Immagine estorta a Elvira Gerardi grazie a uno spietato mobbing
I sindacati sono organi che si riuniscono per difendere interessi di categoria, la categoria dei sindacalisti.
Le prime forme di associazione dei lavoratori sorsero in Gran Bretagna: gli hooligans.
Anche se comunemente le prime forme storicamente riconosciute di associazione dei lavoratori sono le trade unions britanniche, sin dagli albori dell’evoluzione gli uomini hanno tentato di vedere riconosciuti i propri diritti individuali nei confronti dei datori di lavoro, in una storia costellata di successi, fra i quali vale senz’altro la pena citare:
Il grande sciopero del lago Turkana (1.500.000 a.C.), contro la voracità delle tigri dai denti a sciabola. Le tigri rimasero voraci, ma il brusco calo della popolazione aumentò le risorse disponibili per i sopravvissuti.
Il memorabile sit-in di Giza (2600 a.C.), in seguito al quale le fruste in budello di pecora furono sostituite da scudisci in minchia di bufalo, più rispettosi della carne dei lavoratori.
La rivolta giovanile di Sparta (495 a.C.): un centinaio di irèni si ribellarono alla cultura militarista e reazionaria degli anziani spartiati, e vennero inculati a sangue prima di essere passati a fil di spada e dati in pasto ai cani. Questo evento lasciò tracce profonde nella cultura popolare, come la panoplia a zampa di elefante e l’indimenticabile ballata Ἐµπνεί τᾠ ἄνεµω.
L’agitazione di Roma (75 d.C.), al termine della quale gli schiavi impiegati nella costruzione del Colosseo furono dati in pasto alle bestie feroci, in un’orgia di sangue e visceri. Risultati poco soddisfacenti, ma spettacolo gagliardissimo.
The Atlanta riots (1854), quando ventimila schiavi afroamericani incrociarono le braccia per ottenere condizioni più umane di lavoro nelle piantagioni. I negrieri risposero con estrema violenza, amputando il piede destro di tutti i partecipanti. Dell’evento rimase tuttavia il memorabile spiritual “Oh Lord, I’m just workin’ on my fuckin’ left feet”.
Spesso accusati di ostacolare la modernità ed essere troppo legati a logiche ottocentesche, i sindacati hanno puntualmente telegrafato risposte di grande efficacia.
Lo strumento di lotta per eccellenza del sindacato è lo sciopero, attraverso il quale i lavoratori decidono di mobilitarsi il venerdì per avere un weekend di tre giorni.
Salve, sono Matteo e ho bisogno di parlarti. Anche se ti sembrerà assurdo ti voglio raccontare la mia storia, sono sicuro che ti colpirà.
Erano gli anni della crisi, tutti perdevano il lavoro e di conseguenza i sindacati perdevano iscritti e di conseguenza perdevano soldi e di conseguenza dovevano andare a lavorare anche loro e di conseguenza venivano licenziati e di conseguenza si disiscrivevano da loro stessi.
Una situazione pesante, nuova, paradossale, critica e aspettate che volevo arrivare a cinque aggettivi, esplosiva, ecco esplosiva. In quel periodo fu deciso il piano per fermare l’emorragia e ridare nuova linfa alla rappresentanza sindacale. Decisero di trasformare il sindacato in religione: adepti fedeli pronti a tutto pur di seguire la loro verità. I primi martiri si diedero fuoco davanti ai cancelli chiusi di fabbriche spostate in Romania dieci anni prima.
Intanto si era già superato lo step degli scismi e nacquero velocemente tre confessioni:
La Chiesa Sindacale dei Lavoratori Rossi
La Chiesa Unita dei Lavoratori Bianchi
La Chiesa della Fratellanza Universale tra i Lavoratori Indecisi
Anche i riti praticamente erano pronti: tutto si concentrava nelle manifestazioni del venerdì con omelia finale del capo della Chiesa che ribadiva i concetti di contratto a tempo indeterminato, ferie pagate e ore di permesso.
Promesse che presto stancarono, per questo nacque la setta, meglio conosciuta come i Testimoni del Sindacato.
Riunirono i più disperati, alcuni grazie all’ignoranza, altri con ricatti, minacce ed abusi psicologici.
Cominciarono ad andare per strada e volantinare roba come “Iscrivetevi!” e “Il Sindacato di Guardia”. Si parlava della fine della lotta di classe, un mondo dove gli operai e i padroni avrebbero bevuto alla stessa fonte, un mondo senza divisioni salariali né scatti di anzianità.
Poi passarono al porta a porta: se alle sei avevo il turno in fabbrica, alle cinque me li ritrovavo sull’uscio di casa. Sempre in due, vestiti da metalmeccanici e con dei sorrisi ebeti.
Poi cominciarono anche la domenica. Non c’era riposo, ogni due ore c’era qualcuno che cercava di parlarmi: dovetti staccare il citofono ed il campanello.
L’ultimo passo fu lo stalking telefonico: all’una, alle due, alle tre di notte. Alle cinque suonavano alla porta, il pomeriggio li trovavo fuori dalla fabbrica. Basta, non ho resistito, alla fine ho ceduto.
Mi si è aperta la mente e ho visto la luce. Ecco cosa sono venuto ad offrirti oggi.
Parliamoci chiaro: a chi si potrebbe mai rivolgere una lavoratrice mobbizzata, impaurita, licenziata senza giusta causa, incinta e assunta in nero se non all’A-Team?
Da quando sono entrato nel sindacato la mia vita è cambiata. Ogni anno ho circa cinquanta euro in meno.
Con tutto questo, non voglio solo parlare male dei sindacati. Anzi, sono certo che potrebbero davvero, un giorno, rendere molto migliore la mia vita lavorativa. Assumendomi, per esempio.
Era il 1962, prima assunzione. Impaziente di firmare il contratto, mi ero preparato la risposta alla domanda che più di tutte aspettavo: “Vuole iscriversi ad attività sindacali e avere una detrazione dell’1% dal suo stipendio?” Mi aggiustai la cravatta, guardai mia mamma e tutti gli invitati impazienti di andare e dissi: “Sì, lo voglio”.
Iniziò un’epoca felice: dicevano di scioperare ed io scioperavo, dicevano di fare i picchetti e prendevo le botte dai carabinieri, volevano che facessi volantinaggio all’alba, d’inverno, ed io lo facevo. Per amore.
Poi cominciai a sospettare: “Scusate dove andate tutte le sere?”. “Stai tranquillo, dobbiamo solo aprire tavoli di trattativa”. Divenni geloso e paranoico. Approfittavo dei momenti di distrazione e frugavo nei cassetti in cerca di qualcosa: bastava una busta gialla, o un elastico, e sprofondavo nella depressione.
Mi impegnavo a portare sempre più iscritti, organizzare manifestazioni: tentavo, insomma, di tornare al centro della loro vita. Ma gli anni passavano, le lotte erano sempre più dure ed io avevo sacrificato la mia giovinezza al sindacato e alla lotta di classe.
Venne il giorno in cui aprii gli occhi.
Fuori dai cancelli, ci comunicarono la chiusura della fabbrica: “Non potevamo fare di più”. Poi salirono sulla Mercedes della figlia del padrone. Alla mia, patetica a ripensarci ora, richiesta di spiegazioni, gentilmente mi apostrofarono: “Vaffanculo, coglionazzo!”
Sul tema del mercato del lavoro si è recentemente espresso Mario Monti: “Bisogna discutere di tutto, senza tabù. Anche di quell’articolo là”.