Cosa stavi facendo, il 23 maggio 1992, alle 16:50?Io, sinceramente, mi ricordo poco nulla di quella giornata. Quando, in serata ad una festa tra amici, un mio comapgo di classe mi disse che era saltato in aria il giudice Giovanni Falcone, mi venne da dire, Falcone chi?
Ero giovane, pieno di sogni e pensavo che la mafia fosse un problema lontano, che non mi riguardasse ...
Sono passati 18 anni dalla strage di Capaci, contro il giudice, la moglie (Francesca Morvillo) e i tre agenti della scorta (Vito Schifani, Antonio Montinaro e Rocco Dicillo ). L'attentatuni è diventato maggiorenne, eppure sono convinto che la memoria storica sui fatti criminali del nostro paese, ancora debba farsi le ossa.
C'è ancora molto da fare, da raccontare e da scoprire, affinchè non capiti di dire “chi era costui” ?
Sappiamo molto poco dei mandanti esterni della strage di Capaci e ancora meno di quella successiva in via D'Amelio contro Paolo Borsellino.
Proprio per questo sarebbe bello che almeno per oggi la memoria del giudice Giovanni Falcone, così attaccato a calunniato da vivo, e così omaggiato da morto, venisse lasciata in pace.Non venisse strumentalizzata dal solito codazzo di politici che scoprono in un sol giorno l'antimafia dei professionisti, per abbandonarla il giorno dopo.
Ecco, andate a Capaci, oppure davanti all'albero della memoria, e statevene zitti.Mi riferisco a quanto si fanno paladini della lotta della criminalità, ma solo a parole.
Nei fatti, non una mossa per contrastare i patrimoni dei mafiosi (sempre meno distinguibili dai patrimoni puliti): la messa all'asta dei beni, le difficoltà nel tracciare i flussi dei capitali, la legge sulle rogatorie, gli scudi fiscali, la depenalizzazione del falso in bilancio e la quota di fondi neri “legalizzati”. La legge contro la corruzione di cui tanto si parla ma che non parte mai. Ultimo capitolo, la legge sulle intercettazioni e il bavaglio sulla stampa, che ci stanno rendendo ridicoli all'estero.
Non è un caso l'uscita del sottosegretario alla giustizia americano Lenny Brauer, sull'efficacia dello strumento delle intercettazioni nella lotta alla mafia. Perchè Cosa nostra è un problema globalizzato, non solo di Corleone o Palermo. O Milano.Deve decidere, questo governo, a che modello ispirarsi: se a Putin, oppure Obama.
A quanti dicono che con questa legge non cambierà nulla, basta ricordare la norma che prevede 3 giudici per le autorizzazioni, il milite di 15 giorni, i gravi indizi richiesti ..Ecco, nella sua vita da magistrato, Falcone si era battuto per avere delle norme che facilitassero il contrasto alla criminalità organizzata. Accentare in un pool le indagini, la superprocura, la collaborazione tra procure anche straniere, la sgerarchizzazione dei ruoli (tra procuratore capo e sostituti). Non si era sottratto alle indagini sui rapporti mafia e appalti, mafia e politica. Aveva auspicato una legge sui pentiti, che lo avevano aiutato molto nel comprendere le dinamiche dentro Cosa nostra, la sua mentalità, il potere.
Assistiamo oggi, ad un dualismo proccupante: da una parte gli slogan, i numeri di persone arrestate, di beni confiscati. Dall'altra gli stessi numeri, le stesse proposte, i fatti concreti mostrano un arretramento nella lotta a contrasto della mafia. Se ci sono tante confische, tante segnalazioni di attentati ad aziende anche al nord, significa che il fenomeno è in espansione.
Basta, per comprendere quale è la realtà, guardare i fatti: a Milano è saltato un processo contro esponenti di cosche della ndrangheta, per la mancanza di agenti della polizia penitenziaria.Tutto questo a Falcone, a Borsellino, agli altri magistrati e a tutti gli genti di polizia e carabinieri, non avrebbe fatto piacere.