Quello che è accaduto nel mare di Lampedusa non è che l’ultimo (per ora) dei tanti episodi che hanno visto le coste della Sicilia al centro di un fenomeno di enorme portata, che ha potuto continuare a crescere, fino a raggiungere le dimensioni così preoccupanti che ha raggiunto, anche per l’assenza, in tutti questi anni, di efficaci contromisure.
Che non sono certamente le ridicole leggi italiane, rivelatesi peraltro inutili, se non addirittura controproducenti (come spesso accade nella vita, le misure che tendono a reprimere finiscono per fare del male, e questo proprio alle persone che quelle stesse misure intendevano, in teoria, proteggere).
Se solo si fosse dotati di onestà intellettuale ci si renderebbe facilmente conto di un dato molto semplice, davanti agli occhi di tutti, così evidente da essere ignorato: l’Italia è un Paese assolutamente non in grado di gestire correttamente problemi complessi; se va in crisi quando ha davanti a sé problemi semplici, di ordinaria amministrazione, figurarsi quando si trova alle prese con problemi così complessi come quello dell’immigrazione.
Come noto, l’elemento che caratterizza i fenomeni complessi è l’elevato numero di interdipendenze che presentano, e quindi l’impossibilità di poter far ricorso, per cercare di analizzarli, ai classici, tanto consolatori, rapporti di causa-effetto (un effetto, una causa); sarebbe anche bene, a tal proposito, che ci si convincesse che credere che il mondo funzioni grazie a schemi semplici è una pia illusione.
Se solo si fosse dotati di onestà intellettuale ci si renderebbe poi anche conto di un altro dato, altrettanto chiaro: la mancanza del tanto invocato sostegno dell’Europa è segno evidente della scarsa considerazione che i Paesi che contano nutrono nei nostri confronti (e come meravigliarsene?).
Quello che risulta “scandaloso” ammettere è che l’Europa non considera l’Italia come una sua parte; è inutile cercare di negarlo.
Sarebbe meglio, molto meglio, studiare un po’ di storia e di geografia e, dopo aver capito (una volta per tutte) che il nostro Paese, per la sua posizione geografica, è (lo è sempre stato) naturalmente esposto alle migrazioni, concentrarsi su come gestire questo dato; i problemi vanno affrontati con intelligenza, non negati (o “respinti”).
Nella tempesta di retorica che in questi giorni si sta abbattendo su Lampedusa (a cominciare dalla proposta di candidarla per il premio Nobel della pace, proposta avanzata proprio da quelle stesse istituzioni che per anni l’hanno lasciata da sola a fronteggiare l’enorme problema dell’immigrazione), fa poi ridere la storiella dell’accoglienza “del nostro Paese”.
In realtà, ad avere accolto, ad avere assistito le persone che in tutti questi anni hanno raggiunto l’isola di Lampedusa, non è stato “il nostro Paese”, ma chi in quell’isola ci vive, e cioè i lampedusani.