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Lavorare per 5 euro l’ora e morire

Creato il 13 dicembre 2011 da Elvio Ciccardini @articolando

“Lavorare per 5 euro l’ora e morire” non è una canzone di JovanottiSia chiaro, Jovanotti in tutto questo non c’entra affatto. Non è lui il problema e nemmeno il suo concerto.

Gli artisti lavorano, cantando ed esibendosi. Per farlo serve un palco. Servono luci. Servono fili, apparecchi e tanto altro ancora. Qualcuno deve prendersi la briga di organizzare il tutto. Altri si prendono la briga di lavorare e fare “ciò che è necessario”…

 

Ed è sulla parola “necessario” che si svolge il dramma di un ragazzo che, come tanti, non un eroe o un simbolo, ha deciso di lavorare per studiare e vivere dignitosamente. Ciò che sarebbe normale in un contesto civile. Poi, nel gioco della globalizzazione e della politica inadatta a tutelare e governare, a volte capita che le persone muoiano per fatalità, per caso o per non curanza. Muoiono per 5 euro l’ora.

Questo teatro drammatico è il presente di una società che, prona e china, ha rinunciato ad ogni forma di dignità sociale, perchè costa troppo. Non è dignitoso perdere un’ora del tempo della propria vita per cinque euro. L’equivalente di un pacco di sigarette. Sopratutto quando il parcheggio di un’auto, probabilmente quella utlizzata per andare al lavoro, costa almeno il 20% di un’ora di lavoro.

Non è dignitoso dover concepire il lavoro come una “non opportunità” di emancipazione, in un contesto “insicuro” e “facilone” in cui è facile poter perdere la vita. Viviamo in un mondo globale, è vero. Ma non è necessariamente detto che le regole di questo mondo debbano essere scritte con un gioco al rilancio che è “al ribasso” di ogni forma di tutela e di rispetto della vita.

Il palco scriocchiola. Dondola. Poi cede. Lui muore. Il tour è sospeso. Questa, verosimilmente, è la sequenza. Poi ci si mette le mani nei capelli. Si guarda increduli. Si piange e ci si abbraccia per conforto. Alla fine il tour è sospeso.

Eppure “chi può” potrebbe intervenire per evitare tutto ciò.

E’ evidente che i lavoratori non possano tutelarsi. Non sono in grado. E’ evidente che le organizzazioni dei lavoratori non hanno la minima idea di come riformare il mercato del lavoro. Criticano con una capacità propositiva che è verosimilmente pari a quella di un essere apatico e disadattato. Però qualcuno può farlo per loro. Qualcuno che ha spesso il microfono in mano e un grande pubblico. Qualcuno che può sputtanare se necessario o che può imporre la propria “etica”, ammesso che ce l’abbia. La responsabilità etica di un cliente che impone al fornitore di servizi o di prodotti il “rispetto dell’uomo”.

Se Jovanotti, assieme a tanti altri, imponesse ai suoi fornitori un codice etico. Un guadagno minimo per i lavoratori. Una messa in sicurezza dei cantieri. Uno stipendio minimo per ora di lavoro lavorata. Jovanotti non sarebbe un cantante ma un cittadino civile che esercita un suo potere contrattuale per intervenire in una giugla mangia uomini.

Il problema della società odierna è, tra i tanti, quello della privazione e usurpazione di diritti e di lavoro ai giovani. I cantanti si rivolgono ai giovani, in musica e poesia. I cantanti, però, si rivolgono al mercato per svolgere il loro lavoro. Non a valle, perchè sarebbe un problema anche per loro, ma a monte, questo mercato potrebbe essere migliorato.

I microfoni servono, il potere contrattuale del cliente serve. E’, o meglio sarebbe, ora che chi lo ha decida di utilizzarlo, non solamente a vantaggio proprio, ma anche degli altri, che non necessariamente devono essere sempre considerati ultimi.

I cantanti italiani, spesso uniti in cause diverse, possono muoversi in questa direzione. Loro possono accordarsi, creare un “cartello musicale”, sfuggire alle mere logiche del mercato e imporle prima del “palco”, ribadirle “sul palco” e mantenerle “dopo il palco”.

Che lo spettacolo continui, magari in piazza e con una chitarra, senza sovrastrutture, senza luci, senza effetti… in fondo che lo spettacolo continui per chi, con 5 euro l’ora, non avrebbe mai potuto permettersi il risultato scenico di una macchina schiaccia uomini.


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