Lagomorfi contesi
Creato il 30 novembre 2012 da Tnepd
Probabilmente non sapremo mai se quello mostrato alla stampa – e fatto vedere anche dalla trasmissione “Mistero” di Italia Uno – fosse un aborto di alieno o un coniglio senza pelle, perché Giovanna Podda si è disfatta del reperto. Mossa astuta o semplice leggerezza?
Temo in ogni caso che la signora sarda passerà alla storia come “la pazza del coniglio scuoiato”.
Una cosa è certa: rapimenti di donne terrestri da parte di alieni avvengono da sempre e l’opera di ibridazione della nostra razza dovrebbe ormai essere terminata. Secondo logica.
Non è terminata, invece, la brama di carne degli esseri umani, che hanno approfittato della naturale fecondità del coniglio per trasformarlo in cibo. Lo fanno da secoli, ma solo da qualche decennio lo stanno facendo in maniera industriale, ovvero immobilizzando ogni singolo individuo in spazi dove non si possa muovere e impedendogli l’espletamento delle funzioni comportamentali. Gli etologi dicono che anche questo è già di per sé un maltrattamento.
A differenza del comune sentire, ritengo che anche i conigli debbano essere lasciati in pace, almeno dalla nostra specie che ne è il principale predatore, e per tale ragione mi sono sempre opposto al loro martirio, nel limite delle mie possibilità.
Purtroppo, quando ci si trova di fronte ad un allevamento intensivo, si deve decidere se liberare solo qualche esemplare, sottraendolo alla sua triste sorte, o farne uscire dalle gabbie il più possibile, sapendo che dopo poche ore saranno recuperati dal loro aguzzino. In altre parole, il dilemma è tra qualità e quantità. Tra il benessere duraturo per pochi o l’alleviamento della sofferenza temporaneo per molti.
Nella notte tra il 6 e il 7 giugno 1998 scegliemmo la seconda opzione e siccome consideriamo importante anche l’aspetto educativo della faccenda – per quel poco che gli ibridi umano-alieni sono in grado di essere educati – ho fotografato un attivista all’interno del capannone, con una maschera di coniglio sul volto, mentre reggeva in braccio uno dei lagomorfi estratto dalla gabbia e ho mandato la foto ai giornali insieme alla rivendicazione del gesto.
Più di mille conigli poterono sgranchirsi le zampe all’esterno del capannone, per alcune ore, finché il mattino seguente non furono tutti recuperati dal carnefice, Luigino Gardisan, abitante a Camino al Tagliamento. L’anno dopo fui arrestato mentre mi accingevo a liberare visoni da un allevamento di Invillino, vicino a Villa Santina (UD), e il 21 settembre 2001 ci fu la sentenza del tribunale di Pordenone che aveva accorpato diversi procedimenti a mio carico, compresa la liberazione dei conigli, grazie ad alcune intercettazioni telefoniche che mi erano state fatte.
Per quei reati, se così si devono chiamare, godetti dell’indulto e non ho mai scontato i quattro anni di carcere che il Pubblico Ministero Simone Purgato aveva chiesto come condanna. Le altre violazioni di legge erano l’invio di finti pacchi-bomba ad alcune pelliccerie, la distruzione di capanni da caccia e addirittura la liberazione di visoni a Fiume Veneto (PN), dall’allevamento di Ezio Canciani, nella notte tra il 2 e il 3 novembre 1989, cioè ben dodici anni prima.
Le nostre logiche sono diverse da quelle imperanti e lo si capisce da come i padroni alieni della Terra descrivono i fatti. Ecco un esempio del loro linguaggio tribunalesco: “ Gli imputati, agendo in concorso tra loro e previo concerto, si impossessavano di n. 1500 conigli, al fine di liberarli, sottraendoli alla azienda agricola che li deteneva. Con le aggravanti di aver agito con violenza sulle cose e in tempo di notte, approfittando quindi di circostanze di tempo tali da ostacolare la pubblica e privata difesa”.
Nella notte del 4 novembre scorso, un fulmine, forse per l’inaspettata indignazione di Giove Pluvio, ha colpito quello stesso allevamento che avevo visitato quattordici anni fa, causando la morte di 8.000 conigli. L’articolo del Gazzettino dice che sono bruciati vivi, ma potrebbero anche essere morti asfissiati dato che durante il sopralluogo che ho fatto pochi giorni fa non ho notato segni di bruciatura sulle pareti dei capannoni, né materiale semicarbonizzato accatastato nel cortile. Qualcuno sospetta che si sia trattato di una messinscena per truffare l’assicurazione, ma in ogni caso la produzione è ricominciata e molte fattrici avevano già la loro nidiata di coniglietti, con la fila di gabbie vuote, poste superiormente, in attesa di riceverli.
Qualcosa di simile è successo a Piacenza d’Adige il 3 luglio scorso, come raccontato dal Mattino di Padova e non è la prima volta che si sentono notizie di questo genere, con migliaia di polli e a volte anche mucche e cavalli, morti nel rogo dell’allevamento a causa di un corto circuito dell’impianto elettrico. E’ più raro però che la causa scatenante sia il fulmine.
L’idea di fare una fiaccolata, partendo da Codroipo (UD) e arrivando a piedi fino all’allevamento distante tre Km è venuta a Isabella Portolan, mia ex moglie, durante il viaggio di ritorno da una manifestazione antipellicce a Montirone. Poiché far fare agli animalisti sei chilometri tra andata e ritorno, con poca visibilità trattandosi di strade scarsamente frequentate, è richiesta piuttosto impegnativa, ho pensato a qualcosa di diverso dal solito corteo e mi sono venuti in mente i 100 % Animalisti di Padova.
Loro sanno trovare gli spazi giusti per rendersi visibili e per avere risonanza mediatica. Talvolta anche un semplice striscione attaccato da essi nel posto giusto riceve l’onore delle cronache.
Così ho proposto un presidio a Paolo Mocavero, presidente dell’associazione, spedendogli le foto dell’allevamento. In questo caso non c’è bisogno di un gran numero di attivisti, specie se si va davanti alla casa dell’aguzzino piuttosto che fuori dal lager che in questo caso – come quasi sempre – è in aperta campagna.
Urlare slogan davanti a un’abitazione privata non è reato se si resta sulla strada pubblica, a meno che il capo delle forze dell’ordine in seguito sopraggiunte non sia di diverso avviso. A San Polo d’Enza (RE) lo abbiamo fatto, di fronte alla casa di un dipendente della ditta Morini, specializzata nell’allevare cavie, e anche i 100 % so che l’hanno fatto di fronte ad abitazioni di cacciatori.
Sembra però che la questura non autorizzi manifestazioni di tal genere e sia quelle di San Polo sia quelle organizzate da Paolo e dai suoi collaboratori siano compiute senza prima spedire il classico fax alla questura, tre giorni prima della manifestazione. Siamo dunque in un limbo border line dove tutto è lasciato alla discrezione del comandante della piazza.
Mi sarebbe piaciuto anche portar via un paio di coniglietti, lasciando decidere ai convenuti, sul momento, se preferivano il presidio davanti alla casa del conigliaro o dirigersi direttamente ai capannoni, attaccare qualche striscione e portar via qualche animale.
Avevamo scelto anche una data: sabato 8 dicembre e il tutto si sarebbe svolto in maniera indolore in pochi minuti, giusto il tempo di attaccare i manifesti sui muri dell’allevamento – chiuso perché di giorno festivo – fare le foto da allegare ai comunicati stampa e andare al bar a socializzare tra noi, con la piacevole sensazione di aver sottratto alcune creature innocenti dalle mani insanguinate dei rettili senza cuore.
Nulla di tutto questo avverrà. I conigli resteranno al loro posto. Noi mammiferi originari della Terra siamo in minoranza e abbiamo sempre avuto terrore dei dinosauri, fin da quando eravamo toporagni. I rettili hanno un fascino tutto particolare e noi umani a sangue caldo ci siamo sempre lasciati irretire.
Le stirpi aliene in sembianza rettiloide, sbarcate sulla Terra illo tempore, hanno occupato nel tempo tutti i gangli vitali della società, rendendoci mandria sotto la loro giurisdizione e avendo l’accortezza di lasciarci credere di essere liberi, così da non sentire il bisogno di ribellarci a una schiavitù di cui non vediamo sbarre e catene. Hanno svolto mansioni direttive in qualità di legislatori, sbirri, monarchi, generali, imperatori e re, oltre a quella molto importante di guide spirituali. In tempi moderni, con lo sviluppo di internet e, prima ancora, della stampa a caratteri mobili e delle rotative tipografiche, hanno gestito alla perfezione l’aspetto propagandistico, che ha sempre avuto enorme importanza nell’opera di manipolazione delle nostre menti.
Se siamo la razza più assurdamente malvagia che esista nell’universo e se non ci siamo mai evoluti, lo dobbiamo a quell’antica casta aliena che ci sta parassitando da migliaia d’anni. E’ per questa ragione, per la pavidità che ci prende da secoli di fronte ai mostri squamati (noi non li vediamo così, ma il nostro inconscio sì) che l’otto dicembre nessun animalista verrà dal Veneto e da Trieste fino a San Vidotto, né io dovrò scrivere alcun comunicato stampa.
Non faccio una colpa a Paolo Mocavero e ai suoi collaboratori, che anzi si danno da fare tantissimo in tutto il Veneto e altrove, né alla triestina Francesca Vitturi, che sarebbe venuta insieme alla mia ex moglie, e nemmeno alla pordenonese Daniela Billiani, che non sarebbe venuta, perché si tratta di persone a sangue caldo e con la coscienza desta che fanno tantissimo per gli animali oppressi.
Io al momento non so cosa farò, tenuto conto che l’allevatore non si premura neanche di chiudere a chiave i capannoni: forse tornerò ai miei vecchi metodi, nonostante la paura che i mostri rettiliani sono riusciti a mettermi addosso con tutti i processi e le carcerazioni che mi hanno imposto. Per ora scrivo questo articolo, come un messaggio in bottiglia, e lo getto nell’oceano della crudeltà universale.
Scrivo, terapeuticamente, per allontanare i demoni e lanciare flebili gridi di protesta telematica a chi abbia orecchie per ascoltare e non sottocutanei timpani atrofizzati.
Scrivo e mi lascio andare ai bei ricordi, di quando le liberazioni di conigli – e di altri animali – andavano a buon fine, le bestioline venivano a casa con noi e nessun rettiliano in divisa veniva a romperci le scatole nei giorni seguenti, né postini in divisa ci portavano missive azzurrine con ricevuta di ritorno.
Era la fine degli anni Ottanta e nessun tribunale, ancora, si occupava di noi. Di me, delle compagne, degli amici e dei complici che ho avuto. Le cose filavano via lisce. Qualche divinità pagana, con o senza flauto, vegliava su di noi, benevola. Passata l’adreanalina, messi i conigli negli scatoloni o nei sacchi di juta, si filava a casa al sicuro, magari brindando con spumante messo da parte per l’occasione. I conigli dell’Istituto Zooprofilattico di Pordenone, visitato due volte, ci camminavano fra i piedi nella casa di Valvasone (PN) dove abitavo in affitto. Noi potevamo tirare un sospiro di sollievo, con il bicchiere di vino in mano.
Anche quando poi veniva la Digos a fare perquisizioni, perché in qualche modo erano riusciti a risalire a me, non ci lasciavamo intimidire e, passato qualche tempo, facevamo altre azioni, cambiando luogo e obiettivo. Anche i compagni spesso cambiavano, perché si trattava di attività che implicano parecchio logorio mentale.
Oltre ai conigli dell’Istituto Zooprofilattico, mi vengono in mente quelli del cascinale di Montesoffio, in provincia di Urbino. Avevamo due macchine quella notte, perché sapevamo che c’erano una ventina di conigli in una stalla di facile accesso. Un attivista, che poi li avrebbe portati tutti con sé, venne dall’Emilia Romagna; io e la mia compagna dell’epoca abitavamo in zona. Era la fine di marzo del 2005 e i giornali locali riportarono per intero il comunicato che mandammo loro, di cui riporto qui una frase per mostrare lo spirito che ci animava: “I conigli moriranno di vecchiaia, accuditi amorevolmente, e il loro destino non sarà quello di venire digeriti dai vostri immondi stomaci”.
Stomaci rettiliani.
Così avviene, cari lettori, che i nostri sogni di libertà e i bei ricordi delle liberazioni passate facciano a pugni con la realtà del carnismo diffuso nella società cadaveriana, che va avanti per la sua strada senza tanto clamore, con picchi di cattiveria che assurgono alle cronache giudiziarie quando si supera un certo livello ritenuto eccessivo anche per le coscienze rettiliane dei mangiacadaveri.
E’ il caso di quell’insensibile insegnante che è stato condannato a otto mesi con la condizionale per aver dato dimostrazione di quanto possa essere cattivo – e stupido – l’essere umano privo di coscienza. Sia chiaro: non è stato condannato per aver ucciso due conigli, ma per il modo con cui lo ha fatto, goffo e brutale, e ancora di più per averlo fatto davanti agli occhi dei suoi allievi.
Come sapete, la legge italiana punisce la visione delle sevizie offerta al pubblico e non le sevizie in sé. Questo, fin dalla formulazione del famoso articolo 727 del Codice Penale, mai modificato nella sostanza. Io, se dovessi cantare vittoria per questa condanna e definirla “svolta epocale” come fa la L.A.V., dovrei essere o un ingenuo patologico o un succube mammifero, ossequioso delle leggi rettiliane vigenti. Poiché non mi sento di rientrare in nessuna delle due categorie, anch’io, come la società cadaverina, vado avanti per la mia strada, avendo anche la presunzione, alla faccia di tutti i giudici, di tutti i tribunali e di tutti gli opinion leaders dalla pelle squamosa e dall’anima ancora più segmentata, di credere di essere nel giusto.
Per Giovanna “la pazza” i feti ibridi che porta in grembo sono come figli; per noi i conigli sono la stessa cosa.
A lei glieli portano via a tre mesi dal concepimento; a noi in continuazione.
Ogni animale è il nostro bambino rapito. I rettiliani satanisti ce li rubano ad ogni istante, come una volta facevano gli zingari e la nostra anima, per questo, è lacerata in miliardi di pezzi.
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