Le dimissioni del sindaco di Monasterace Maria Carmela Lanzetta, a cui balordi ndranghetisti bruciarono la farmacia e contro la cui macchina spararono, sono tristi.
Il giornalista Antonio Talia, mi vorrà scusare se lo cito, su twitter ha utilizzato la parola “ignavia”.
“Abbandonata,non intimidita”: la tradizionale ignavia calabrese
— Antonio Talia (@AntonioTalia) July 8, 2013
Ha ragione, Antonio.
Le dimissioni della Lanzetta e la sconfitta dell’ex sindaco di Isola Capo Rizzuto, Carolina Girasole, rappresentano le dimissioni, nel primo caso, e la sconfitta, nel secondo, della società civile. Perché ne ho fin sopra i capelli – anzi, mi sono proprio rotto le palle – di sentire espressioni come “lo Stato qui non c’è”. A non esserci è la società civile calabrese, il terzo stato, il popolo. E, di conseguenza, non c’è la classe politica calabrese che di quella società è lo specchio.
Aldilà del “no” che ha accompagnato la richiesta della Lanzetta di dichiarare il Comune parte civile in alcune vicende giudiziarie, decisione su cui lascio interrogarsi chi l’ha presa – avrà certo i suoi buon motivi -, a impaurirmi, a ferirmi è l’ignavia di noi calabresi. Ignavia. Andate a cercarlo su un buon dizionario italiano, ‘sto termine. E stampatelo, scolpitelo, disegnatelo, ficcatevelo in testa. Perché è questo che siamo. Ignavi. A partire da me. L’ignavia di chi “era giusto lo facesse ma non ora”, di chi “non doveva forzare la mano”, di chi “non era questo il momento”, di chi “ma sì, a noi che ce ne viene”.