Chissà cosa avrebbe detto D'Annunzio di quella collina scorticata per far posto a ville hollywoodiane, proprio sopra il suo Vittoriale. Magari avrebbe usato una sinestesia, figura retorica a lui tanto cara, per spiegare come oggi l'occhio si offenda quando tocca quel cantiere largo come undici campi da calcio. Un paesaggio lunare, un cratere sabbioso simile ad un'enorme cava o ad un improbabile fronte-frana. Oppure no. Avrebbe brindato ai fasti modernisti scelti dalle archistar di fama mondiale per accogliere i super ricchi del terzo millennio. Tra i quali, si narra, star del cinema del calibro di Clooney o Di Caprio. Siamo a Gardone Riviera, sulla collina ex Montedison, un panorama da favola che abbraccia mezzo lago e i suoi colori e i suoi profumi. Qui a fine Ottocento i nobili tedeschi nella stagione invernale salivano per bersi lo spettacolo dell'aurora, respirando a pieni polmoni la mite aria del Benaco. Qui un loro pronipote austriaco, dieci anni fa, ha deciso di trasformare la collina in un paradiso privato ad uso esclusivo di vip molto facoltosi (dieci milioni il costo medio di una villa). Il messaggio è connotato nel nome stesso del progetto, «Villa Eden», finanziato dal 35enne austriaco Renè Benko, titolare della Signa Holding. Buttato nel cestino il vecchio progetto alberghiero-residenziale che permetteva la realizzazione di ben 140 appartamenti per un totale di 40 mila metri cubi, la società austriaca ha deciso - dopo un lungo iter legale e due vittorie al Tar contro i lacci imposti dalla Sovrintendenza - di dimezzare le cubature, puntando sull'extra lusso. Ed è stata data carta bianca agli architetti Matteo Thun, David Chipperfield, Richard Meier e Atp Sphere per la progettazione di immobili esclusivi da oltre 500 metri quadrati l'uno. Il progetto parla anche di energie rinnovabili (fotovoltaico e geotermia), «chilometro zero» per i prodotti enogastronomici, «rifiuti zero» e ripristino ambientale con tanto di piantumazioni.
Ma la via per il paradiso è lunga è tortuosa. Proprio come quella percorsa ogni giorno dalle decine di camion in entrata e in uscita dal cantiere edile aperto la scorsa estate: il loro incessante passaggio ha rotto tubature e condotte, alza polvere e rumore e rende la vita dei residenti un inferno quotidiano, tanto da costringere il sindaco ad imporre ai costruttori la realizzazione di una viabilità alternativa entro il 21 dicembre.
La visione dei 78 mila metri quadrati di cantiere invece, per chi si sporge dalla frazione di Supiane o da Montecucco, ricorda la collina del purgatorio. Un enorme sbancamento realizzato su diversi livelli. Nel mezzo spuntano le fondamenta di cemento armato delle ville, mentre l'oscillazione delle gru, queste sì visibili anche dal lungolago, scandisce i giorni lavorativi dei subappaltatori.«Un altro pezzo di Gardone se ne va per sempre», ti dice un anziano che zappa il suo orto in quel di Supiane. Quando gli chiedi come sia possibile ti guarda ironico e risponde con un gesto eloquente, sfregandosi pollice e indice. E abbozza gli snodi salienti di una speculazione edilizia che - anche se in misura minore rispetto al basso lago - ha intaccato il paese già dagli anni Cinquanta, con casi limite come la trasformazione in zona residenziale (nel 1970) dell'ex Montedison da parte dell'amministrazione guidata dall'ex senatore Dc Aventino Frau. Un malcostume proseguito anche negli anni successivi, ricorda nel suo libro «Gardone Mitteleuropea» lo studioso Attilio Mazza che da sindaco - tra il 1989 e il 1991 - ha provato per un brevissimo periodo a mettere un tampone all'emorragia del territorio, a salvaguardare le ville storiche. C'è una scritta simbolica all'ingresso dei giardini privati del Vittoriale: « Rosam cape, spinem cave » (prendi la rosa, evita la spina). Il business delle seconde case a Gardone, come in altre zone del Garda bresciano, ha raccolto i miglior scorci paesaggistici. Ma quante spine a ferire gli sguardi...TRATTO DA CORRIERE DELLA SERA.IT/Brescia di [email protected] del 8 maggio 2013
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