tendono a trasformarsi in stipendifici e carrozzoni politici atti all’unica attività che a loro riesce bene: sprecare i soldi pubblici, fornendo un servizio mediocre, scandente, elettoralistico e dispersivo.
Legittimo Impedimento. Questo è il referendum più inutile che sia stato proposto. L’ho già scritto, ma lo ribadisco. La legge in questione (la n. 51 del 2010) era già destinata a soccombere per una previsione interna alla legge medesima, sancita al comma 1 dell’art. 2, che stabiliva che la legge avrebbe cessato di essere applicata dopo 18 mesi dalla sua entrata in vigore. E quei 18 mesi scadono proprio a ottobre 2011. Considerando i tempi tecnici per l’operatività abrogativa del referendum, la legge, per effetto della pronuncia referendaria, verrà abrogata appena un paio di settimane prima della sua naturale scadenza. Una marea di soldi pubblici sprecata per un referendum i-n-u-t-i-l-e su una legge già morta.
Nucleare. Un altro Sì inutile. Abbiamo abolito la possibilità per il Governo di stabilire un piano energetico nazionale per diversificare le fonti di approvvigionamento dell’energia e la moratoria di un anno per riflettere sull’energia nucleare. La possibilità di costruire centrali non è stata affatto abrogata, perché la norma relativa era già stata cancellata con il decreto Omnibus. Ciò detto, il nucleare non verrà comunque attuato, perché comunque dal referendum appena conclusosi – un referendum di natura impropriamente consultiva (neanche ammesso dalla nostra Costituzione) – è emerso inequivocabilmente la volontà dei cittadini che non vengano costruite centrali nucleari nel nostro paese (ma le scorie?). Cosa accadrà dunque? Niente. Continueremo a non avere un piano energetico nazionale finalizzato ad avere una certa indipendenza energetica. Non lo abbiamo avuto per trent’anni, grazie ai verdognoli e ambientalisti della domenica, e volete che si inizi ora con quelle ridicole pale eoliche? La verità è un’altra: continueremo ad avere una forte dipendenza energetica dall’estero (gli affari sono affari), e in particolare dal petrolio arabo, dal gas tunisino, russo e libico e dall’energia nucleare francese (tutte energie verdi e rinnovabili. Soprattutto italiane. Vero?). Soprattutto continueremo a subire il pericolo degli incidenti atomici sul confine, visto che la Francia non rinuncerà di certo alle sue centrali per effetto del nostro referendum, e alle nubi radioattive poco interessa se qui in Italia non vogliamo il nucleare.
Insomma, alla fine chi ha guadagnato da questa bella prova di democrazia? I comitati promotori, che secondo la legge n. 157 del 1999, dalla consultazione positiva (il raggiungimento del quorum), incasseranno un rimborso referendario pari a 0,52 centesimi di euro per ogni firma valida del referendum.

di Martino © 2011 Il Jester 


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